Il bioetanolo è, tra i prodotti alternativi ai carburanti tradizionali, quello che attualmente mostra il miglior compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni. I processi industriali più diffusi per la produzione di bioetanolo impiegano direttamente colture zuccherine (principalmente canna da zucchero) o colture amidacee (es. cereali) che vengono idrolizzate enzimaticamente per ottenere glucosio. Gli zuccheri così ottenuti sono quindi convertiti in etanolo utilizzando la fermentazione alcolica da utilizzare in motori a benzina puro o aggiunto a benzina come ETBE. La via promettente per la produzione di etanolo è costituita dallo sfruttamento integrato delle piante, che comprenda anche l’impiego delle strutture lignocellulosiche residuali. Tradizionalmente i materiali lignocellulosici possono essere convertiti negli zuccheri corrispondenti (glucosio e xilosio principalmente) mediante idrolisi chimica (con acidi concentrati o diluiti) o enzimatica (figura 1). La capacità produttiva nazionale di bioetanolo è di poco superiore alle 200.000 t/anno e non sembra voglia crescere sostanzialmente, mentre la produzione nel 2010 è stata di 49.000 tonnellate, denotando un mercato italiano tra i meno efficienti in Europa dal punto di vista della produttività degli operatori e dell’esposizione all’import (Biomass Energy Report 2011).