Un calendario di vendemmia che si protrae da maggio, per i primi raccolti precoci di Black Magic in Sicilia, fino a fine dicembre sotto le serre pugliesi, per la forzatura dei grappoli che devono allietare il cenone di capodanno.
La muffa grigia è spesso il nemico numero uno dell’uva da tavola, ma l’allestimento di corrette strategie di difesa è complicato dalle differenze così vistose nei cicli vegetativi, dalla spada di Damocle di un consistente rischio di sviluppo di resistenza, dalla necessità di contenere il numero di residui di sostanze attive alla raccolta.
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Un programma da “cronoscalata”
E spesso è proprio dando la precedenza a quest’ultimo aspetto che vengono calibrate le strategie di difesa.
«Sulla questione della residualità – spiega Paolo Borsa, Technical Crop Manager Specialties&Vegetables di Syngenta - e del numero massimo di prodotti fitosanitari rintracciabili sui grappoli in post raccolta la food chain, soprattutto straniera, chiede l’applicazione di secondary standard (es. numero max di residui alla raccolta e/o % max di MRL raggiungibile) che obbligano i tecnici a impostare programmi di protezione da “cronoscalata”». Ovvero linee in cui ogni tappa, ogni trattamento, deve essere rigidamente pensato per contenere il numero delle sostanze attive impiegate tra la fase di invaiatura e quella della raccolta.
Un unico principio attivo
In questo scenario un prodotto come Geoxe, caratterizzato da un’elevata efficacia che lo rende standard di riferimento anche su uva da tavola, una pratica formulazione WG (granuli idrodispersibili), particolarmente apprezzato da tutta la filiera per il favorevole profilo ecotossicologico e residuale che ne consente l’utilizzo fino a sette giorni dalla raccolta, e basato su un unico principio attivo (fludioxonil) può aiutare i produttori a rispettare le esigenze stringenti e un po’ irrazionali della food chain europea.
La strategia proposta da Syngenta prevede di intervenire in prechiusura o invaiatura con Switch e in preraccolta con Geoxe, prodotti entrambi a base di fludioxonil che non aggiungono quindi residui alla rigida contabilità dei disciplinari della gdo.
Quindici anni di sperimentazione
«Ormai abbiamo una consistente esperienza – conferma Franco Faretra dell’Università di Bari – nella messa a punto di strategie a basso impatto sull’uva da tavola. E da almeno 15 anni fludioxonil, prima in miscela con cyprodinil e poi da solo, è il principio attivo di riferimento per le linee che mirano ad abbassare il numero dei residui».
«Utilizzato in fase più avanzata – continua il professore – può risultare fondamentale per mantenere un’efficace protezione antibotritica anche nei vigneti coperti per maturazioni medio tardive o addirittura per ritardare la raccolta a tutto dicembre». Ambienti dove è massimo il rischio di selezione di ceppi di botrite resistenti, un problema che per l’uva da tavola si sta facendo pressante, e anche in questo senso fludioxonil è uno dei prodotti in grado di fornire maggiori garanzie, come certifica la classificazione Frac (Fungicide resistance action committee).
In combinazione con antagonisti microbici
Botrytis cinerea è infatti un fungo considerato ad alto rischio di sviluppo di resistenza verso alcuni principi attivi e ciò ha imposto la necessità di puntare a strategie di difesa che privilegiano l’alternanza d’uso dei prodotti di sintesi di diverse famiglie chimiche. Un’esigenza ora stressata dall’imposizione della limitazione del numero di residui.
Anche per questo, negli ultimi tempi, sta aumentando l’interesse per lo sviluppo di prodotti alternativi ai fungicidi di sintesi da impiegare in strategie di difesa integrata.
Sia biocompetitori, ovvero antagonisti microbici di B. cynerea, come anche induttori delle difese naturali della pianta. Una risorsa che può contribuire a ridurre ulteriormente la quantità di residui dei prodotti di sintesi o ad abbassare la quantità di ione metallo nelle strategie che si basano sull’uso dei Sali di rame.
«Nelle sperimentazioni allestite per testare la validità di queste linee di difesa integrata – spiega Faretra – mi aspettavo che la soluzione migliore fosse quella di riservare agli antagonisti microbici le prime fasi, quando la pressione della malattia è ancora contenuta, per poi intervenire con gli agrofarmaci nelle fasi finali». «Invece le prove hanno per ora ribaltato questa prospettiva: la maggiore efficacia l’abbiamo infatti raggiunta applicando prodotti fitosanitari all’inizio e antagonisti biologici più in prossimità delle raccolte: evidentemente le applicazioni iniziali di prodotti più efficaci contribuiscono a mantenere bassa la pressione di Botrytis cinerea consentendo ai Bca di svolgere con efficacia la propria azione di competizione».
Anche in questo caso Geoxe, grazie al profilo ecotossicologico favorevole e alla notevole selettività diventa una risorsa particolarmente utile da impiegare in queste strategie innovative.
Le linee emerse da queste sperimentazioni puntano al classico intervento eradicante in prechiusura grappolo con un prodotto come Switch, un secondo intervento chimico in invaiatura per poi sospendere i trattamenti nei mesi di agosto e settembre in cui le condizioni climatiche non sono favorevoli per Botrytis cinerea. Da fine settembre o da metà ottobre, a seconda delle condizioni climatiche, viene posizionato l’ultimo decisivo intervento chimico con Geoxe per poi applicare antagonisti microbici fino alle raccolte medio tardive o tardive. «Un canovaccio che ovviamente – conclude Faretra – deve essere interpretato con flessibilità a seconda delle differenti condizioni climatiche delle diverse annate».
L’identikit
GEOXE è un innovativo fungicida a base di fludioxonil
- - si lega fortemente alle superfici vegetali costituendo una barriera preventiva alle infezioni
- - agisce per contatto
- - possiede un’elevata resistenza al dilavamento
- - garantisce una prolungata persistenza di azione nei confronti dei patogeni bersaglio