L’alleanza virtuosa tra ricerca e impresa produce ancora buoni frutti.
Due casi ci arrivano dalla Puglia dove lo scorso luglio sono stati registrati tre “nuovi” vitigni autoctoni al catalogo nazionale delle varietà di vite, tutti a bacca bianca: Cigliola, Carrieri e Santa Teresa (il secondo caso è nel riquadro in fondo). Considerate fin qui uve “minori”, adesso forse contribuiranno ad arricchire il panorama enologico della regione, terra principalmente di vini rossi e rosati, dal Primitivo al Negroamaro. Poiché con la registrazione verrà consentito l’uso del nome in etichetta,
sgombrando dubbi e incertezze a livello vivaistico-produttivo e di commercializzazione del prodotto, ci si attende una positiva accoglienza tra le cantine del territorio. In particolare, per Cigliola e Santa Teresa, la concomitante registrazione del primo clone certificato contribuisce anche al miglioramento delle condizioni sanitarie e di produttività, qualità e redditività di eventuali nuovi vigneti specializzati.
Articolo pubblicato su Terra e Vita 33/2021
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Gli istituti coinvolti
Il progetto di ricerca ha coinvolto diversi enti della Regione Puglia: il Centro di Ricerca, Sperimentazione e Formazione in Agricoltura “Basile-Caramia” di Locorotondo (Bari); il CNR Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante, sezione di Bari; l’Università degli Studi di Bari, dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti (Di.S.S.P.A.); e il Sinagri, spin-off della stessa Università barese.
La vocazione naturale di Supersanum
La ricerca ha coinvolto anche aziende “pilota”, ad esempio per l’uva cigliola la cantina Supersanum, che ha vigne e impianti a Supersano (Lecce), di proprietà dei fratelli Paolo, Sara e Gabriele Nutricato. Una piccola realtà associata a Vinnatur e Fivi con una produzione di appena 8mila bottiglie a vocazione “naturale”, senza filtrazione né lieviti aggiunti e che impiega in vigna antagonisti naturali e compost autoprodotto per concimare e regolare la flora batterica. Le rese per ettaro sono molto basse, tra filari di negroamaro, malvasia nera e per i bianchi un po’ di trebbiano, malvasia, bombino e verdeca (www.cantinasupersanum.com).
«Il nostro progetto aziendale è anche quello di recuperare e rigenerare vigne vecchie colpite dal mal dell’esca, oggi diventate pienamente produttive, ma con rese volutamente molto basse, di 10-15 quintali/ettaro – ci spiega il perito agrario e sommelier Paolo Nutricato -. Nel nuovo vigneto una parte l’abbiamo dedicata al recupero di varietà autoctone e antiche classificate e riprodotte dal centro di ricerca di Locorotondo».
Sono la Cigliola e il Moscatello selvatico, entrambe a bacca bianca, due varietà che rischiavano di sparire. Entreranno in produzione tra il 2024 e il 2025 con l’idea di trasformare queste uve in due vini in purezza, uno da dessert. «In particolare – conclude Nutricato - abbiamo piantato la cigliola in una vigna di mezzo ettaro su una chianca di pietra leccese, che è uno strato di pietra liscia situato a 40-50 cm sotto il terreno. Trasmette più mineralità al prodotto».
I tre vitigni ai raggi x
La Cigliola Bianca è una denominazione ritrovata in Salento, ma lo stesso vitigno risulta presente in altre zone della Puglia sotto diverso nome: come uva attina in Valle d’Itria o uva di San Pietro delle Puglie nel brindisino. Ha una foglia medio-piccola, pentagonale o cuneiforme con sfumature rosate sulle nervature principali che tendono a scomparire nelle foglie vecchie. Il grappolo è medio-piccolo, compatto, comunque con una certa variabilità, talvolta più grande e conico, altre più piccolo e cilindrico. L’acino, invece, è lungo ed ellittico, la buccia pruinosa, giallastra e sottile.
La polpa è carnosa e di sapore leggermente aromatico. Dalla cigliola si ottiene un vino paglierino abbastanza intenso e limpido dalle note floreali di rosa e violetta e i sentori erbacei di erba fresca, fieno e mandorla dolce; anche un po' di sentori fruttati di albicocca e pesca. Un vino che si presta ad abbinamenti con il pesce.
La santa teresa, denominazione ritrovata in provincia di Taranto, dove in passato veniva coltivata ad alberello e a controspalliera, è spesso associata ai vitigni delle Doc Martina Franca e Locorotondo, ma a fine XIX secolo accompagnava il primitivo nei vigneti tarantini. Di foglia piccola, luciad e verde intensa e pentagonale, ha un grappolo conico, allungato, a coda di volpe. L’acino è piccolo, sferoidale appiattito, la buccia pruinosa di colore biancastro, spessa e consistente. Il vino giallo paglierino ha una buona complessità aromatica dovuta principalmente ad aromi fermentativi. Il gusto è equilibrato tra acidità e pienezza.
Infine il vitigno carrieri, noto anche come palumma in Capitanata. Questo ha foglie di medie dimensioni orbicolari o pentagonali, a 5 lobi, a volte 3. Il picciolo è violaceo e le nervature hanno pigmentazione antocianica fino alla prima o alla seconda biforcazione. Di grappolo medio-grande, compatto, cilindro-conico, a volte alato, ha un acino ellittico e medio, spesso, consistente e dalla buccia pruinosa giallastra. Il vino giallo paglierino intenso e limpido ha discreta intensità olfattiva caratterizzata soprattutto da note floreali ed erbacee.
Lieviti starter tipici
La ricerca è sempre più importante per migliorare la qualità delle uve e del prodotto finale: il vino. Una testimonianza, ancora dalla Puglia, ci arriva stavolta dall’applicazione dei risultati di un’indagine sugli starter fermentativi autoctoni condotta dall’Ispa-Cnr di Lecce che, ad esempio, permise al Negroamaro Li Cuti della cantina Coppola 1489 di essere premiata al concorso Douja D'Or, promosso dalla camera di commercio di Asti, in Piemonte.
La ricerca avvenuta nell’ambito del progetto strategico regionale “Innowine – Biotecnologie innovative per il miglioramento della qualità e sicurezza dei vini tipici pugliesi” era stata curata da Francesco Grieco per conto del Cnr-Ispa (Ist. di Scienze delle Produzioni Alimentari) con il supporto dell’azienda di Gallipoli e il contributo professionale del suo enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi, a cui venne affidata la fase di sperimentazione.
L’obiettivo generale dello studio era di migliorare le procedure di vinificazione delle aziende vinicole pugliesi attraverso tecnologie innovative ed elevare la qualità dei vini tramite la
selezione di microrganismi autoctoni (lieviti e batteri) da utilizzare come starter per la
fermentazione alcolica e malolattica. Selezionando ceppi di lieviti tipici delle diverse specie di Negroamaro e Primitivo presenti in Puglia.
Dal vitigno Negroamaro, ad esempio, la cantina Coppola 1489 ottiene ben sette vini: due
bollicine metodo classico in purezza, un rosato e un rosso in purezza, due rossi in uvaggio e un’altra etichetta in purezza ma vinificata in bianco. Questa viene fatta con i primi 30 litri della spremitura “soffice” che sono immediatamente messi al freddo a 0 gradi per 48 ore, in fermentazione lenta a bassa temperatura per sviluppare le caratteristiche organolettiche. La vendemmia avviene la terza settimana di agosto quando le uve non sono a piena maturazione e presentano buona acidità (www.cantinacoppola.it).