Via al Vinitaly più grande di sempre (4.600 operatori, una superficie espositiva pari a quasi 15 campi da calcio), al più internazionale, interconnesso, al più battagliero di sempre. Mentre infatti l’attenzione dei politici presenti alla kermesse veronese è rivolta al fronte Sud, per le crescenti incertezze legate al caos libico, gli operatori più attenti, fatte le dovute proporzioni, si preparano a rintuzzare le offensive dalla frontiera enologica sempre più calda, ovvero quella transalpina.
Guerra tra Fiere
«Occhio alla Francia – mette in guardia Angelo Gaja nel talk show di apertura condotto da Bruno Vespa – il nostro maggiore competitor si sta riposizionando con una particolare vivacità proprio sul lato fieristico (vedi qui il caso Sima-Eima per quanto riguarda il settore delle macchine agricole) e della comunicazione». Gaja si riferisce al rilancio in corso del Vinexpo, pronto a traslocare a Parigi per inaugurare una prolifica alleanza con Bordeaux e alla recente acquisizione della Robert Parker Wine Advocate, la guida dei vini più letta al mondo da parte della guida Michelin. «Dopo aver condizionato offerta e reputazione della ristorazione mondiale ora si apprestano a fare lo stesso con quelle dei vini». Il grande produttore (ed esportatore) piemontese auspica alleanze.
«Ma è presto per pensare a matrimoni d’interesse – smentisce Giovanni Mantovani di Veronafiere – e a sinergie con concorrenti, al massimo può funzionare per qualche quadrante mondiale dove si può ipotizzare una convergenza di interessi».
Che non sarà quello cinese o statunitense, dove Mantovani annuncia la prossima attivazione di due piattafcorme Vinitaly fisse, quella orientale già nel 2020, l’occidentale nel 2022 («pronti a legarci in joint venture con strutture locali, se non ci sarà appoggio dalle istituzioni nazionali»). E l’altro grande investimento di Veronafiere, con risultati già evidenti in questa 53 edizione, è sul fronte della digitalizzazione («per realizzare il salto di qualità di una rassegna vitivinicola aperta 365 giorni all’anno»).
Tuona Centinaio, fulmina Salvini
«L’appoggio nazionale è garantito – tuona Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche agricole e del turismo –: alle aziendi presenti al Vinitaly portiamo l’ocm da 100milioni per la promozione all’estero e la legge sull’enoturismo. Ora l’obiettivo è quello di risurre il peso della burocrazia perchè lo Stato non deve più essere nemico delle imprese»
«L’Italia che produce – fulmina Matteo Salvini, vicepremier e Ministro dell’Interno, che per l’occasione rinfresca il suo più classico guardaroba indossando la felpa color vinaccia intestata al Vinitaly – chiede infrastrutture. Noi siamo pronti a sbloccare tutte le grandi opere. linee Tav e le autostrade informatiche della banda larga. La decrescita non è mai felice».
Cambio di marcia all’Ice
«Il sistema fieristico può contare su validi alleati istituzionali – conferma Carlo Maria Ferro, fresco di nomina al vertice di Ice, agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, dopo 30 anni da manager esecutivo di aziende private come StMicroelectronics-. Il nostro Paese ha un saldo con l’estero negativo con l’estero nel comparto agroalimentare e questo è inaccettabile. Il vino è il prodotto con le performance migliori (6,2 miliardi di esport su un totale di 42) ma non basta perchè i concorrenti fanno meglio. Il focus principale e sui mercati asiatici, in particolare sulla Cina dove possiamo fare sistema con una diplomazia particolarmente attenta sul fronte alimentare e la collaborazione di un marchio forte come Vinitaly».
Dalla platea Michele Geraci, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico, interpellato da Vespa conferma l’obiettivo di aumentare l’export di vino italiano verso la Cina da 125mila a 800mila euro.
Fivi, giacimento di creatività
«Il movimento delle aziende di piccole e piccolissime dimensioni – mette in evidenza Matilde Poggi di Fivi (Federazione italiana vignaioli indipendenti)- è in decisa crescita, con risultati sorprendenti non solo sul fronte del mercato interno, ma anche in mercati maturi alla ricerca di preziose novità, come gli Stati Uniti. Mentre è molto più difficile entrare in mercati emergenti come la Cina. Risultati che sono comunque frenati da un a burocrazia eccessiva, che assume un peso schiacciante soprattutto per le realtà di piccole dimensioni».
«Il patrimonio delle 20mila cantine artigianali – conferma Gaja – di piccole e piccolissime dimensioni, capaci di andare in direzione ostinata e contraria scoprendo nuove tendenze e nuovi mercati è un gioacimento da valorizzare e salvaguardare».
Tutelare la gallina dalle uova d’oro
«Il problema principale da superare – stigmatizza Riccardo Cotarella, presidente degli enologi mondiali – è quello del prezzo: nell’ultima annata, a fronte di un’aumento delle rese (rispetto comunque ad un millesimo come il 2017 che ha realizzato il record negativo della vendemmia), si sono registrati crolli di valore anche del 60-70%. Chi sfrutta il suo peso commerciale per distruggere il mercato dovrebbe essere più oculato, perchè rischia di sacrificare la gallina dalle uova d’oro, ovvero un settore che traina tutto l’agroalimentare italiano».
Zaia: etichettatura e vitigni resistenti
«Siamo sotto attacco – è la chiosa di Luca Zaia, governatore del Veneto -. Il vigneto è la coltura che viene più stigmatizzata sul fronte ambientale per la frequenza dei trattamenti: occorre sostenere con maggiore convinzione la frontiera dei nuovi vitigni resistenti». E rivolgendosi al Commissario all’Agricoltura Phil Hogan. «Occorre tutelare i produttori virtuosi e lo strumento più efficace è quello di ottenere maggiore trasparenza in etichetta, ma su questo fronte l’Europa non ci aiuta».
Studiate la geografia
Annata di riflessione sull’export, soprattutto in Cina. Denis Pantini di Wine Monitor Nomisma nella sua analisi di inizio Vinitaly mostra come l’export sia una carta ancora valida soprattutto per gli sparkling, mentre i fermi soffrono e la locomotiva Cina, dopo aver inanellato parecchi anni consecutivi di crescita a due cifre, rallenti a +4%. Importante quindi guardare alle prospettive del mercato interno dove, nell’analisi a campione realizzato dall’istituto di ricerca bolognese, i consumatori scelgono il vino soprattutto facendo riferimento a valori come territorio e denominazione. Peccato però che oltre due terzi degli intervistati non sia stato in grado di inquadrare geograficamente la provenienza territoriale di due campioni come Amarone e Prosecco.