L’avanzare della campagna di vaccinazione anti Covid con la riapertura di tutte le attività di ristorazione in tutto il mondo proietta il fatturato del vino Made in Italy a livelli record con un valore di oltre 12 miliardi nel 2021 superando anche i risultati del periodo pre Covid.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Istat presentata in occasione del primo Vinitaly Special Edition che si svolge con la vendemmia in corso dove tra i grappoli provenienti da tutte le regioni d’Italia presso il padiglione 4 stand D3 della Fiera di Verona è esposto anche il Lambrusco Salamino.
Mercato estero ma anche interno
A trainare il fatturato del vino è anche il balzo delle esportazioni con gli acquisti di bottiglie Made in Italy in tutto il mondo che sono cresciute del +15% sfondando per la prima volta – secondo le proiezioni di Coldiretti - quota 7,2 miliardi di euro ma ad aumentare sono anche gli acquisti familiari con un incremento del 9,7% nei primi nove mesi del 2021 nella Grande distribuzione, secondo l’analisi Coldiretti su dati Iri - Infoscan.
Se sul mercato interno a tirare la volata sono le bollicine che registrano una crescita rilevante del 27,1%, mentre a spingere il record all’estero – rileva Coldiretti - sono soprattutto gli Stati Uniti che fanno registrare un aumento del 19% delle esportazioni confermandosi come il primo mercato di riferimento.
Cina su, Regno Unito giù
Aumentano addirittura del 67% le vendite in Cina ma a trainare le bottiglie italiane oltre confine nel 2021 sono anche i consumatori europei. In Francia, nel regno dello Champagne, le etichette Made in Italy fanno registrare un +17%, in Russia addirittura +39%, mentre la Germania cresce del +5% ma su valori che ne fanno il primo mercato del vino tricolore nel Vecchio Continente. Note meno positive arrivano dalla Gran Bretagna dove le vendite di bottiglie Made in Italy sono stagnanti a causa delle difficoltà legate alla Brexit, anche se si posiziona al secondo posto tra i clienti europei più appassionati, in particolare del Prosecco.
Vengono così ampiamente recuperate le perdite del terribile anno Covid offrendo un importante contributo all’economia e all’occupazione dell’intero Paese, considerato che il settore – evidenzia Coldiretti - offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone dalla vigna alla tavola.
Nonostante le difficoltà del clima - spiega Coldiretti – l’Italia resta leader mondiale della produzione di vino davanti a Francia e Spagna, i due principali competitor a livello internazionale, con una produzione che quest’anno, seppur in calo del 10% sfiorerà i 44,5 milioni di ettolitri, secondo le previsioni della Commissione Europea.
Il legame con il territorio
Le bottiglie Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola. Il consumo pro capite in Italia si attesta sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende.
L’elemento che caratterizza maggiormente la nuova stagione del vino italiano – continua la Coldiretti – è l’attenzione verso il legame con il territorio, la sostenibilità ambientale, le politiche di marketing, anche attraverso l’utilizzo dei social, e il rapporto con i consumatori, con i giovani vignaioli che prendono in mano le redini delle aziende imprimendo una svolta innovatrice. Le aziende agricole dei giovani possiedono peraltro una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più.
Prandini: «Un tesoro da tutelare in Europa»
«Il vino è il prodotto italiano più esportato all’estero e rappresenta un elemento di traino per l’intero sistema Paese” dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta del risultato di un percorso fatto dalle nostre aziende verso la qualità e la sostenibilità delle produzioni». A preoccupare – conclude Prandini – sono le nuove politiche europee come la proposta di mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiare il consumo e lo stop anche ai sostegni alla promozione.
Nello stand Coldiretti i gioielli del Vigneto Italia
Dalla uva Monica portata in Sardegna dai monaci camaldolesi alla Rondinella veneta, chiamata così perchè nera come le piume delle rondini. Dall'Ancellotta emiliana al raro Asprinio campano, che sale fino a 15 metri di altezza.
Sono solo alcuni esempi della più grande esposizione di uve mai realizzata portati al Vinitaly special edition da tutte le diverse regioni nell'esclusivo salone "Vigneto italia" creato dalla coldiretti nel padiglione 4 stand d3 della fiera di Verona per scoprire la grande biodiversità e qualità dalle quali nascono le più prestigiose bottiglie del vino made in italy.
«Sul territorio nazionale - spiega Coldiretti - ci sono 608 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi (quasi il doppio) a dimostrazione del ricco patrimonio ampelografico su cui può contare l'Italia che vanta lungo tutta la penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualita' grazie ad una tradizione millenaria».
Nel Molise Tintilia, vitigno rustico di montagna che resiste bene al freddo, alle malattie ed all'attacco di muffe, da pochi anni riscoperto per la produzione di rossi pregiati.
Nelle vigne lombarde si coltivano varietà come Bonarda o Croatina nota per la sua notevole resistenza ai parassiti, entrambi protagonisti in molti vini a denominazione dell’Oltrepo' pavese.
«Autoctoni al top anche - rileva coldiretti - in Friuli Venezia Giulia come il Picolit dalle produzioni limitatissime già coltivato in epoca imperiale romana, o lo Schioppettino, che prende il nome dal fatto di diventare leggermente frizzante durante la fermentazione, dando l'impressione, sia all'udito che in bocca, di scoppiettare a causa dell'anidride carbonica sviluppata».
In Sardegna c'è il Nuragus che arrivò nell'isola probabilmente grazie ai fenici. E' stato invece grazie alla transumanza che il vitigno Cococciola si e' diffuso in Abruzzo citato nell'opera degli ampelografi francesi Viala Vermorel(1909). Ma sul territorio abruzzese si coltiva anche il Montonico che piacque talmente tanto ai soldati francesi di Napoleone che lo ribattezzarono "le petit champagne". In liguria l'Ormeasco, rosso "di montagna" coltivato solamente in versanti terrazzati, è talmente apprezzato che il Marchese di Clavesana, che governava le terre limitrofe a Pornassio e Pieve di Teco, ordinò con un editto del 1303, pena la decapitazione, di impiantare nel suo feudo solo questa varietà.
La Malvasia del Chianti è una tipicità toscana dalle origine mediterranee che ha una grande versatilità, tanto da essere utilizzata anche per "entrare" nella produzione di rossi come il Chianti docg. Il Sagrantino umbro è invece considerato dagli studiosi il vino più tannico al mondo, dopo un passato nel quale i contadini lo coltivavano per produrre un vino passito utilizzato sia nel mondo ecclesiastico, sia dalla popolazione, durante la celebrazione di funzioni e festività religiose come la pasqua.
Una grande capacità di sopportare le avversità e i cambiamenti climatici contraddistingue il vitigno Lambrusco Grasparossa di Castelvetro che si coltiva nei terreni asciutti dell'alta pianura e della collina modenesi. L'Erbaluce di Caluso è, invece, un piccolo gioiello del Piemonte che deve il suo nome al colore che assumono gli acini in autunno, un giallo intenso con riflessi dorati.
Descritto già nel 1600 è oggi usato per produrre bianco, spumante e un rarissimo passito.
La Glera veneta è la star delle colline di Conegliano Valdobbiadene dichiarate patrimonio dell'umanita' dall'Unesco, ma anche l'uva dalla quale nasce il prosecco, il vino italiano piu' popolare all'estero.
In Campania resiste la coltivazione alle falde del Vesuvio della Coda di Volpe, chiamata così per la forma curva del grappolo.
Predilige i suoli di origine vulcanica anche il Bellone, vitigno laziale conosciuto già in epoca romana tanto da essere citato da Plinio il vecchio dal sapore fruttato, minerale e dai grappoli medio-grandi.
Nelle Marche si coltiva la Passerina, che deriva il suo curioso nome dal fatto che i passeri sono ghiotti dei suoi piccoli acini, riscoperto negli ultimi anni per la produzione di un apprezzatissimo bianco.
È finito invece sui palcoscenici di tutto il mondo il trentino Marzemino, autoctono italiano a bacca blu-nerastra, grazie alla citazione nell'opera Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte musicata da Wolfgang Amadeus Mozart.
Viene direttamente dall'Etna il Nerello mascalese, vitigno siciliano che nasce su dei terreni costituiti, per gran parte, da sabbie vulcaniche.
Ed è i simbolo dei rossi del vulcano siciliano. ha, invece, ascendenze omeriche il Nero Di Troia, vitigno proveniente dalla città di troia in asia minore, rifondata in puglia probabilmente da coloni greci.
È un vitigno "d'altura" il Petit Rouge della Val d'Aosta che cresce fino ad 800 metri di altitudine, "sopravvissuto" alle invasioni barbariche che causarono un abbandono della viticoltura nelle campagne della regione.