«Il vigneto biologico italiano merita più attenzione».
L’Italia rappresenta 1/4 degli ettari vitati bio nel mondo, con un’estensione che nell’ultimo decennio è aumentata di oltre il 100%, «ma ancora non abbiamo una banca dati sul settore per osservare il fenomeno a partire dai suoi fondamentali, legati a produzione, confezionamento e vendita».
Lo sostiene con forza il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) e rappresentante dei consorzi italiani al Comitato vini presso il Mipaaf, Alberto Mazzoni.
«Impossibile monitorare e sostenere la crescita del vino bio»
«A oggi – aggiunge - i Consorzi italiani non sono in grado di monitorare i trend di un modello produttivo sempre più strategico, né di assecondarne l’evoluzione attraverso maggiori punteggi nei bandi europei, nazionali e regionali».
Le Marche, tra le regioni più bio in Europa in rapporto alla superficie vitata, hanno da poco siglato il Patto per il distretto biologico unico che, grazie alla partecipazione della Regione e di tutte le sigle del comparto, diventerà la più grande area europea attenta allo sviluppo di una pratica sostenibile e alla salute dei consumatori.
«All’assessore all’Agricoltura, Mirco Carloni – informa Mazzoni –, nell’assicurare piena adesione al progetto, chiediamo ora di fare da apripista in ambito nazionale anche in chiave di monitoraggio con una banca dati del vino biologico, la cui domanda è in fortissima ascesa in Nord Europa, negli Stati Uniti e in altri mercati strategici delle nostre produzioni, a partire dal Verdicchio».
Immediata è stata la risposta dell'assessore Carloni: clicca per leggerla
Un obiettivo comune a quello di Federbio
La proposta di Imt sembra ricalcare quella di FederBio, la federazione che unisce le organizzazioni operanti in tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica di rilevanza nazionale, che da alcuni anni cerca di promuovere lo sviluppo di una banca dati digitale nazionale del bio e che oggi, attraverso alcune partnership, promuove lo sviluppo e la gestione di piattaforme digitali per la tracciabilità delle filiere italiane del biologico.
Solo il 10% del vino bio viene venduto come tale
Un accordo tra queste entità potrebbe consentire una maggiore valorizzazione del settore. Oggi infatti, secondo l’analisi di Imt, maxi-consorzio marchigiano che tutela 16 dop regionali con 652 soci, su 100 produttori di uve bio appena una decina lo confezionano come biologico.
«Una sperequazione – testimonia Mazzoni - che svilisce il lavoro fatto nei campi e azzera un potenziale valore aggiunto di prodotti di alta qualità in grado di fare mercato».
I record delle Marche
Secondo Sinab, il sistema d’informazione del ministero delle Politiche agricole, la superficie nazionale del vigneto bio italiano è di 107 mila ettari, con un’incidenza di circa il 17% sul totale delle coltivazioni. Le Marche del vino hanno una fortissima identità green e occupano la terza posizione tra le regioni a maggior concentrazione bio in vigna (34% sul totale vigneto), dietro a Calabria e Basilicata.
Secondo una recente indagine svolta dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor sulle aziende vitivinicole del Belpaese, i vini biologici, assieme a quelli sostenibili, saranno quelli che cresceranno maggiormente nei consumi in Usa, Regno Unito, Germania, Giappone e Australia, ben più di altre tipologie considerate trendy (leggeri/da mixare, premium, strutturati, naturali, spumanti, rosè).