Ci sono vini che fin dal loro atto di nascita portano con sé un’importante eredità e si fanno, al contempo, ambasciatori di un progetto, di una visione futura.
Ne è un esempio Sveti Nikolaj, vino firmato da Robert Princic, produttore del Collio e titolare dell’azienda vitivinicola Gradis’ciutta di San Floriano del Collio (Gorizia), con una quarantina di ettari di vigna in conduzione biologica. Ribolla-Rebula 100% Slovena, Sveti Nicolaj è un vino transfrontaliero, nato dal desiderio di Princic di rendere omaggio e valorizzare quei territori che 74 anni fa sono stati divisi da un confine invisibile, ma invalicabile, che ha mutato per sempre l’identità di molte famiglie.
Un confine all’improvviso
«Gli abitanti delle terre di collina che circondano Gorizia – racconta Princic - nell’arco di una notte si sono ritrovate a vivere in due territori, in due Paesi, in due Stati diversi e contrapposti, per spirito, identità e ideologia. Il confine tagliò i Comuni, le strade, le case e le famiglie, così Giasbana, dove viveva la famiglia di mio padre e dove andò a vivere quella di mia madre, rimase in Italia, mentre il resto del Comune di Cerò di Sopra divenne parte della Jugoslavia. Il territorio e i vigneti che un tempo coltivava mio nonno fu quindi abbandonato dalla mia famiglia».
Una vocazione per la Ribolla gialla
Dal 2004, quando la Repubblica di Slovenia è divenuta parte dell’Unione Europea, Robert Princic ricomincia progressivamente a coltivare queste terre riscoprendo una Ribolla gialla di altissima qualità e degna di diventare un vero e proprio Cru.
«L’esperienza maturata in questi anni e che mi ha portato a realizzare questo vino – continua Princic – ha confermato in me la profonda convinzione che il cuore della Ribolla, il luogo più vocato per la sua coltivazione sia proprio lì dove ha avuto origine: le colline della Ponca, ossia il Collio, il Brda Sloveno e le colline dei Colli Orientali. Ecco perché mi piace pensare a Sveti Nikolaj come a un vino che racchiude un’intensa storia passata ma che è, al contempo, capace di offrirci una direzione per la valorizzazione futura di tale vitigno. Immaginare una denominazione ad hoc, con un orizzonte ampio, in cui il nostro sguardo possa spingersi a 360 gradi, senza confini di sorta: questo il mio auspicio, per poter dare a questo vitigno un’interpretazione autentica e fortemente territoriale».