La viticoltura biologica del Trentino, ma anche dell’Alto Adige sotto la lente dei ricercatori della Fondazione Mach e del Centro sperimentale Laimburg nella giornata che tradizionalmente le viene dedicata ogni anno all’inizio di agosto. Un’edizione fatta in diretta streaming causa le limitazioni imposte dalle norme anti covid 19.
Un primo dato da rilevare riguarda l’estensione di questo tipo di coltivazione. Dieci anni orsono gli ettari di viti coltivate con il metodo biologico era pari a 295, cinque anni fa erano 824 e nell’ultimo dato relativo al 2020 superano i 1300 ettari, con un aumento del 6% sull’anno precedente. Ma nell’arco degli ultimi 5 anni i vigneti biologici sono aumentati di oltre il 50% mentre nell’arco di 10 anni sono aumentati di oltre il 400%. Un dato certamente interessante che può far pensare che entro il 2030 potrà superare il 25% dell’intera produzione viticola come richiesto dalla nuova politica agricola dell’Ue.
L’attenzione della Fondazione Mach si rinforza
Questo ha fatto affermare al direttore generale della FEM Mario del Grosso, che ha aperto la mattinata tecnica, che: «l’attenzione di Fondazione Mach per questo ambito prosegue e si rinforza, sia in termini di risorse umane (sono 14 oggi gli addetti al settore), che di attività e progetti dedicati. Il settore dell’agricoltura biologica può rappresentare un modello per tutto il comparto agricolo e assumerà sempre maggior importanza in vista degli obiettivi posti dalla strategia europea “Farm to Fork” che punta fra l’altro ad accelerare la transazione verso un sistema alimentare più sostenibile».
Altri obiettivi raggiungibili solo con adeguata ricerca
Anche l’obiettivo di puntare a raggiungere entro il 2030 la riduzione del 50% di fitofarmaci usati, la riduzione del rame da sostituire con molecole alternative, ma anche la riduzione dell’uso dei concimi chimici, ha aggiunto in coordinatore della giornata nonchè responsabile della Unità Agricoltura biologica di FEM Daniele Prodorutti sono obiettivi ai quali la Fondazione Mach mira nei prossimi anni.
Ma il lavoro che c’è davanti a noi per raggiungere questi obiettivi, ha affermato Claudio Ioriatti dirigente del CTT di FEM, è enorme sia sul piano della ricerca che su quello della formazione costante degli agricoltori ed impone uno sforzo non indifferente per tutti in quanto sono tematiche che non hanno risposte facili ne semplici.
Parlando della campagna difesa 2021 Marco Chiusole tecnico FEM, ha fra l’altro affermato che a fronte di una primavera nel complesso non particolarmente problematica, abbiamo avuto un luglio molto difficile che ha portato ad oggi ad effettuare dai 17 ai 20 trattamenti nelle zone più precoci e almeno 2 in più nelle zone di collina-montagna.
I forti danni da grandine
Molto preoccupanti sono le infezioni conseguenti alle terribili grandinate che hanno colpito in particolare la zona viticola fra Mezzocorona e Roverè della Luna, oltre 400 ettari, parte della Val di Cembra e della collina est di Trento oltre alle frequenti ed abbondanti piogge di luglio, mese nel quale dopo un giugno secco, sono caduti mediamente 186 mm, ma le precipitazioni sono proseguite e nei primi 5 giorni di agosto con altri 50 - 100 mm di pioggia. Pioggia e ferite da grandine hanno creato le condizioni per pesanti attacchi anche ai grappoli compromettendo qualità e quantità della produzione. E’ stato questo un periodo favorevole anche allo sviluppo dell’oidio. Si sono registrati forti attacchi anche ai grappoli ha affermato Romano Maines. Un aspetto positivo emerso dalle prove sperimentali è quello che è possibile la difesa dalla peronospora anche usando il rame a basse concentrazioni 20 grammi/hl. In presenza del limite dei 28 kg di rame sui 7 anni la situazione non preoccupa perché nell’ultimo triennio sono stati usati 12 kg/ha, quindi in linea con il limite massimo anche nei vigneti biologici. Dalle molte molecole alternative al rame in fase di sperimentazione non sono arrivate particolari novità positive importanti.
La flavescenza dorata e il legno nero
Quest’anno si è sviluppata in modo preoccupante la flavescenza dorata e il giallume della vite, da non sottovalutare, perché stanno diventando un problema, ha affermato lo storico tecnico prima di ESAT e poi di FEM, Marino Gobber ormai prossimo alla pensione. Per la flavescenza d. non vi sono soluzioni di risanamento con la lotta chimica, l’unica strada che rimane è l’estirpo delle viti infette.
Diverso il problema de legno nero, che si combatte con una costante pulizia dei filari essendo l’erba il veicolo al vettore. Importante per queste malattie sono i controlli che devono iniziare già a giugno. Una prova sperimentale non riuscita ha affermato il ricercatore di Laimburg, Ewald Lardschneider, la copertura delle viti con teli antipioggia, come si fa per altre colture, servono per la prima parte della stagione ma poi anche le viti sotto telo vengono colpite da peronospora.