Da tempo il settore vitivinicolo si confronta con eventi climatici estremi che anticipano la maturazione dell’uva e ne alterano le caratteristiche, portando spesso a produrre vini poco equilibrati o eccessivamente alcolici. Per comprendere meglio il fenomeno e far fronte a queste distorsioni, un gruppo di ricercatori coordinati da Alberto Palliotti, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia, ha cercato di definire…
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(Approfondimenti a cura dell’Autore)
Un problema diffuso
“I problemi di composizione della materia prima alla vendemmia, legati al cambiamento climatico ˗ sottolinea Alberto Palliotti ˗ si stanno manifestando in tutti i continenti, anche se con intensità differenziate, come mostrato nella tabella sottostante. Anche le variazioni inerenti le fasi fenologiche sono state ben documentate; il dato forse più eclatante è l’anticipo dell’epoca di vendemmia di oltre un mese evidenziato nello Chateauneuf du Pape (Francia) in un arco di 60 anni, cioè dal 1945 al 2005. Per il Montepulciano allevato in Abruzzo, invece, l’anticipo dell’epoca di vendemmia è stato calcolato in circa 14-15 giorni nella parte centrale della regione e della costa, mentre scende a circa 10 giorni nella parte costiera situata a sud. Nella regione vitivinicola tedesca Rheingau, alcuni ricercatori riportano che, negli ultimi 30 anni, le fasi di germogliamento e allegagione del Riesling hanno mostrato anticipi di 10-17 giorni e l’invaiatura di ben 14-21 giorni. In Italia, una delle ultime simulazioni eseguite con il modello HadCM3 al fine di prevedere l’impatto che il cambiamento climatico potrebbe indurre sulle fasi fenologiche del vitigno Chardonnay in Trentino, indica che, accanto a un anticipo significativo delle fenofasi primaverili, ovvero germogliamento e fioritura e, successivamente, dell’invaiatura, alcune zone montane site a circa 1.000 m di altitudine potrebbero divenire aree climaticamente adatte per la viticoltura prima della fine di questo secolo“.
Zona viticola | Dati alla vendemmia |
Alsazia (Francia) | Il grado alcolico potenziale delle uve di Riesling è aumentato del 2,5% negli ultimi 30 anni |
Napa County (California) | Il livello medio degli zuccheri dei mosti di Cabernet Sauvignon è passato da 22,9°Brix del 1976 a 25,4°Brix nel 2005, mentre per tutti gli altri vitigni sono stati rilevati aumenti medi di 2,4°Brix, passando da 22,4°Brix del 1976 a 24,8°Brix del 2005 |
Bordolese (Francia) | Dal 1982 al 2005 nel Cabernet Sauvignon si è passati da 200 a 222 g/l di zuccheri e nel Merlot da 212 a 244 g/l |
Toscana | Dal 1995 al 2005 il vino Sassicaia ha incrementato il grado alcolico dal 12% al 14%, mentre nel vino Ornellaia, tra il 1985 e il 2005, tale forbice si è allargata da 12,5 a 14,5% |
Conoscere per pianificare
Quali obiettivi può suggerire questa ricerca in termini di pianificazione vitivinicola? “In generale non possiamo non ribadire che la futura pianificazione del settore vitivinicolo dovrà tenere in attenta considerazione le possibili ripercussioni che i cambiamenti climatici in atto potranno avere sulle aree vocate alla coltivazione della vite. Nello specifico, occorre infatti evidenziare due nuove realtà che si stanno via via consolidando: la prima è rappresentata da quelle zone vitate tradizionalmente considerate marginali per carenza di disponibilità termiche che stanno ora divenendo sempre più adatte a portare a compimento la maturazione delle uve delle varietà precoci che da tempo vi erano state selezionate e iniziano a poter ospitare vitigni meno precoci. Ad esempio alcune aree viticole tedesche, come quella della Valle del Reno, fino a qualche anno fa esclusivamente destinate alla coltura di vitigni bianchi precoci, Riesling in particolare, stanno attualmente inserendo in coltura varietà a bacca nera a media maturazione; anche nel sud dell’Inghilterra la coltivazione della vite, dopo la sua scomparsa durante la piccola età glaciale iniziata nel XV secolo, sta divenendo un’attività economica interessante, e non solo per la produzione di vini frizzanti. La seconda è rappresentata da quelle zone vitate a elevata vocazionalità viticola che possono ormai presentare disponibilità termometriche in esubero rispetto ai fabbisogni delle varietà tradizionalmente coltivate. Si può pertanto prospettare la necessità di modificare le piattaforme ampelografiche e/o di intervenire tecnicamente per limitare i danni causati dagli stress estivi“.
Rivedere i sistemi di allevamento della vite
Quali sono i problemi emergenti e i possibili rimedi rispetto ai metodi di allevamento? “La necessità di adattare la tecnica colturale alle nuove condizioni climatiche porta a una serie di considerazioni anche sulla scelta del sistema di allevamento, poiché alcuni problemi sono recentemente emersi a carico dei sistemi in parete verticale, ossia le controspalliere, che hanno dominato il panorama viticolo italiano in questi ultimi anni. Indagini condotte in aree viticole di tutto il mondo, in cui il problema degli stress termici e luminosi si sta ponendo con imperiosità, hanno dimostrato che il microclima dei grappoli ideale per uve sia nere sia bianche è costituito da un regime di prevalente luce diffusa interrotto da lampi di luce che si infiltrano nella chioma da diverse direzioni. Questo assetto è facilmente perseguibile impostando una chioma libera con portamento assurgente della vegetazione, esempio un alberello rivisitato o, in una versione più moderna, il sistema a cordone libero. Sotto questo profilo la controspalliera classica, indipendentemente dal tipo di potatura adottato, crea una separazione netta tra la fascia di vegetazione e quella di collocazione dei grappoli; quest’ultima, sia pure con variabilità legata alla distanza tra le file e all’orientamento dei filari, espone sempre al problema della sovraesposizione e del surriscaldamento dell’uva nelle ore più calde della giornata“.