L’uso del solfato o del citrato di rame nei vini è una pratica ampiamente diffusa per allontanare i difetti legati alla presenza di idrogeno solforato attraverso la formazione di solfuro di rame insolubile. Tuttavia l’efficacia di questi trattamenti, la permanenza del solfuro di rame nei vini e il rilascio di rame residuo nel corso della loro conservazione, così come i fattori che influenzano la formazione di complessi di dimensioni adatte ad essere allontanati con un travaso o con una filtrazione, sono argomenti ancora ampiamente dibattuti e non del tutto risolti.
I ricercatori australiani della Wagga Wagga University e i chimici dell’Università di Melbourne, in collaborazione con la Yalumba Winery, famosa casa produttrice della Barossa Valley, hanno affrontato questo argomento su vini reali e in soluzione modello, valutando anche il diverso comportamento nella formazione di aggregati, quando rame e solfuri si trovano nel vino in diversi rapporti molari.
I risultati hanno messo in evidenza che nella maggior parte dei casi il rame aggiunto legatosi all’idrogeno solforato in nano-aggregati, non viene allontanato se non in proporzioni irrilevanti con un travaso né con una filtrazione su membrana a 0,45 micron.
Le prove effettuate su soluzione modello hanno evidenziato che l’acido tartarico è in grado di interferire con la coagulazione e la precipitazione del solfuro di potassio. Il rame residuo inoltre si è dimostrato attivo nel favorire le reazioni di ossidazione che portano alla formazione di pigmenti fenolici e che sono causa dell’incremento di colorazione gialla e/o bruna nei vini bianchi.
Articolo originale: A.C. Clark, P. Grant-Preece, N. Cleghorn, G.R. Scollary, 2014. Copper(II) addition to white wines containing hydrogen sulfide: residual copper concentration and activity. Australian Journal of Grape and Wine Research, Volume 21, Issue 1, pages 30-39, February 2015.
Abstract a cura di Alessandra Biondi Bartolini.