La frenata, in parte annunciata, di sicuro a lungo temuta, è arrivata. Secondo l’Osservatorio del vino Uiv-Ismea su dati Ismea-Nielsen, nei primi 9 mesi di quest’anno, gli acquisti sugli scaffali di Grande distribuzione organizzata, rispetto al pari periodo del 2021, sono scesi in volume del 6,9% (a 5,6 milioni di ettolitri, sotto anche i livelli pre-Covid), l’equivalente di 55 milioni di bottiglie in meno.
In ribasso anche il saldo del valore (-3,5%, a 2 miliardi di euro), nonostante il prezzo medio sia progressivamente lievitato del +7% nel secondo e terzo trimestre.
L'aumento dei prezzi schiaccia i volumi delle vendite
Secondo l’Osservatorio a zavorrare le vendite è stata la crescita dei prezzi, causata dettata "esclusivamente da una spinta inflazionistica comunque ancora sottostimata rispetto al reale surplus di costi accusati dalle imprese del vino", oggetto di ripetuti allarmi nei mesi scorsi e che, peraltro, si teme che potrebbero non aver neppure toccato ancora il loro apice, a fronte di un autunno-inverno che si annuncia particolarmente difficile per le famiglie italiane.
Il tutto mentre il boom del turismo dall'estero, che era riuscito a trainare finora, con la ristorazione, anche il mercato dei vini, comincia a mostrare la corda.
Perdono terreno DOC e IGT, vini fermi e spumanti
Le vendite presso la Gdo evidenziano un calo dei volumi di tutte le tipologie di vini, con i fermi a -7,5% e gli spumanti a -2,2%, che tengono meglio grazie alla crescita in doppia cifra del segmento degli spumanti secchi “low cost”, che ha mantenuto invariato un prezzo medio del 30% inferiore rispetto alla media di categoria. Tra i vini fermi, le elaborazioni Uiv-Ismea evidenziano picchi negativi a volume per i rossi (-9,2%), mentre i bianchi si fermano a -6% e i rosati a -3,8%.
I più colpiti dalle riduzioni di consumo risultano i vini Dop, che chiudono i primi nove mesi a -8,7%, contro il -8,1% per gli Igt, mentre i vini comuni segnano -6%.
Tiene il mercato solo chi ha tenuto fermi i listini
Pochissime le denominazioni che non marcano in territorio negativo per le vendite in volume: sono quelle che hanno mantenuto sostanzialmente invariati – o addirittura diminuiti – i propri listini (Castelli Romani, Oltrepò Pavese Barbera, Nobile di Montepulciano, Vermentino di Sardegna). Cali oltre la media invece sui volumi di vendita per alcune tra le più importanti denominazioni italiane, come il Prosecco (-8,5%) gli spumanti Metodo classico (-10,4%), il Chianti Docg (-11,5%) il Montepulciano d’Abruzzo (-9,7%), la Barbera (-15,9) e i Lambruschi.
Tra le Indicazioni geografiche tipiche, riduzioni significative anche per Puglia Igt, Terre Siciliane, Lambrusco Emilia, Rubicone Trebbiano.
Sentiment negativo per i prossimi mesi
In calo anche i vini biologici, una nicchia che comunque incide in volume poco più dell’1% sul totale: non solo in termini di bottiglie consumate (-2,3%), ma soprattutto di valore generato (-5,9%), pur a fronte di una limatura dei listini del 4% (5,19 euro al litro). Giù, infine, anche il segmento dell’e-commerce, la cui spinta si è fermata sia nei volumi (-15%) che nei valori (-23%, a 34,7 milioni di euro).
Insomma, se non è una "Caporetto", poco ci manca, con l’indagine trimestrale Ismea sul clima di fiducia tra gli operatori della filiera vitivinicola che evidenzia un peggioramento dei giudizi sull’evoluzione dell’economia e sulla tenuta degli ordinativi futuri.
Preoccupa la tenuta del fronte domestico
"I dati sulle vendite – sottolinea Fabio Del Bravo, responsabile servizi per lo sviluppo rurale di Ismea – ci dicono che la reattività degli acquisti di vino al prezzo si è fatta elevata. Se la pressione dei costi non dovesse allentarsi, nell’impossibilità di trasferire a valle i rincari, la filiera potrebbe per la prima volta dopo anni entrare in difficoltà sul fronte domestico".
Per il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti: “Fino a oggi la filiera è riuscita a tenere sotto controllo le dinamiche dei prezzi. Sarebbe auspicabile mantenere in equilibrio i listini anche nei prossimi mesi, quando il potere di acquisto delle famiglie sarà ulteriormente ridotto a causa di costi energetici, dei beni alimentari e di prima necessità”.