Un doppio cortocircuito dopo il record dell’export

Il peso delle tensioni internazionali e delle fiammate inflazionistiche

La crisi russo-ucraina causa un clima d’incertezza. Al 75° Congresso nazionale di Assoenologi il presidente Riccardo Cotarella rassicura il settore: «Il vino italiano ha gli anticorpi per resistere anche alle crisi più profonde»

Le premesse per brindare al presente e al futuro c’erano tutte.

A fine 2021 le esportazioni di vino italiano hanno segnato infatti l’importo record di 7,11 miliardi di euro, registrando un +12,4% su base annua (Osservatorio Qualivita Wine su dati Istat). Un risultato, appunto, da festeggiare al Vinitaly, tanto più che ha riguardato 19 regioni su 20 (unica eccezione la Calabria), con 15 di loro che hanno toccato il valore dell’export più alto mai registrato e con 13 a poter vantare crescite a doppia cifra.

Articolo pubblicato su Terra e Vita 11/2022

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Apnea prolungata

A frenare l’euforia è però arrivata l’invasione russa dell’Ucraina, le sanzioni economiche internazionali e un quadro del commercio mondiale inaspettato e sconosciuto. Il clima che ora si respira è di preoccupata “sospensione”. In attesa di notizie dal fronte e dai tavoli della diplomazia, è per tutti difficile valutare la portata di questa crisi globale, esplosa proprio quando il comparto, uno dei più colpiti dalla pandemia, si stava orgogliosamente rialzando.

Crediti deteriorati?

Riccardo Cotarella al 75° Congresso di Assoenologi

Anche al 75esimo congresso nazionale degli Assoenologi, svoltosi a VeronaFiere dal 25 al 27 marzo, pur in un clima celebrativo per i 130 anni dell’associazione la “cappa bellica” si è fatta sentire, nonostante il presidente Riccardo Cotarella abbia voluto evitare di fare della guerra uno dei temi del dibattito, pur ammettendo il rischio che i suoi effetti potrebbero superare quelli della pandemia.

«Già vediamo i primi risultati – ha sottolineato – decine di milioni di crediti che non si sa se, con quale moneta e quando verranno onorati. Decine di migliaia di casse di vino dirette in Russia che non sappiamo se, come e quando potranno essere consegnate».

Nonostante questo, Cotarella ha fatto professione di ottimismo: «Il mio vedere il calice mezzo pieno  – ha tenuto a spiegare – non è un mero esercizio di estrema fiducia nel futuro, ma nasce dalla consapevolezza che il mondo del vino ha i giusti anticorpi per resistere anche alle crisi più profonde e l’ha saputo dimostrare proprio in questi anni così tribolati».

«L’asset trainante dell’agroalimentare italiano – ha riconosciuto Cotarella – è però già ora messo a dura prova dal rincaro delle materie prime e dei costi di energia e carburanti nonché dalle difficoltà di approvvigionamento di materiali e componenti».


Leggi anche:

L’intervento di Ignacio Sanchez Recarte, segretario del CEEV

L’intervento di Roberta Garibaldi, amministratore delegato di Enit (Agenzia nazionale del turismo)


Il ritorno di Vinitaly

Torna Vinitaly, il vino si ridà appuntamento a Verona dal 10 al 13 aprile per celebrare il ritorno alla “quasi” normalità e riuscire finalmente a realizzare quell’edizione n.54 rimasta troppo a lungo in sospeso a causa della pandemia.

Veronafiere avrà anche un piccolo vantaggio nel calendario vitivinicolo, perchè eccezionalmente precederà Prowein.

Attesi 680 top buyer, ma stop alla delegazione russa. Aree speciali per mixology, biologico e orange wine. Focus di inaugurazione dedicato al Nord America. E per i wine lover, l’appuntamento è con Vinitaly and The City


Le rassicurazioni di Gallinella

Filippo Gallinella

Riguardo al discorso dei crediti, aspetto non marginale per aziende giunte stremate all’uscita della pandemia, il presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella, assicura che «qualora risultassero imprese che hanno consegnato partite e sono in attesa di essere pagate, si ragionerà su come venire loro subito incontro in attesa del ripristino di uno scenario di stabilità che consenta la ripresa di normali scambi commerciali». «Non ci sono dubbi sul fatto che il caos attuale danneggia le esportazioni e quelle del vino più di altre –, conclude Gallinella –».

Il valore del mercato russo

A dare un peso preciso, seppur circoscritto ai due Paesi coinvolti nel conflitto, è Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor.

«L’Italia – ha evidenziato intervenendo al congresso Assoenologi – rappresenta il primo fornitore di vino in Russia e Ucraina. Nel 2021 gli acquisti di vino italiano da parte di questi due Paesi è stato di 400 milioni di euro, di cui 345 milioni relativi alla Russia, quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese».

Denis Pantini

«Al di là del dato aggregato gli effetti diretti del conflitto si riverberano soprattutto sui singoli vini: nel caso dell’Asti, Russia e Ucraina pesano insieme per oltre un quarto dell’export. I consumatori russi e dell’est Europa prediligono infatti vini frizzanti e spumanti dolci e con prezzi competitivi, un gradimento che finisce per colpire i produttori specializzati in queste tipologie, italiani in primis. Tanto è vero che Russia e Ucraina pesano per il 20% dell’export di spumanti generici e del 13% dei vini frizzanti italiani».

L’impatto sull’enoturismo

Roberta Garibaldi

I timori per le esportazioni non sono l’unico punto di osservazione della crisi. Altri segnali vengono dall’enoturismo. Roberta Garibaldi, amministratore delegato di Enit (Agenzia nazionale del turismo) sintetizza così la prospettiva: «La propensione a fare viaggi è più bassa rispetto a due anni fa, di certo per la crisi economica post Covid ma da ultimo per le preoccupazioni legate alla guerra in atto».

«Ci sarà dunque ancora una preponderanza di viaggi domestici, pur con delle aspettative buone verso i turisti europei. Era però previsto per l’estate un aumento degli arrivi da Australia e Stati Uniti, con gli americani oggi invece in una situazione di attesa, visto che la loro percezione di Europa è unica».

Clima sospeso dunque. A consolare c’è il dato che l’enoturismo in particolare e l’ambito turistico rurale in generale registrano ampio apprezzamento nelle indagini di mercato, ma sulla traduzione di tutto questo in arrivi e acquisti diretti nelle cantine c’è al momento un punto interrogativo al quale nessuno sa dare risposta. Intanto, per tornare all’impatto del quadro bellico, basti sapere che i turisti russi nel 2019 avevano toccato i 5,8 milioni di presenze, pari al 3% dei turisti stranieri in Italia.

Le disdette degli americani

L’entrata in stallo dell’enoturismo non è un elemento marginale, come è emerso durante una recente tavola rotonda a Verona, alla quale sono intervenuti i Ministri Stefano Patuanelli e Massimo Garavaglia, Dario Stefàno, presidente della Commissione Politiche UE del Senato, e Donatella Cinelli Colombini, presidente de “Le donne del vino” e fondatrice del Movimento turismo del Vino. Tutti concordi sul fatto che il settore possa rappresentare una forte leva competitiva e qualificare l’offerta turistica italiana attraverso un tratto identitario, ma anche tutti preoccupati per dei segnali di flessione di cui nessuno è ancora in grado di valutare portata e durata.

Donatella Cinelli Colombini

Donatella Cinelli Colombini, dal suo punto di osservazione privilegiato, Montalcino, dove si viene da un anno record di vendite del Brunello, ha sottolineato come «allo scoppio del conflitto si siano fermate tutte le prenotazioni per il periodo pasquale. La ripresa della presenza straniera che si iniziava a vedere nelle città d’arte si è bloccata e, con i rincari dei carburanti, si teme una contrazione anche degli enoturisti nostrani». A preoccupare di più, è ancora una volta la defezione degli americani: «Per le 30mila cantine aperte al pubblico sono tra i segmenti più interessanti – ha sottolineato – e senza un ritorno vero alla normalità, anche a livello di trasporto aereo intercontinentale, la prospettiva è quella di tornare ai livelli pre-crisi non prima di fine 2023-inizio 2024».

E mentre ci si continua a interrogare, i problemi si iniziano a vedere sui fatturati delle cantine e sull’intero settore turistico, visto che l’agroalimentare italiano è come noto al primo posto tra i motivi di richiamo nel Bel Paese, ancor prima del patrimonio storico-artistico. Per il vino è ancora peggio, dato che il suo consumo quanti-qualitativo è legato anche allo stato d’animo delle persone. Che non si profila, al momento, tra i più sereni.

Un doppio cortocircuito dopo il record dell’export - Ultima modifica: 2022-03-29T20:57:09+02:00 da Gilberto Santucci

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