La risposta a un'esigenza concreta

STAR 50 e STAR 74, i nuovi portinnesti a ridotta vigoria

Per limitare gli interventi di cimatura
In molte zone italiane, anche collinari e prive di irrigazione, le viti presentano spesso eccessi di vigore e ogni anno devono essere sottoposte a uno o più costosi intervalli di cimatura. Tra i portinnesti più comunemente usati nella nostra viticoltura, mancano infatti, ancora oggi, soggetti effettivamente capaci di controllare lo sviluppo vegetativo delle piante.

In molte zone italiane, anche collinari e prive di irrigazione, le viti presentano spesso eccessi di vigore e ogni anno devono essere sottoposte a uno o più costosi intervalli di cimatura. Tra i portinnesti più comunemente usati nella nostra viticoltura, mancano infatti, ancora oggi, soggetti effettivamente capaci di controllare lo sviluppo vegetativo delle piante. Rispetto al comportamento vegetativo, la maggior parte dei portinnesti utilizzati in Italia inducono nel nesto una vigoria molto elevata, anche se alcuni di essi (420A, 161/49C e3309C) sono considerati meno vigorosi di altri. Questa situazione appare in netto contrasto con le esigenze della moderna viticoltura che è sempre più orientata verso impianti con densità media o medio–alta e che perciò avrebbe necessità di utilizzare soggetti caratterizzati da una maggiore capacità di ridurre lo sviluppo vegetativo del nesto. Sulla base di queste considerazioni, fino dal 1988 l’allora Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Bologna aveva attivato un ampio programma di miglioramento genetico, che aveva comportato la creazione e la successiva valutazione di un notevole numero di nuovi semenzali provenienti da ibridazioni interspecifiche di portinnesti commerciali. D’altra parte, se è vero che la ricerca era focalizzata ad ottenere nuovi soggetti capaci di imprimere alla vite europea un accrescimento più equilibrato, la selezione non poteva rinunciare alla parallela valutazione di altri aspetti fondamentali (capacità di radicazione, affinità di innesto, resistenza alla clorosi, ecc.), indispensabili sotto il profilo vivaistico ed agronomico per poter competere con i soggetti commerciali oggi più usati nel nostro Paese.

L’impostazione della ricerca

Utilizzando come piante-madri una collezione di portinnesti presenti nei vigneti sperimentali dell’Università, vennero ottenute, nel 1990, diverse centinaia di piantine da seme, in parte provenienti da autofecondazione della cultivar “Binova” (V. berlandieri x V. Riparia), una mutazione dell’SO4 a fiori ermafroditi perfetti selezionata in Germania, e in parte ottenute dalla libera impollinazione di viti appartenenti alle cultivar-portinnesto 325R, 41B, Teleki5C, Teleki8, Kober5BB, Cosmo2,1202Ce alla stessa Binova. Senza voler trascurare il comportamento di biotipi provenienti da libera impollinazione, alcuni dei quali molto promettenti e tutt’ora in fase di ulteriore controllo sperimentale, la presente relazione riporterà sinteticamente solo i risultati della selezione effettuata sui semenzali ottenuti per autofecondazione del Binova (inbreeding). Questi semenzali furono infatti considerati molto interessanti, poiché l’inbreeding determina spesso una riduzione di vigoria che, qualora associata ad altri caratteri irrinunciabili, avrebbe potuto dare origine ad accessioni particolarmente utili per le finalità delle indagini. Nel 1990 le plantule ottenute dai vinaccioli delle autofecondazioni del Binova furono fatte crescere in serra climatizzata. All’inizio del 1991 le piante in migliori condizioni vegetative sia per la parte aerea che per quella radicale (circa 90 accessioni) furono trasferite all’aperto e lasciate crescere liberamente in un bancale costituito da sabbia e torba fertilizzata, dotato di irrigazione a goccia. Nel corso del 1992 la loro crescita venne favorita con ulteriori fertirrigazioni.

Le indagini di pre-selezione

La pre-selezione in base alla vigoria. Gli effetti dell’inbreeding iniziarono a manifestarsi nel corso dello stesso 1992 e con la successiva potatura invernale furono scartati tutti i semenzali eccessivamente deboli (radici piccole e scarse, tralcetti corti e poco lignificati), ma anche alcuni individui (pochi) apparentemente dotati di eccessivo vigore rispetto alla media (radici robuste, tralci anche molto lunghi, ma non lignificati). Furono considerate accettabili le accessioni con un buon apparato radicale e tralci di media lunghezza sufficientemente lignificati, dai quali sarebbe stato possibile ricavare una certa quantità di talee legnose. Attraverso questa pre-selezione il numero dei semenzali di Binova mantenuti in prova venne ridotto a 41 individui. La pre-selezione in base alla capacità rizogena. Le talee ottenute dai 41 semenzali (generalmente tra 10 e 30 talee binodali per ogni semenzale) furono sistemate in un bancale di radicazione. Al termine dell’annata 1993 venne rilevato il numero di radici primarie e secondarie presenti su ciascuna talea, considerando radicate quelle su cui erano presenti almeno 3 radici primarie. Dopo questa fase furono mantenute in prova solo le accessioni che avevano presentato una percentuale media di radicazione delle loro talee superiore al 40%. Questo valore, oggettivamente basso, venne accettato nella considerazione che le talee binodali provenivano da piante molto giovani e presumibilmente provviste di limitate riserve nutrizionali. I risultati relativi alla capacità rizogena ridussero il numero dei semenzali a sole 5 accessioni, rispettivamente identificate con le sigle BINA7, BINA25, BINA38, BINA50 e BINA74.

La selezione di I° livello

Affinità di innesto con la V. vinifera. Dopo il 1994 alcune piante-madri autoradicate ottenute dalle 5 accessioni da autofecondazione di Binova vennero poste a dimora presso i campi sperimentali dell’Università di Bologna e al momento delle potature invernali un certo numero delle loro talee vennero innestate con Sangiovese 12T e con altre importanti varietà da vino e da tavola (Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Moscato d’Amburgo) e sottoposte a forzatura in vivaio. Nel complesso, la maggior parte degli innesti-talea dettero origine ad un buon callo di cicatrizzazione e ad una crescita del tutto normale del germoglio del nesto. Le cinque accessioni pre-selezionate furono quindi mantenute in prova.

La selezione di II° livello

Resistenza al calcare. Nel 1995 venne impostata una specifica prova di resistenza al calcare, comparando il comportamento del Sangiovese 12T innestato sulle cinque accessioni che avevano superato il I° livello di selezione, con quello dello stesso Sangiovese 12T innestato su nove portinnesti commerciali (420A, 161/49C, 157/11C, SO4, 779P, 1103P e 110R), comunemente considerati come tra i più adatti ai terreni clorosanti. Per le prove di resistenza al calcare furono allestiti due grandi bancali all’aperto, dotati di irrigazione a goccia, di cui uno costituito dal 100% di un normale terreno proveniente da campi limitrofi (controllo) e l’altro costituito dallo stesso substrato miscelato con circa 100 q di carbonato di calcio pulverulento (trattato). Le successive analisi del terreno confermarono che i due substrati erano simili per tutti i principali componenti della fertilità (sostanza organica, macro e micro elementi), ma mentre il bancale di controllo aveva un contenuto di calcare totale pari al 14,5% e un contenuto di calcare attivo pari all’1,1%, nel bancale trattato il contenuto di calcare totale era del 30,5%, con un contenuto di calcare attivo del 17,7%. Le barbatelle di Sangiovese 12T innestate sulle cinque accessioni e sui portinnesti commerciali furono poste a dimora nei due bancali nella primavera del 1995 secondo uno schema a randomizzazione completa. Sulle piante di Sangiovese, fatte crescere ogni anno con un germoglio per ceppo, furono condotte nei mesi estivi del 1995, 1996 e 1997, analisi non distruttive sul contenuto in clorofilla presente nelle foglie, utilizzando la strumentazione SPAD al fine di evidenziare l’eventuale presenza di clorosi. Per le analisi furono rilevati i valori dell’intensità di colore di numerose foglie situate nella posizione medio-apicale del germoglio principale, effettuando varie letture nelle porzioni centrali di ciascuna lamina. Precedenti ricerche avevano infatti messo in evidenza una netta correlazione tra le unità SPAD (misura dell’intensità del verde, variabile nello strumento secondo un indice compreso tra 10 e 40) e il contenuto in clorofilla delle foglie (rapportabile per le medesime unità SPAD da 10 a35 μg/cm2). Secondo tali ricerche, valori strumentali superiori a 20 indicavano tessuti non clorotici.

La selezione di III° livello in campo

In base alla media di tutti i dati ottenuti con la pre-selezione e con quella di I° e di II° livello, le barbatelle di Sangiovese innestate sulle cinque accessioni e sui portinnesti commerciali furono utilizzate per predisporre le indagini di III° livello basate su prove di pieno campo. Impostazione della prova. Le barbatelle furono trasferite nel febbraio1998 inun appezzamento dell’Università di Bologna in località Bordone, posto alla longitudine di 44,5N e alla latitudine 11,3E, a50 ms.l.m. in giacitura pianeggiante. Il terreno era di medio impasto, fertile e con basso contenuto di calcare, cioè tale da stimolare al massimo la capacità vegetativa delle piante, ma privo di irrigazione. L’impianto venne effettuato seguendo uno schema sperimentale con due blocchi randomizzati, ciascuno con 4 piante per ogni combinazione di innesto. Le viti di Sangiovese, impiantate con sesti di 1,25 x2,80 me potate a cordone speronato con 9 speroni di 2 gemme/ceppo, furono sottoposte nel triennio 2001-2003 ad indagini di valutazione della quantità e qualità delle loro uve (numero di grappoli, loro peso, concentrazione di solidi solubili nei mosti, loro pH ed acidità titolabile) ed a rilievi relativi alla vigoria indotta dai diversi portinnesti (peso del legno di potatura).

I risultati

Senza voler trascurare i dati positivi ottenuti con gli altri biotipi da autofecondazione del Binova (BINA7, BINA25, BINA38), meritevoli di essere considerati per ulteriori ricerche, nel proseguo della relazione saranno presentati per semplicità solo i risultati relativi a BINA50 e BINA74, che dalle ricerche di pre-selezione e da quelle di I°, II° e III° livello avevano fatto registrare i risultati più interessanti. In particolare, nelle tabelle che seguono il BINA50 è stato contrassegnato con il nome definitivo di STAR 50 e il BINA74 con il nome definitivo di STAR 74. Sempre per semplicità, nelle tabelle riportate e qui di seguito commentate saranno presentati per confronto solo i dati ottenuti per tre dei portinnesti commerciali usati come controllo esterno (SO4, 420A e 161/49C). L’SO4 poteva infatti essere considerato come vigoroso e imparentato con le due accessioni da autofecondazione, mentre il 420A e il 161/49C potevano rappresentare un buon punto di riferimento in quanto classificati tra quelli resistenti al calcare e in grado di contenere la vigoria del nesto. SPAD e dati pluviometrici. Nella Tabella 1 sono evidenziati i dati dell’indice SPAD ottenuti per STAR 50 e STAR 74, rispetto a SO4, 420A e 161/49C. I dati medi del triennio 1995-1997 misero in evidenza che anche nel bancale trattato (17,7% di calcare attivo), non si erano manifestate differenze colorimetriche nelle foglie del Sangiovese innestato sui diversi portinnesti e che i valori di SPAD erano sostanzialmente identici sia nel bancale di controllo che in quello trattato. I valori strumentali dello SPAD, compresi tra un minimo di 20,6 e un massimo di 23,6, indicavano assenza di clorosi e una normale dotazione di clorofilla dei tessuti fogliari, stimabile in non meno di 20 μg per cm2. Per quanto riguarda le prove di pieno campo, le precipitazioni del triennio 2001-2003, rilevate nei pressi dell’impianto dal germogliamento alla maturazione (aprile-settembre), risultarono di400 mmnel 2001, di450 mmnel 2002 e di appena250 mmnel 2003, con estati asciutte e piogge concentrate per l’80-90% nei mesi di aprile-giugno e in settembre. Comportamento produttivo e vigoria. Con riferimento al comportamento produttivo del Sangiovese nello stesso triennio, si evince dalla Tabella 2 che a parità di carico di gemme lasciate in potatura ed a parità di germogli emessi, il numero dei grappoli prodotti per metro dal Sangiovese innestato su STAR 50 (16,6) e su STAR 74 (19,7), risultò decisamente più basso rispetto a quanto rilevato nel Sangiovese innestato su SO4 (27,7) e su 420A (26,3). In sintesi, STAR 50 e STAR 74 avevano quindi ridotto la fertilità delle gemme del Sangiovese.  Con riferimento alla vigoria indotta (Tabella 2), sia STAR 50 che STAR 74 avevano anche controllato in modo significativo, rispetto a 420A ed SO4, la quantità di legno prodotto dalle piante innestate. Tale riduzione venne riscontrata, sia pure in modo non significativo, anche rispetto al 161/49C.

Apice di giovane germoglio e pagina superiore di foglia adulta del portainnesto STAR 50.
Dimensioni dei grappoli e rese. Non emersero invece differenze a carico del peso medio dei grappoli nelle diverse combinazioni di innesto (Tabella 3), anche se i grappoli del Sangiovese su STAR 50 e su STAR 74 risultarono tendenzialmente più leggeri (meno di300 g) rispetto a quelli del Sangiovese innestato sui portinnesti commerciali (più di300 g). In definitiva e per quanto riguarda le rese (Tabella 3), la minore fertilità e del Sangiovese innestato su STAR 50 e STAR 74 dette origine ad una produzione bilanciata e contenuta (4,54 e 5,61 kg/metro rispettivamente), mitigando così l’eccessiva produttività manifestata dal Sangiovese soprattutto su 420A (8,17 kg/metro) e su SO4 (9,64 kg/metro). Anche l’indice di Ravaz (rapporto tra peso di uva e peso del legno di potatura) del Sangiovese innestato su STAR 50 e ‘STAR 74 risultò compreso tra 3,5 e 6, valori da considerare rappresentativi di piante in normale equilibrio vegeto-produttivo. Parametri qualitativi. Soddisfacenti apparvero anche i parametri qualitativi delle uve alla vendemmia (Tabella 4): il Sangiovese su STAR 50 e su STAR 74 dette origine ad uve rispettivamente con 20,5 e 21,2 °Brix, valori superiori, anche se di poco, a quelli riscontrati nelle uve di Sangiovese innestato sugli altri portinnesti. Il pH e l’acidità titolabile dei mosti non mostrarono invece differenze tra le diverse combinazioni di innesto.

La risposta a necessità concrete

Le attività svolte dal 1990 ad oggi hanno permesso di selezionare due portinnesti che a parità di altri fattori (capacità di radicazione, affinità di innesto, resistenza alla clorosi) sono stati in grado, rispetto ad altri portinnesti, di contenere la vigoria indotta nel nesto ed in grado di determinare, quantomeno sul vitigno Sangiovese, notoriamente troppo fertile, una bilanciata riduzione della produzione di uva con conseguente positiva influenza sulla qualità del vendemmiato.

Apice di giovane germoglio e pagina superiore di foglia adulta del portainnesto STAR 74.
Per il Sangiovese, che anche in aree siccitose presenta frequenti necessità di cimature per contenere la vigoria e che deve quasi sempre essere soggetto ad un costoso diradamento manuale dei grappoli, l’impiego di portinnesti che ne riducano la fertilità e lo sviluppo vegetativo rappresenta una soluzione di particolare interesse. La riduzione della vigoria e il controllo produttivo rappresentano comunque obiettivi importanti anche per altri vitigni, i cui impianti più recenti sono spesso strutturati con oltre 4000 ceppi per ettaro e richiederebbero viti a moderato sviluppo vegetativo e produzioni più contenute. I nuovi portinnesti STAR 50 e STAR 74 sono attualmente in fase di premoltiplicazione e di omologazione.   [box title= "Le analisi statistiche" color= "#c00"] Le analisi statistiche relative alle prove di resistenza al calcare e alle prove di pieno campo vennero eseguite utilizzando la procedura mixed del pacchetto statistico SAS (SAS Institute, Cary, North Carolina, USA). Tutti i dati furono sottoposti all’analisi della varianza e le medie furono separate secondo il Tukey-test, per valori di probabilità pari a P= 0,05.[/box] Articolo a firma di Cesare Intrieri, Ilaria Filippetti, Gianluca Allegro Dipartimento di Scienze Agrarie - Settore Viticoltura - Università di Bologna  PER APPROFONDIRE

Il quadro attuale

L’ultimo aggiornamento del Registro Nazionale delle Varietà di Vite (MIPAAF, 2013), ha riportato che sono 37 i vitigni portinnesto i cui cloni sono omologati in Italia, ma un’indagine storica sull’attività vivaistica viticola (Vivaio Enotria, 2013), ha indicato che ancora nel 2011 oltre il 90% delle talee da innesto prodotte nel nostro paese appartenevano ad appena 9 cultivar, provenienti da incroci interspecifici tra le specie pure americane V. riparia, V. rupestris e V. berlandieri. Secondo tale indagine i portinnesti più utilizzati appartengono al gruppo di ibridazione V. berlandieri x V. riparia (Kober5BB, 125AA, 420A, SO4, 161/49C), seguito dal gruppo V. berlandieri x V. rupestris (1103P, 110R, 140R). Questi portinnesti, quasi tutti prodotti nella prima metà del secolo scorso, sono stati selezionati con lo scopo principale di resistere agli attacchi della fillossera. Tuttavia i costitutori hanno preso in considerazione anche altri importanti caratteri, quali la capacità di radicazione delle talee, la compatibilità con il nesto e la tolleranza ai terreni calcarei ed a quelli siccitosi. Per quanto attiene l’adattabilità ai terreni calcarei, i portinnesti ritenuti più interessanti appartengono al gruppo V. berlandieri x V. rupestris (1103P, 110R, 140R), ma anche al gruppo V. berlandieri x V. riparia (420A, 161/49C). In generale, quelli più resistenti alla clorosi, quali il 140R e il 420A, presentano anche una discreta tolleranza alla siccità.

Bibliografia

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STAR 50 e STAR 74, i nuovi portinnesti a ridotta vigoria - Ultima modifica: 2013-11-11T18:12:34+01:00 da Redazione

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