Un articolo comparso su Repubblica.it lo scorso 16 maggio 2014, a firma di Isabella Napoli, si parla di un protocollo di analisi applicato al vino in grado di certificare la rispondenza tra quanto dichiarato in etichetta e il contenuto della bottiglia. “Il protocollo – si legge nell’articolo – rivoluziona l’approccio tradizionale fino ad oggi impiegato, costituito dalle varie certificazioni (Doc, Dop, Igp), basato sul monitoraggio durante i processi di produzione, che lasciano ampi margini di discrezionalità al produttore. La nuova certificazione, invece, permette di controllare il prodotto finale grazie a test genetici. Queste analisi di laboratorio consentono l’estrazione del DNA e l’identificazione, attraverso tecnologie molecolari, delle sequenze identificative dei vitigni con cui è stato preparato il prodotto. Le sequenze vengono poi confrontate con i dati dichiarati in etichetta. In caso di riscontro affermativo, il vino riceve la certificazione di prodotto. Il progetto è stato realizzato nell’ambito del PSR Sicilia 2007/2013, Misura 124 “Cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie nei settori agricolo e alimentare e in quello forestale” e presentato dall’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del Consiglio nazionale delle Ricerche da Bionat Italia Srl“. Secondo quanto dichiarato da Francesco Carimi, responsabile dell’UOS Palermo dell’Istituto di Bioscienze e BioRisorse del Cnr, il metodo consente di verificare in modo inequivocabile la veridicità delle dichiarazioni dei produttori in merito all’utilizzo di vitigni autoctoni siciliani per la produzione dei propri vini.
La rispondenza tra quanto dichiarato in etichetta e il contenuto della bottiglia
Vino davvero siciliano? Lo dice il DNA
Vitigni autoctoni siciliani oppure no?