Scontri e rappresaglie. La difesa fitosanitaria è il teatro di un contrasto senza precedenti. C’è chi fa la guerra al biologico e chi sequestra i campi pronti per le semine perché trattati con prodotti fitosanitari. Chi crea dossier contro il glifosate e chi aggiunge confusione sostenendo che il rame è molto più pericoloso.
L'era del metallo dura da 150 anni
Dimenticando però il debito di riconoscenza che la nostra civiltà ha nei confronti di questo metallo pesante da almeno 5.500 anni, ovvero dall’avvento dell’età del bronzo. Sembra poi che il “talismano contro i mali” cantato da Lucio Dalla nella canzone dedicata a Tazio Nuvolari esistesse davvero: un ciondolo di rame a forma di tartaruga, un omaggio di Gabriele D’Annunzio “all’uomo più veloce del mondo” che il grande pilota mantovano, dopo alcune vittorie, ha iniziato a considerare taumaturgico, portandolo con sé in ogni corsa.
Un talismano che deve essere particolarmente efficace anche nel vigneto visto che, a quasi un secolo e mezzo dall’invenzione della poltiglia bordolese, continua ad essere l’antiperonosporico più affidabile non solo per il bio o il biodinamico, ma per l’intera viticoltura, grazie al meccanismo d’azione multisito. Un prodotto fitosanitario difficilmente surrogabile, nonostante Bruxelles lo abbia classificato come “candidato alla sostituzione”.
I nuovi vincoli
Complicando così la vita sia ai titolari delle registrazioni, che devono ora presentare molti più documenti nei dossier di rinnovo (che varranno solo per 7 anni), sia agli utilizzatori obbligati a rispettare il vincolo dei 28 chilogrammi ad ettaro ogni 7 anni, ovvero 4 chili flessibili all’anno. Un limite che penalizza soprattutto vigneti e frutteti, anche perché nel Belpaese i nuovi vincoli si traducono subito in nuova burocrazia. Proprio a ridosso dell’avvio dei trattamenti il ministero della Salute ha infatti un po’ “pasticciato”, emanando e rettificando le istruzioni per l’immissione in commercio dei Sali rameici con le etichette aggiornate, moltiplicando le probabilità di errori e contestazioni.
Dosaggi d'etichetta troppo elevati?
Etichette che difficilmente possono aiutare i viticoltori. Nonostante infatti alcune prove sperimentali effettuate in Italia dalla Fondazione Mach di San Michele all’Adige e in Francia dall’Inra mostrino l’effettiva possibilità di proteggere efficacemente la vite con bassi dosaggi compresi tra 200 e 400 g/ha di rame, le dosi minime indicate in etichetta (che ha valore di legge), specialmente per poltiglia bordolese e ossicloruro scendono difficilmente sotto 1 kg per ettaro (tagliando così drasticamente il numero di trattamenti che possono essere effettuati). Una situazione che sembra decisamente favorire la peronospora e poteva andare molto peggio, visto che l’Efsa, l’autorità per la sicurezza alimentare con sede a Parma, aveva messo in discussione proprio la registrazione su vite a causa delle difficoltà nella valutazione del rischio a carico degli operatori rappresentato dal residuo sulle foglie.
Da dove derivano tutti questi problemi?
Rischi sovrastimati
Al rame vengono inputati rischi ecotossicologici derivanti dall’accumulo nei suoli e nelle acque. Tuttavia il valore fissato dalle autorità europee come limite accettabile risulta in molti casi inferiore alle effettive concentrazioni riscontrate anche in zone dove il rame non viene utilizzato. Segno che i criteri di valutazione utilizzati sono irrealistici e che le regole per la valutazione del rischio di un prodotto inorganico sono ancora tutte da scrivere. E che il clima di scontro e rappresaglie non fa che moltiplicare errori e discriminazioni.