Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 23 luglio 2020 che estende la misura del pegno rotativo a tutti i prodotti Dop e Igp, vini e bevande spiritose comprese.
Si tratta di una misura che, in attuazione del DL Cura Italia e sulla scia delle precedenti e specifiche misure sperimentate per i prosciutti a denominazione di origine ed i prodotti lattiero-caseari di lunga stagionatura, tenta di mitigare, mediante una forma di finanziamento alternativa, l’effetto-Covid sullo stato di liquidità delle imprese agroalimentari assoggettate a circuiti Dop e Igp.
Ma l’utilizzo (esclusivo) dei registri e la quantificazione del valore della merce a garanzia del finanziamento possono generare ostacoli per la concessione dei prestiti garantiti?
È questione di garanzia
Non c’è dubbio che il pegno rotativo potrà definire una linea di credito per gli operatori che detengono prodotti Dop e Igp in lavorazione, comunque non ancora pronti per l’immissione al consumo – come è il caso, ad esempio, dei vini da lungo invecchiamento, i formaggi ed i salumi in fase di maturazione e di affinamento – che quindi, opportunamente tracciati nel registro, sarebbero in ogni caso destinati ad uno stoccaggio vincolato nei locali aziendali.
Ma bastano i registri per fornire agli istituti di credito adeguate garanzie per l’erogazione dei finanziamenti? Effettivamente, rispetto al corretto funzionamento del sistema, potrebbe essere un nodo non di poco conto, considerando che i registri, detenuti ed aggiornati dai richiedenti il credito, sono strumenti, benché vidimati o, nel caso di quelli telematici, condivisi, comunque strettamente autodichiarativi. E al di là della forma, essi dovrebbero fornire prova, e quindi garanzia, della giacenza, della classificazione merceologica così come della collocazione fisica del prodotto fornito a garanzia del prestito: tutte informazioni nella disponibilità degli organismi di certificazione (OdC), riconosciuti dal Mipaaf e incaricati di pubblico servizio, che per mandato devono tenere sistematicamente i conti, per singolo stabilimento di produzione, dei prodotti in stoccaggio e destinati alla certificazione. Proprio gli OdC, non citati nel DM se non come destinatari di comunicazioni in caso spostamento della merce in pegno, potrebbero contribuire alla costituzione di un dossier completo e qualificato, anche in termini di garanzie, rispetto alle richieste dei creditori.
Quale valore?
Un altro aspetto sotto la lente è il valore della merce, informazione che deve essere dichiarata a registro e in ogni caso utile per la quantificazione del budget finanziato.
Si tratta tuttavia di prodotti in lavorazione e/o in fase di stoccaggio, spesso non ancora certificati e quindi potenzialmente assoggettati ad una forbice di valore molto variabile.
È il caso, ad esempio, di un vino atto a diventare Brunello di Montalcino Docg 2017, potenzialmente riclassificabile, qualora fosse riscontrata una carenza dei requisiti chimico-fisici e/o organolettici previsti dal disciplinare di produzione Docg, a vino Rosso di Montalcino Doc oppure a vino Toscana Igp: la differenza di valore sarebbe sostanziale, con un salto di prezzo, stando all’ultimo listino della Camera di Commercio di Siena, che mediamente si attesta attorno ai 400 euro/ettolitro nel primo caso e ai 700 euro nel secondo, con una forbice di valore che tra l’altro interessa anche il prezzo all’ingrosso nell’ambito della stessa tipologia di vino.
Al di là dei numeri, comunque influenzati da differenti variabili, appare chiaro che la quantificazione del valore potrebbe creare difficoltà della stima e conseguentemente del plafond del prestito garantito.
Il tassello mancante
Non è escluso quindi che l’accertamento dei requisiti chimico-fisici, eventualmente organolettici o comunque specialistici, sui prodotti agroalimentari e vitivinicoli Dop e Igp, così come l’eventuale ausilio degli OdC per quanto riguarda tracciabilità e giacenze, possano, accanto al registro previsto dal DM, facilitare la concessione dei finanziamenti da parte degli istituti di credito.
In ogni caso, al netto di eventuali aggiustamenti nelle procedure e nella gestione dei rapporti tra debitori e creditori, il decreto attuativo del DL Cura Italia potrà essere un valido strumento di sostegno, utile per contrastare la crisi di liquidità e per compensare i costi di immobilizzazione del capitale comunque destinato, durante i processi di lavorazione e/o di affinamento, a rimanere invenduto.
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Le cantine che hanno già attivato le nuove garanzie
Pronti, via. Alla firma del decreto che ha dato il via libera al pegno rotativo, molti produttori in crisi di liquidità post-covid19, in particolar modo di vino, hanno potuto subito usufruire della nuova modalità di garanzia per ottenere prestiti bancari. Merito degli accordi stretti in via preliminare da alcuni Consorzi con gruppi bancari dei rispettivi territori, che aspettavano solo l’ok normativo per essere attivati.
Il Monte dei Paschi di Siena aveva infatti firmato una convenzione sia con il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano che con il Consorzio del Vino Chianti Classico a fine giugno.
Intesa Sanpaolo ha stretto invece a un accordo di collaborazione a fine luglio, con il Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe Dogliani. Consorzio che successivamente ha attivato un rapporto con Unicredit per un finanziamento di 36 mesi che agevola lo smaltimento delle scorte delle annate 2016 e 2017.
Il Consorzio del Brunello di Montalcino ha invece attivato la sua convenzione con Credem (Credito Emiliano Spa) per una linea di credito in favore di tutte le aziende socie che prevede prestiti garantiti dalle scorte di vino attraverso fondi rotativi.
Leggermente diversa la strada percorsa da Castiglion del Bosco, l’azienda vitivinicola della griffe Ferragamo a Montalcino (Si), che ha sottoscritto in luglio con Banco Bpm un accordo che offre come garanzia il vino sfuso. Il prodotto genera liquidità restando in cantina, nella disponibilità del produttore, che intanto può lavorare per collocarlo sul mercato.
Lo.To.