«L’ultima bozza del Decreto Ministeriale ‘Rese’ inviata dal Mipaaf alla Regioni venerdì 26 febbraio 2021 presenta criteri non condivisibili e pericolosi per le specificità regionali in merito alla riduzione indiscriminata delle rese massime ad ettaro dei vini generici».
Dissenso congiunto
il dissenso è espresso in maniera congiunta da Confcooperative e Legacoop dell'Emilia-
Romagna.
«Pertanto - così come chiesto a gran voce dalla Regione Emilia-Romagna - siamo a ribadire la necessità di un immediato, rapido e definitivo confronto, auspicando un’ampia autonomia delle Amministrazioni regionali nel definire le aree in deroga per queste riduzioni, che altrimenti rischiano di penalizzare fortemente alcuni territori».
La richiesta è avanzata direttamente dai presidenti Carlo Piccinini e Cristian Maretti, ripettivamente di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna e Legacoop
Agroalimentare Nord Italia, in rappresentanza delle cantine cooperative emiliano-romagnole che insieme producono quasi l’80% del vino regionale.
300 quintali ad ettaro sono pochi
Da troppi mesi - sottolineano le centrali cooperative - è in corso una “vivace discussione” nella filiera vitivinicola italiana relativamente alle rese ad ettaro dei vini generici. Ci si riferisce in particolare alla revisione al ribasso delle rese massime per questa tipologia di vini, da 500 a 300 quintali ad ettaro, con la previsione di una deroga a 400 quintali ad ettaro per i territori particolarmente vocati a questa tipologia di produzione.
Un danno diretto sulla Plv e sul reddito
«Guardando ai vini generici emiliano-romagnoli - aggiungono Piccinini e Maretti - dobbiamo orgogliosamente ribadire come nel corso del tempo si sia progressivamente consolidata una filiera che, anche dopo la fine degli aiuti UE per il sostegno al mercato, sia in grado di collocare l’intera produzione in Italia e all’estero, generando una Produzione Lorda Vendibile più che dignitosa per i produttori. Non è un caso se l’Emilia-Romagna non abbia praticamente mai aderito alla misura della distillazione di crisi».
È bene poi ricordare come per le cooperative vitivinicole questo risultato si traduca in un beneficio economico, soprattutto per i viticoltori di piccole e medie dimensioni largamente maggioritari all’interno delle basi sociali delle cantine cooperative.
Una risorsa che viene considerata erroneamente un problema
«Diventa quindi quanto mai offensivo per i viticoltori di vini generici, quindi non a denominazione di origine - sottolineano i presidenti di Confcooperative FedAgriPesca Emilia Romagna e Legacoop Agroalimentare Nord Italia -, venire strumentalizzati come un problema da risolvere con drastiche riduzioni delle rese ad ettaro, e non invece come una risorsa per il Paese. Tra l’altro, è incredibile non cogliere come la riduzione indiscriminata delle rese in Italia porterebbe solo ad una immediata invasione dei vini generici spagnoli, argentini, cileni e sudafricani».
Un punto d'equilibrio trascurato
Sul tema, le cooperative italiane del settore hanno ampiamente ragionato e discusso all’interno del coordinamento vino dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari, pensando di trovare un punto di equilibrio accettabile da tutti, incentrato sull’autonomia delle singole Amministrazioni regionali nel definire i territori in deroga e quindi con una resa massima fino a 400 quintali ad ettaro.
«Gli sviluppi degli ultimi mesi, con svariate versioni di Decreto Ministeriale che si sono nel tempo succedute e sconfessate - concludono Piccinini e Maretti - hanno fatto emergere con chiarezza come tali sforzi di mediazione del movimento cooperativo non siano bastati per coinvolgere positivamente l’intera filiera ed il Ministero delle Politiche Agricole. Abbiamo inoltre ricordato a tutti che questo processo di autoregolamentazione mal si addice con il perdurare dell’utilizzo in molti Paesi dell’UE (Germania, Francia, Paesi dell’Est) ed extra UE del saccarosio di barbabietola per l’aumento del grado alcolico».