È stata una seconda edizione di grande successo quella che ha visto Spatium Pinot Blanc - la manifestazione dedicata al meno diffuso tra i vitigni della famiglia dei Pinot - protagonista ad Appiano (BZ) dal 4 al 6 agosto 2016. Un format che si può definire già consolidato al suo secondo round e che nella mattinata del 5 agosto ha riunito giornalisti, produttori e tecnici in una accoppiata convegno tecnico + tavola rotonda su temi a sfondo enologico e di mercato. Già l'evento della serata precedente, presso la Tenuta Strobhof - un percorso enogastronomico (in collaborazione con Vinum Hotels Alto Adige) e di degustazione di numerosi Pinot bianchi, diversi per annata, terroir di origine e stile produttivo - aveva fornito un'indicazione delle notevoli capacità espressive di questo vitigno, che può essere interpretato in modi anche molto distanti tra loro. Ma le relazioni tenute durante il convegno - moderato da Michael Oberhuber, Direttore del Centro di Sperimentazione Laimburg - e gli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda hanno ulteriormente confermato l'esistenza di scuole di pensiero diverse in materia di Pinot bianco. O forse, semplicemente, l'esistenza di un percorso di ricerca della miglior identità da dare al Pinot bianco altoatesino.
Dove si coltiva?
Come è stato fatto notare da più di un relatore nel corso del convegno, è piuttosto difficile reperire dati certi sulle superfici impiantate a Pinot bianco in Europa e nel mondo, tanto che i numeri riportati sono stati quelli del Wine Economics Research Center dell'Università di Adelaide (Australia), dai quali emerge che il Pinot bianco a livello mondiale è un vitigno di nicchia: nel 2010 infatti occupava circa 15.000 ettari, pari allo 0,77% della superficie mondiale investita a vitigni a bacca bianca. I Paesi ove il Pinot bianco è più diffuso sono la Germania (circa 4.000 ettari, in aumento), l'Italia (circa 3.000 ettari, in calo, di cui oltre 500 in Alto Adige, dove il trend è invece di crescita, e i rimanenti distribuiti principalmente fra Trentino e Friuli) e l'Austria (circa 2000 ettari, in calo). Da citare anche la Francia, dove il Pinot blanc occupa poco più di 1000 ettari di vigneto.
Come si vinifica?
Innanzitutto: in solo acciaio o con intervento del legno? Questione di stili. E di target. Certo, come è ovvio intuire, nel primo caso prevalgono note fruttato-floreali decisamente più fresche, nel secondo si vira verso note più mature, così come verso sensazioni tattili più intense e sentori più speziati, il tutto in dipendenza dal fatto che in legno si svolgano la fermentazione alcolica e/o la fase di affinamento. Ma non è tutto qui. Sono molti altri i parametri di cui aver cura e sui quali occorre prendere decisioni. La pre-chiarifica, quanto spinta? La macerazione: per quante ore? Con o senza l'impiego di enzimi? Il riposo sulle fecce di lievito: per quanto tempo? Il rischio in caso di tempi di contatto eccessivamente prolungati è lo sviluppo di note amare troppo intense, per cui risultano spesso consigliabili soste non oltre i 4 mesi. E poi la questione fermentazione malolattica, spesso necessaria per il Pinot bianco. Spontanea? Controllata? Meglio controllata, per ridurre il problema di sentori di burro da diacetile. Potendo, meglio ancora se in coinoculo con la fermentazione alcolica, per limitare la produzione di ammine biogene, ovviamente accoppiando batteri e lieviti in modo appropriato. D'altronde il ceppo di lievito rimane fondamentale per la determinazione del bouquet finale. Sui parametri di vinificazione sopra citati si è focalizzata la relazione di Pascal Wegmann-Herr (Gruppo enologia di Neustadt), mentre dell’influenza dei sistemi di pressatura sui parametri analitici ed organolettici del Pinot Bianco ha parlato diffusamente Konrad Pixner, del Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg.
Il mercato
Innovativa - e a tratti illuminante, per chi scrive - è stata la relazione di Dieter Hoffmann, dell'Università di Geisenheim. Tanti i temi toccati dal ricercatore tedesco, a cominciare da una disquisizione sul nome da utilizzare, tra quelli possibili, per comunicare questa varietà e i vini che se ne ottengono. Secondo Hoffmann, nelle regioni in cui il Pinot bianco è stato portato ai massimi livelli qualitativi si è spuntato alla territorialità, il che induce a ritenere efficace l'uso di nomi diversi a seconda della zona di produzione: Pinot bianco per il Friuli e il Trentino, Pinot blanc per la Francia e Weissburgunder ("meglio scritto in questo modo che non con la ß, decisamente meno internazionale", ha tenuto a sottolineare Hoffmann) in Austria, Germania e Alto Adige. Hoffmann ha sottolineato come l'aggettivo bianco presente nel nome di questo vitigno sia sinonimo di chiarezza e positività (al contrario dell'aggettivo grigio dell'altro Pinot, che invece è sinonimo di tristezza e depressione!), fatto che andrebbe enfatizzato nella comunicazione. Dal punto di vista stilistico, quale Pinot bianco risulta vincente? "È bene - ha sottolineato Hoffmann - far uscire il Pinot bianco dalla sua accezione "neutra" e puntare all'aromaticità, me sempre valorizzando le produzioni locali". E, cosa importante, sempre rimanendo su espressioni discrete ed eleganti, con sentori di mela matura, pera, albicocca e lievi note citriche, perché il Pinot bianco "è come una bella donna che attira l'attenzione anche solo con un abito nero semplice". Secondo Hoffmann non bisogna eccedere né con le note legnose né con l'alcol (non oltre il 13% Vol.), poiché si tratta di un vino che si beve prevalentemente durante la stagione estiva. Sempre secondo il ricercatore tedesco, nella comunicazione occorre puntare al nome del vitigno (semplice da ricordare e positivo) abbinato al marchio aziendale (fattore fondamentale per generare fiducia nel consumatore). E non bisogna mai scendere sotto a un certo livello di prezzo, per avvalorare il binomio Pinot bianco - qualità. Per questo motivo secondo Hoffmann sarà difficile che il Pinot bianco trovi diffusione nella Gdo, mentre la ristorazione e le enoteche rimangono i canali distributivi di elezione, accanto alla vendita diretta in azienda. "Il pinot bianco - ha concluso Hoffmann - ha ottime possibilità di sviluppo nel segmento dei vini di qualità medio-alta, ma l'importante è che non si voglia crescere troppo. Lo si dovrà proporre ai consumatori come un piccolo segreto per intenditori".
La commercializzazione: gli esiti di un sondaggio presso i produttori
Georg Lun, dell'Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano, ha presentato i risultati della Ricerca di mercato sul Pinot Bianco in Germania, Austria e Italia, un sondaggio svolto presso oltre 700 produttori di Pinot bianco con sede in regioni selezionate della Germania, dell'Austria e dell'Italia, con lo scopo di evidenziare i fattori chiave della qualità di questo vino, le caratteristiche che ne fanno (e in che misura) un prodotto di categoria premium e le future sfide da affrontare nella commercializzazione dei vini da Pinot bianco. Tra i risultati emersi si citano i seguenti: - quasi il 70% degli intervistati ha individuato nel terroir il principale fattore di qualità del Pinot bianco (percentuale che sale all'85% tra gli intervistato altoatesini); - lo Chardonnay è risultato la principale varietà concorrente (circa l'80% degli intervistati); - la principale sfida futura per la commercializzazione del Pinot bianco è stata individuata nel suo rafforzamento nella categoria premium ("Molto importante" per il 40% degli intervistati e "abbastanza importante" per il 45%).
"Pinot bianco: no limit?"
Questo il titolo della tavola rotonda che ha chiuso i lavori della mattinata e che è stata animata dalla bella e brava Eva Ploner - comunicatrice, diplomata WSET e, con la sua agenzia di comunicazione Daviso PR Agency, tra coloro che fin dagli inizi hanno lavorato alla nascita e allo sviluppo di Spatium Pinot blanc, accanto a Peter Brigl dell’associazione Vineum Appiano, in collaborazione con l’Associazione Turistica di Appiano (BZ) e il Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg - e da Otto Geisel, esperto di vino, autore di libri e membro del Grand Jury Européen. Dal palco (foto) - che accoglieva Antonio Paolini (Co-curatore guida vini de L’Espresso), Caro Maurer (Master of Wine), Joachim Heger (produttore del Baden), Hans Terzer (Presidente enologi dell‘Alto Adige), Helmuth Köcher (presidente e fondatore Merano Wine Festival) e Luis Matscher (Sommelier e ristoratore del Zum Löwen, ristorante stellato Michelin) - sono giunte dichiarazioni e provocazioni che non hanno mancato di suscitare, in taluni casi, reazioni forti da parte del pubblico. Antonio Paolini - secondo il quale il Pinot bianco "ha un fratellastro globe trotter che calca tutte le scene, vale a dire lo Chardonnay, e un cugino stilista sempre sotto ai riflettori, ovvero il Pinot nero" - ha sottolineato la necessità per questo vino di emozionare e osare: "Perché non proporre un Pinot bianco a 100 Euro la bottiglia e vedere come risponde il mercato?". "Esiste già, lo produco io e la invito a venirlo ad assaggiare", gli ha fatto eco un produttore dalla platea. Sull'argomento Pinot nero vs Chardonnay è tornato anche Hans Terzer: "Il Pinot bianco potrebbe essere il vitigno simbolo dell'Alto Adige. Non bisogna certo abbandonare la coltivazione dello Chardonnay, ma il punto di forza di noi altoatesini sono le cose un po' difficili. Tuttavia, per portare i vini da Pinot bianco ai massimi livelli qualitativi occorre fare scelte coraggiose. So che non tutti saranno d'accordo con quanto sto per dire, ma le rese massime a mio parere andrebbero ulteriormente abbassate e portate a 60-70 hL/ha per i vini di categoria premium e a 90 hL/ha per quelli medium". Terzer - che ama definire il Pinot bianco come "il vino delle tre effe: fresco, fruttato, fine" - ha poi aggiunto: "Il Pinot bianco ha un'altra interessantissima caratteristica: è un vino che può essere bevuto a tutto pasto. Cosa ben più difficile a farsi con un Sauvignon o con un Traminer aromatico!". Se per Caro Maurer occorre puntare a una commercializzazione sostanzialmente locale (nel senso di europea), in quanto sarebbe un'impresa ardua portare il Pinot bianco in mercati lontani come la Cina o gli Usa, poiché in tali contesti esso subisce l'eccessiva concorrenza di Pinot grigio e Chardonnay, per Helmuth Köcher nella comunicazione del Pinot bianco altoatesino non è da sottovalutare la nota tipica di mela, derivante da uve che maturano in una terra in cui la coltivazione delle mele è regina. E infine per Antonio Paolini lo storytelling rimane cruciale: occorre raccontare, e farlo bene, tutto l'impegno che i produttori pongono nel mantenimento di standard qualitativi estremamente elevati.
Per il pubblico
Sabato 6 agosto Spatium Pinot Blanc si è aperto a visitatori e appassionati del Pinot Bianco: la cantina San Michele/Appiano ha ospitato la degustazione di oltre 140 Pinot Bianco provenienti dall’Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Trentino, ma anche Austria, Germania, Svizzera e Francia.
Gli attori principali e i numeri della manifestazione
Spatium Pinot Blanc è organizzata dall'associazione Vineum Appiano in collaborazione con l’Associazione Turistica Appiano e il Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg, con il sostegno delle Casse Raiffeisen dell’Alto Adige, del Comune di Appiano, della Provincia Autonoma di Bolzano, della Camera di Commercio di Bolzano, di Vini Alto Adige e della Comunità Comprensoriale Oltradige - Bassa Atesina. L’unica manifestazione in Europa interamente dedicata al Pinot Bianco ha visto nel 2016 la partecipazione di oltre 100 produttori provenienti da tutta Europa, più di 80 giornalisti ed esperti e 400 visitatori. Grazie a questo successo, gli organizzatori hanno superato i già ottimi risultati della prima edizione del 2014. (Costanza Fregoni)