Nuove varietà, nuovi territori, nuovi mercati.
Chi vive di vite e di vino lo sa: la viticoltura di oggi è molto diversa da quella di 10 o 20 anni fa.
E quella del futuro sarà molto differente da quella di oggi: i territori vocati e i vini italiani sapranno mantenere il ruolo centrale che hanno oggi?
Sì, se sapremo giocare la carta dell’innovazione, innanzitutto varietale.
Perché il climate change picchia duro anche sul vigneto Italia, sconvolgendo rapporti finora ritenuti (erroneamente) consolidati tra vitigni e denominazioni d’origine.
E anche perché lo impone l’Unione europea che, con gli stringenti obiettivi della strategia Farm to Fork (ridurre del 50% l'uso dei pesticidi e del 20% i fertilizzanti entro il 2030), vuole una agricoltura più aderente alle aspettative dei consumatori sul tema della sostenibilità, soprattutto per un prodotto edonistico come il vino.
Il punto d’origine in vivaio
Trend che chi occupa il primo anello della filiera, il punto d’origine dell’asse cartesiano della nostra viticoltura, ovvero il vivaio, deve prevedere per tempo. I Vivai Cooperativi Rauscedo sono abituati a guardare nel futuro: la volontà di sostenere i viticoltori nelle svolte dei prossimi decenni ha spinto questa realtà friulana leader mondiale nella produzione di barbatelle a investire sulla costituzione del nuovissimo VCR Research Center.
«Ci siamo accorti da tempo –spiega Eugenio Sartori, direttore generale di VCR- che non basta proseguire solo sulla strada della selezione clonale, ma che bisogna essere attenti alle nuove esigenze della viticoltura, soprattutto in termini di impatto ambientale».
Dopo un anno di forzato isolamento a causa della pandemia, e dopo la presentazione virtuale della struttura nel webinar in diretta streaming dello scorso 10 dicembre (a questo link trovi resoconto, video e presentazioni), il prossimo 1 ottobre si terrà a Rauscedo l’inaugurazione ufficiale del VCR Research Center in presenza a cui seguirà il Convegno «Verso una nuova viticoltura: il ruolo della genetica e del vivaismo» in forma mista, sia in presenza che in diretta streaming (vedi in calce il programma dell’evento).
La partecipazione è libera e gratuita previa registrazione
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L’ostruzionismo che frena l’innovazione
Sarà l’occasione per fare il punto sulle opportunità e sulle difficoltà che frenano in Italia la diffusione di innovazioni come i vitigni resistenti.
Perché, come ricorda Raffaele Testolin dell’Università di Udine (leggi anche: «Guai a bloccare la storia evolutiva della vite”), è già partita la sfida tra Paesi vitivinicoli per chi saprà raccogliere i vantaggi dell’intensa attività di breeding in corso sulla vite nei centri di ricerca di mezzo mondo.
Seguendo sostanzialmente due direzioni
- Nuove varietà da incroci controllati («resistenti alle malattie, per seguire l’orientamento green dell’Unione europea»)
- Vecchie varietà editate attraverso genome editing, («Perché, per ragioni legate alla storia e alla cultura vogliamo preservare le varietà attuali, ma non possiamo continuare a trattarle con l’intensità che adottiamo adesso»).
Competitor agguerriti
Il nostro Paese aveva accumulato un vantaggio competitivo, grazie alla codifica del genoma della vite e alla messa a punto di 14 vitigni resistenti, che rischia oggi di essere annullato dalla controffensiva della Francia che, dopo le titubanze iniziali, ha ora cambiato strada concedendo l’iscrizione di varietà resistenti in alcune importanti Aoc (le Doc locali) e sostenendo al Cpvo (l’ufficio brevetti europeo) la svolta della possibilità di iscrivere le nuove varietà resistenti con il nome dei vitigni di pregio da cui derivano.
Nel nostro Paese invece la corsa per l’iscrizione delle nuove varietà e soprattutto la possibilità del loro utilizzo all’interno delle denominazioni di pregio è frenata da una burocrazia fino a oggi sorda alle innovazioni.
Territorio o sostenibilità ( o tutt’e due?)
Si punta a conservare l’immutabilità dello status quo, ma ha ancora senso una piramide qualitativa incentrata sul legame territoriale nel momento in cui l’attenzione del consumatore è spostata sul concetto di sostenibilità?
«Ha senso parlare di legame territoriale -risponde Eugenio Sartori - nel momento in cui il concetto di sostenibilità viene implementato anche nelle condizioni più difficili, per esempio nella viticoltura eroica in zone di alta collina o montagna con elevata piovosità».
«E’ evidente che in situazioni particolarmente difficili dal punto di vista climatico il contributo delle varietà resistenti può essere determinante nel perseguire un elevato livello di sostenibilità ambientale e di conseguenza di valorizzazione della piramide qualitativa incentrata sul legame territoriale».
Ha ancora senso parlare del vitigno come una variabile che crea valore?
«Certamente, il vitigno crea valore e ne crea in funzione del suo potenziale enologico e del suo contributo alla sostenibilità ambientale. È evidente che, con il cambio climatico, non è sufficiente che il vitigno dia vini di qualità, ma è anche necessario che rispetto alle più diffuse ampelopatie abbia una ridotta sensibilità o meglio ancora un certo grado di tolleranza/resistenza».
Rischio declassamento
È giusto quindi concedere il via libera per l’entrata dei vitigni resistenti nelle denominazioni come sta succedendo in Francia, oppure conviene in qualche modo tenerli separati e caratterizzarli con sigle particolari e specifiche come come “Piwi”, come si fa soprattutto nei paesi del Centro Europa?
«I nuovi vitigni resistenti sono una risorsa da valorizzare e non da isolare in categorie speciali che sanno tanto di declassamento».
«Si tenga presente che rispetto ai vitigni iscritti alcuni anni orsono, oggi disponiamo di nuovi genotipi con resistenza poligenica a oidio e peronospora e minore sensibilità a black-rot: nel prossimo futuro ne inseriremo di altri ancora più performanti. Vitigni derivanti da ibridazione con assoluta preponderanza di sangue di Vinifera, con profilo enologico simile o addirittura migliore del genitore nobile. Queste innovazioni devono poter entrare nelle Doc. Quindi, bene ha fatto la Francia a considerare la possibilità di far entrare i 4 vitigni resistenti, recentemente iscritti Oltralpe, in una percentuale del 10% nelle Doc».
Accelerare anche in vigneto
In un settore come la viticoltura, in cui l’immagine di tradizione ha un peso, è possibile attribuire invece un valore aggiunto all’innovazione varietale e al ruolo di ricerca e vivaismo?
« Effettivamente, la viticoltura è rimasta molto più legata alla tradizione rispetto all’enologia, soprattutto per quanto riguarda la scelta varietale e l’introgressione di varietà provenienti da altre zone viticole o di varietà da incrocio e ibridazione. La valorizzazione delle varietà locali e il loro legame con il territorio è comunque stato un fatto molto positivo che ha permesso di dare notorietà ad ambienti viticoli un tempo poco conosciuti attraverso operazioni di marketing di grande valenza in Italia e all’estero».
«Nel prossimo futuro giocheranno un ruolo importante le varietà più resilienti al cambio climatico e quelle resistenti alle malattie. Probabilmente l’aspetto “tradizione” lentamente perderà di importanza. In qualche caso già si è riscontrata una diminuzione di interesse verso varietà autoctone su cui negli ultimi 20 anni si era confidato in un rapido sviluppo».
Il VCR Research Center
I 22,5 ettari del nuovo centro di ricerca sorto a Rauscedo (Pn), di cui 3 coperti e dedicati a serre riscaldate, celle climatizzate, screen house, cantina di microvinificazione, centro conferenze e laboratori, serviranno per proseguire nelle attività di valutazione agronomica ed enologica delle varietà resistenti proposte dall’Università di Udine; ottenere tramite ibridazione nuove varietà sia da vino che da tavola, con e senza semi, resistenti a peronospora e oidio e tolleranti a malattie secondarie (Black Rot ed escoriosi); avviare nuovi programmi di incroci assieme al Crea-VE di Conegliano (Tv) per ottenere genotipi tolleranti a mal dell’esca e fitoplasmi, oltre a potenziare l’attività tradizionale su cloni e portinnesti, ecc.
Il programma del convegno
Venerdì 1 Ottobre 2021 ore 9:30-12:30, in occasione dell’inaugurazione
del VCR-RESEARCH CENTER, si terrà il webinar
VERSO UNA NUOVA VITICOLTURA: IL RUOLO DELLA GENETICA E DEL VIVAISMO
Moderatore: Lorenzo Tosi, Giornalista Edagricole
PROGRAMMA:
› ORE 09:40 DA LINNEO ALL’EDITING DEL GENOMA: ANCHE LA SCIENZA HA I SUOI PREGIUDIZI Prof. Attilio Scienza, Università degli Studi di Milano
› ORE 10:00 LE PROSPETTIVE DEL MIGLIORAMENTO GENETICO DI FRONTE ALLE NUOVE FRONTIERE DEL BREEDING Prof. Michele Morgante, IGA
› ORE 10:20 I NUOVI PRESUPPOSTI PER UNA VITICOLTURA ITALIANA D’AVANGUARDIA Dott. Riccardo Velasco, Direttore CREA-VE
› ORE 10:40 OSTACOLI E CRITICITÀ ALLA FRUIZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA SCIENTIFICA Prof. Raffaele Testolin, Università degli Studi di Udine
› ORE 11:00 LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA On. Paolo De Castro, Commissione Agricoltura UE
› ORE 11:20 TAVOLA ROTONDA: IL PENSIERO DELLA FILIERA E DELLE ISTITUZIONI
Interverranno:
- Dott. Paolo Castelletti, Comitato Tecnico vini
- Dott. Riccardo Cotarella, Presidente Enologi Italiani
- Dott. Riccardo Ricci Curbastro, Presidente Federdoc
- Dott. Eugenio Sartori, Direttore VCR
› ORE 12:00 DIBATTITO E CONCLUSIONI
La partecipazione è libera e gratuita previa registrazione
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