La crisi di Governo non favorisce la tempestività dei provvedimenti. E questo purtroppo penalizza anche il vino.
Tre gap da colmare
Sono tre i gap da colmare per la completa definizione normativa del vino italiano immaginata dal Testo Unico del vino. Ai decreti «Etichettatura» e «Schedario viticolo» che completano il disegno tracciato ormai cinque anni fa grazie ad una preziosa quanto efficace sinergia di filiera, si aggiunge il provvedimento sullo standard unico di sostenibilità. Un decreto che, alla luce delle scelte del nostro Paese espresse nel decreto Rilancio Italia è forse il più urgente.
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«Occorre giungere presto alla definizione di un unico standard di sostenibilità per il settore vitivinicolo, al fine di razionalizzare e valorizzare al tempo stesso gli standard già esistenti e per vagliare in maniera più controllata e disciplinata i requisiti di sostenibilità».
Concorda con questa urgenza l’Alleanza Cooperative Agroalimentari che, nell’ultimo Coordinamento del Settore Vitivinicolo di fine 2020, ha deciso di fare pressione sul Ministero su questo fronte.
Tra dicembre e inizio gennaio il Ministero delle Politiche agricole stava infatti lavorando, unitamente alla filiera vino, nella definizione di uno standard unico della sostenibilità, in attuazione dell’articolo 224-ter della legge 18 luglio 2020, n. 77 (Recepimento del decreto Rilancio).
Un percorso interrotto dalla crisi di Governo e dalle successive dimissioni della Ministra Teresa Bellanova. Difficilmente il provvedimento sullo standard unico (e pure quelli su etichettatura e schedario viticolo) vedranno la luce entro fine gennaio come promesso.
Ambiente, società, reddito
«Sarebbe poi importante – puntualizza Luca Rigotti, coordinatore del settore vitivinicolo di Alleanza Cooperative - che ai requisiti ambientali si affianchino quelli di sostenibilità economica e sociale, e che chi li rispetta possa dotarsi di un marchio distintivo di rispetto di tali requisiti. La riconoscibilità nei confronti del consumatore, infatti, è uno degli aspetti fondamentali per valorizzare e incentivare il lavoro delle imprese in questa direzione».
Dito puntato contro i vini naturali
Sempre in tema sostenibilità del vino l’Alleanza delle Cooperative esprime anche perplessità in merito al quadro di poca chiarezza che ruota intorno alla terminologia dei “vini naturali”.
«La mancanza di una procedura o di un sistema regolamentato – sottolinea il coordinatore Luca Rigotti in una lettera inviata al premier Conte, ministro dell’agricoltura ad interim- come invece è previsto per i vini biologici o quelli certificati con lo standard volontario SQNPI, consente di fatto un utilizzo potenzialmente ingannevole della terminologia vino naturale, tenuto conto dell’assenza di regole condivise».
«A differenza di quanto avviene per gli altri standard, per i quali esiste un’attività di riscontro dei requisiti rivendicati affidata ad enti terzi di certificazione, per i vini naturali – conclude Rigotti - non esiste un sistema predisposto a livello nazionale».
Nella missiva inviata al Ministero l’Alleanza fa riferimento alla nota della Commissione Europea dello scorso luglio in cui, fornendo un chiarimento in risposta al CEEV (Comité Européen des Entreprises Vins) rispetto all’utilizzo del termine naturale, ha precisato che tale termine non è definito dalla disciplina europea e che non è incluso nella lista delle categorie di prodotti vitivinicoli. Si tratta di informazioni che potrebbero secondo la commissione indurre il consumatore a ritenere che il prodotto naturale abbia una qualità o requisiti superiori rispetto ad un altro vino che non riporta la medesima dicitura.
Di qui l’invito al ministero italiano a predisporre, anche nelle more di una posizione condivisa a livello europeo, indicazioni in grado di chiarire, sia sotto il profilo regolamentare che sanzionatorio, il corretto utilizzo del termine “vini naturali”.