2019 e 2020, millesimi storici rari

L'editoriale di VVQ 4

Riduzione delle rese per l’annata in corso, distillazione di crisi per quella precedente. Il Governo attiva il piano di rilancio post covid 19, ma le risorse sono limitate. Servono scelte strategiche a livello territoriale

Consigli per gli acquisti dei collezionisti di vino: nonostante le cantine piene di invenduto, il 2019 e 2020 potrebbero diventare presto millesimi storici rari.

Colpa dell’emergenza sanitaria Covid 19 e merito della strategia per far fronte alla conseguente crisi di mercato.

Per le nostre cantine la fase post quarantena rischia infatti di essere peggio dei mesi caldi della pandemia. L’export, smaltiti gli ordini pre-lockdown, è in progressivo rallentamento. L’horeca, canale preferenziale per molte nostre realtà, riparte con il freno a mano tirato dalle misure di distanziamento sociale.

Anteprima dell'Editoriale del numero 4/2020 di VVQ

Abbonati e accedi all’edicola digitale

Mettere d’accordo produttori e trasformatori

Il ministero delle Politiche agricole ne ha preso atto e, nonostante il gran rifiuto comunitario (nel piano di rilancio di Bruxelles per le filiere colpite da Covid 19, c’è solo un po’ di flessibilità nelle misure Ocm, ma zero risorse per il vino), ha cercato la quadra per mettere d’accordo produttori e trasformatori, denominazioni d’origine e vini da tavola.

Nel decreto rilancio del 12 maggio trova infatti spazio il finanziamento della vendemmia verde, volontaria e parziale (almeno il 20% della produzione media degli ultimi 5 anni), per contenere le rese per ettaro delle uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica.

Con l’obiettivo di evitare crisi di prezzo in occasione delle prossime campagne di raccolta. Una misura che, nelle intenzioni della ministra Bellanova, dovrebbe essere sinergica a un’estesa distillazione di crisi sostenuta dalla rimodulazione del Piano nazionale di settore, per svuotare le cantine delle giacenze di vino in particolare da tavola prodotto l’anno scorso.

Due modifiche per la vendemmia verde

La scommessa di fondo è che la crisi in corso sia congiunturale (altrimenti il vino sarebbe l’ultimo dei nostri problemi) e che occorra salvaguardare il capitale vigneto da una nuova corsa agli espianti. L’efficacia di questa strategia dipende però da fattori tecnici, economici e di organizzazione.

La vendemmia verde, ovvero il distacco dei grappoli non ancora giunti a maturazione, non

Vendemmia verde

è infatti una novità.  È una misura inserita nella riforma dell’Ocm del 2013, ma da allora è rimasta poco gettonata. Una situazione che potrebbe cambiare grazie a due sostanziali modifiche. Bruxelles ha infatti concesso (Reg. 600/2020 del 4 maggio) la possibilità di eseguire questa operazione anche dopo il 30 giugno, ovvero oltre il periodo che, per molti nostri vitigni, coincide con la fase di differenziazione delle gemme.

Scongiurando così l’innesco nella vite di un pericoloso effetto di alternanza, con un sovraccarico produttivo nell’anno successivo a quello dell’intervento di riduzione. Altro cambiamento sostanziale deriva dalla possibilità di un intervento parziale che farebbe inserire questa operazione all’interno delle pratiche agronomiche studiate per ottenere maggiore flessibilità nella gestione del vigneto anche in chiave anti climate change, un effetto tutto da studiare.

Nessuno si limita da solo

Il punto critico che rimane sta invece tutto nel termine “volontario”: se la scelta è solo a carico del singolo imprenditore, difficile che questi decida di compromettere in maniera preventiva la propria competitività se non è sicuro che anche il suo vicino faccia lo stesso.

 Il ruolo dei consorzi

I consorzi di tutela possono superare questo limite grazie al loro ruolo decisivo nel governo dell’offerta, ma per sostenere azioni di riduzione di resa di livello territoriale servono dotazioni adeguate e al proposito occorre segnalare che, nel decreto rilancio, gli stanziamenti per la viticoltura hanno subito decurtazioni progressive fino ad arrivare a circa 100 milioni di euro (contro i 200 milioni previsti inizialmente). Una scarsità di risorse che può essere penalizzante soprattutto per la distillazione di crisi.

Dal Piano nazionale di settore, grazie a grossi sacrifici e allo slittamento di un anno di tutte le altre misure, possono infatti arrivare al massimo 50 milioni di euro.

Il tempo delle scelte

Se ipotizziamo di dover distillare circa 5 milioni di ettolitri, una quota pari a circa il 10% del vino in giacenza a marzo (56 milioni di hl di vino di cui poco più della metà Dop, un quarto Igp e poco più del 20% da tavola) il calcolo è presto fatto. Dieci euro a ettolitro appaiono però insufficienti a garantire alle cantine la liquidità necessaria per la prossima campagna vendemmiale. A meno di non introdurre ulteriori criteri di selezione che, per evitare sanguinosi contrasti, dovrebbero essere lasciati al confronto delle parti a livello locale. Un’esigenza di rafforzamento delle autonomie che emerge tutte le volte che si affrontano pesanti crisi di mercato.

Perché il vino è in fondo l’emblema del localismo italiano: chi lo compra non sceglie, salvo pochi casi, un brand, bensì un territorio.

 

2019 e 2020, millesimi storici rari - Ultima modifica: 2020-05-14T01:17:29+02:00 da Lorenzo Tosi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome