Centodiciassette realtà vitivinicole analizzate ai raggi X.
Ventisette quelle che realizzano un giro d’affari superiore ai 100 milioni di euro (3 più dell’anno precedente). Cinque le new entry in classifica più due ritorni.
Tre le realtà in grado di raddoppiare il fatturato in un solo anno (i gruppi cooperativi Prosit e Collis Veneto oltre alla pugliese Mack e Schuhle Italia, ex Latentia winery).
Al vertice della redditività rimangono però saldamente realtà famigliari blasonate come Tenute San Guido dei Marchesi Incisa della Rocchetta; Biserno e Jermann, entrate nell’orbita di Marchesi Antinori, Marchesi Frescobaldi e il Gruppo Santa Margherita dei fratelli Marzotto.
Sono alcune delle indicazioni che emergono dal decimo rapporto sul vino italiano redatto dalla collega Anna Di Martino. Una scrupolosa analisi giornalistica sul settore numero uno dell’export made in Italy che rende onore a chi, come Anna, svolge ancora con passione e dedizione la propria professione (per approfondire leggi il suo sito personale e l’articolo scritto per Il Corriere della Sera).
Le top five del vino italiano |
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Fatturato (miloni di €) | |
Cantone Riunite & Civ | 698,5 |
Argea | 455,1 |
Italian Wine Brands | 430,3 |
Caviro | 417,4 |
Cavit | 264,8 |
L'incremento annuale | |
Prosit group | 137,10% |
Mack & Schule Italia | 50,20% |
Gruppo Vi.Vo | 41,60% |
Vignaioli Veneto Friulani | 39,20% |
Barone Ricasoli | 38,90% |
Redditività (Ebitda/fatturato) | |
Tenuta San Guido | 62,30% |
Biserno | 52,80% |
Jermann | 48,50% |
Marchesi Frescobaldi | 39% |
Gruppo S.Margherita | 34,60% |
Elaborazione da www.annadimartino.it
Il peso delle crisi
I dati sono ricavati dall’analisi dei bilanci relativi al 2022 ma ne emerge una bussola che consente di orientarsi anche tra i marosi di questo 2023 di luci e ombre per il vino italiano, con la battuta d’arresto dell’export nel primo quadrimestre. L’intrecciarsi della crisi geopolitica, inflattiva e anche climatica sta infatti generando un contesto difficile. Il settore vitivinicolo mostra però un elevato livello di resilienza con una rapida capacità di adeguamento che emerge anche nell’analisi della Di Martino.
Le condizioni operative complesse stanno infatti allargando il divario tra le aziende più strutturate e quelle meno. Lo dimostra la formazione, in questo ultimo triennio, di realtà dalle spalle grosse e forti ambizioni, per lo più con caratteristiche prevalentemente industriali.
Queste però non oscurano il ruolo delle tante aziende, tuttora a controllo familiare, che sono capaci di fare sempre meglio, sia in casa che nelle piazze internazionali. Senza trascurare il peso importante della cooperazione, protagonista, a sua volta, di processi di accorpamento e riorganizzazione.
Big pigliatutto
Così le 117 maggiori aziende vitivinicole italiane fotografate dall’analisi della Di Martino arrivano a rappresentare il 61,3% del giro d’affari totale del settore (contro il 55% del 2021), il 65,8% delle esportazioni (contro il 54,6% 2021) e il 56,07% delle vendite domestiche.
Le 77 cantine private e le 40 coop presenti in classifica hanno un fatturato totale di 8,9 miliardi, un export di 5,1 miliardi e 3,7 miliardi di incassi sul mercato interno, con incremento del 11,2%, una crescita export del 33,9% e un decremento in Italia del 9,8%. Cresce il numero di aziende che hanno raggiunto e superato la soglia dei cento milioni di fatturato, arrivate a 27, tre in più del 2021. Tra queste la pugliese Mack e Schuhle Italia (ex Latentia winery), ha raddoppiato il fatturato in Italia e incrementato del 50% quello complessivo raggiungendo un giro d’affari di 103,3 milioni. Performance di crescita che riguardano anche l’holding cooperativa Prosit. La realtà guidata da Sergio Dagnino passa infatti dai 35 milioni del 2021 agli 83 dell’ultimo bilancio.
Le cooperative pesano per il 41,7% sul giro d’affari complessivo del vino italiano, per il 34% sull’export, per il 52,2% sul fatturato Italia. Il primo posto assoluto della classifica è sempre infatti appannaggio delle Cantine Riunite Civ con 698,5 milioni di fatturato (+ 10%), un podio completato dagli agglomerati di Argea (455 milioni) e Italian Wine Brands (430,3 milioni ). Quarta posizione della romagnola Caviro (417,4 milioni) con un deciso gap di oltre 150 milioni sulle posizioni successive (Cavit 264,8 milioni, Santa Margherita 260).
La classifica della redditività parla però un’altra lingua: la Tenuta San Guido domina ancora la graduatoria con un rapporto tra margine operativo lordo (Ebitda) e fatturato che supera il 62%. Sul secondo e terzo gradino del podio due new entry: la toscana Biserno e la friulana Jermann con indici rispettivamente pari al 52,7% e al 48,4%. Al quarto posto si conferma la Marchesi Frescobaldi, con un rapporto che sfiora il 39%, in crescita di oltre 2 punti mentre il Gruppo Santa Margherita dei fratelli Marzotto, che si conferma in quinta posizione con un rapporto del 34,6% conseguito con un fatturato di ben 260,4 milioni.