Il vino si fa con l’acqua

Non è un invito alla sofisticazione enologica, ma l’insegnamento che deriva dall’annata più siccitosa del secolo e dagli effetti sorprendenti che ha determinato sulla qualità delle uve e dei vini

Dopo quattro mesi di forte siccità, ogni temporale che arriva è una roulette russa.

Può scaricare grandine, “bombe d’acqua” e addirittura seminare distruzione e morte come purtroppo è effettivamente accaduto a metà settembre nelle Marche, tra Montefeltro e Senigalliese.

Mostimetri alle stelle

Oppure risollevare le sorti di un’annata che a fine agosto sembrava parecchio compromessa. L’intenso bombardamento termico e radiativo che ha colpito a tappeto il vigneto Italia a partire da fine maggio ha infatti fatto schizzare verso l’alto il tenore zuccherino delle uve delle varietà più precoci, stimolando la gara a chi mostrava sui social il mostimetro con i gradi Babo più elevati.

Una sorta di concorso senza montepremi, anzi con handicap, perché le alte temperature prolungate possono avere effetti devastanti sul quadro aromatico e sul contenuto in acidi organici delle uve e dei vini.

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Poi sono arrivate le agognate piogge di inizio settembre a scaricare in poche ore l’acqua di un’intera stagione. Un periodo non certo ottimale, ma sufficiente a reidratare suoli e piante producendo effetti sorprendenti in molte zone vitate.

La decelerazione delle maturazioni

A vendemmia conclusa, dopo il passaggio di consegne tra agronomi ed enologi, il bicchiere è decisamente mezzo pieno.

In Emilia-Romagna, ad esempio, la decelerazione delle maturazioni ha provocato il riallineamento tra maturità fenolica e tecnologica, un sincronismo che non si registrava da anni. La frazione aromatica varietale non risulta compromessa, magari sbilanciata in alcune zone verso sentori fruttati e meno in quelli floreali.

Acidità, nota dolente ricorrente

In Sardegna l’intensità aromatica è decisamente superiore a quella degli ultimi anni. La Toscana ha recuperato un rapporto zuccheri/acidi in linea con le esigenze di invecchiamenti prolungati. Al netto di questo exploit, le basse acidità rimangono la nota dolente in molte zone. Si tratta però ormai di un leit motiv ricorrente, che spinge a rendere l’acidificazione delle uve e dei mosti una prassi quasi automatica praticamente ogni anno.

Il millesimo 2022, il più caldo e siccitoso degli ultimi 100 anni, potrà quindi essere ricordato come un’annata di qualità per il vino italiano, come è possibile?

La gran cassa di VVQ

Con un po’ di orgoglio editoriale potremmo reclamare parte dei meriti. Dopo aver battuto per anni la gran cassa per la diffusione in vigneto di pratiche innovative anti climate change nella gestione del suolo, della chioma e della genetica (dei portinnesti ad esempio) abbiamo infatti notato questa estate un deciso aumento di vigneti “impolverati”. Segno tangibile di un diffuso utilizzo di caolino e di altri antitraspiranti.

L'impatto dell'anticipo del solleone

A sorpresa un altro elemento che può avere inciso parecchio deriva, paradossalmente, dagli stessi eccessi climatici. L’anticipo del solleone ha infatti sorpreso quest’anno la vite già in fase di allegagione, inducendo la formazione di acini più piccoli, più concentrati e con bucce più spesse. Innescando in maniera naturale l’effetto di una sorta di stress idrico modulato senza però la necessità di ricorrere a pratiche di defogliazione, che sarebbero risultate oltremodo dannose a causa dell’intensa radiazione solare.

Il piano invasi

Un effetto possibile però solo nelle zone dove erano disponibili valide risorse irrigue o anche la semplice vicinanza di bacini e corsi d’acqua in grado di mitigare gli eccessi termici. Un insegnamento di cui tenere conto ora che si stanno per mettere a terra i consistenti finanziamenti del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) da cui deriva anche il progetto targato Anbi che punta a realizzare in tutto il Paese 10mila invasi idrici multifunzionali di medio-piccole dimensioni. Una risorsa ormai strategica per la viticoltura di pianura e anche per i nostri migliori cru di collina. Perché la sfida decisiva per il futuro del nostro vino sarà quella di non disperdere l’acqua scaricata da diluvi sempre più torrenziali, aumentandone l’efficienza idrica ed evitando i devastanti effetti in termini di smottamenti ed erosione superficiale.

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Il vino si fa con l’acqua - Ultima modifica: 2022-10-18T10:16:19+02:00 da Lorenzo Tosi

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