Rapporto Valoritalia: crescono gli spumanti, rallentano i rossi, le Docg e le Igt

Francesco Liantonio, Presidente di Valoritalia
Primi cinque mesi del 2025 imbottigliamenti -3,3%: l’analisi del comparto presentata a Roma nel Rapporto annuale Valoritalia. Liantonio: «Razionalizzare il sistema consortile e rendere più efficaci e operative le denominazioni»

Presentato recentemente a Roma, il rapporto annuale 2025 di Valoritalia, principale ente certificatore del vino italiano di qualità, fotografa l'anno 2024 del settore vitivinicolo italiano.

Nonostante una leggera contrazione degli imbottigliamenti (-0,46% rispetto al 2023), il livello complessivo di bottiglie immesse sul mercato è rimasto superiore alla media degli ultimi cinque anni, indicando un consolidamento dopo il boom del 2021. Ciò indica che il vino italiano si è stabilizzato a un livello quantitativo più elevato rispetto all’era pre-covid, dimostrando la resilienza delle imprese italiane in un mercato globale sostanzialmente stagnante o in calo.

Critica, invece, la struttura produttiva: frammentata e disomogenea. Numerose denominazioni sono molto piccole e con limitate capacità operative e finanziarie. Solo poche denominazioni di grandi dimensioni riescono a sostenere adeguatamente queste funzioni.

Male i rossi. Nel 2024, si è osservata una diminuzione consistente delle vendite di vini rossi (-6,8%), ad eccezione di Barolo e Brunello di Montalcino. I vini bianchi hanno perso circa il 5%, tranne il Pinot Grigio delle Venezie (+3%). Questo calo allarmante è stato “compensato” da una crescita degli spumanti del 5%, con sul podio Prosecco Doc (+7%), Asolo Prosecco Docg (+50%) e Alta Langa (+9,1%). Una tendenza indicativa di un cambiamento, che si sta ormai consolidando, nelle preferenze dei consumatori. Anche il segmento Docg continua un trend negativo, mentre i Doc crescono leggermente.

Denominazioni troppe piccole, manca massa critica

Il tema della variabilità della produzione in base alle dimensioni delle denominazioni è stato ampiamente dibattuto durante i lavori. Secondo l’indagine, il 40% delle denominazioni genera un fatturato inferiore a un milione di euro, mentre solo il 12% supera i 50 milioni di euro. Inoltre, le prime 20 denominazioni certificate da Valoritalia rappresentano l’86% dell’imbottigliato totale, e le prime 40 quasi il 95%. Le ultime 139 denominazioni certificate rappresentano appena 1,4%. La dimensione più grande delle denominazioni corrisponde a una maggiore stabilità e capacità di crescita sul mercato, mentre le denominazioni più piccole mostrano volumi molto volatili e a volte insignificanti.

Dal punto di vista qualitativo, le tre categorie principali (Igt, Doc e Docg) mostrano trend diversi: le Igt, che nel 2023 avevano messo a segno un vigoroso incremento del 16,5%, si sono contratte del 6,3% nel 2024; le Docg continuano un calo - per il terzo anno consecutivo - di volumi (-2,3%); mentre le Doc, che rappresentano il 58% del valore del vino certificato nel 2024 (pari a 5,35 miliardi), crescono del 2,7%, compensando quasi le perdite delle altre due categorie.

«Urge una riforma del sistema consortile»

«Il problema principale non è tanto il numero elevato di denominazioni – ha affermato il presidente di Valoritalia Francesco Liantonio – ma la necessità di mettere in atto una riforma (volontaria) del sistema consortile per renderlo più efficiente e coeso, con decisioni rapide e coraggiose, soprattutto in un momento di incertezza legata a possibili dazi americani». L’elevato numero di denominazioni, ha spiegato Liantonio, determina «una forza in termini di rappresentanza ma anche un limite strutturale se non si considerano con sufficiente attenzione gli aspetti organizzativi e dimensionali legati alla rappresentanza dei consorzi. Una limitata dimensione della denominazione comporta, implicitamente, un altrettanto limitata capacità operativa degli stessi che faticano a svolgere le funzioni fondamentali di tutela, promozione e valorizzazione. I consorzi hanno bisogno di struttura, questo chiedo alleanza alle Istituzioni».

Secondo Liantonio, questa riforma è urgente perché la minaccia dei dazi, sebbene non sia ancora concretizzata, ha già provocato incertezza e prudenza, con un calo degli imbottigliamenti del 3,3% nei primi cinque mesi del 2025.

Il direttore generale di Valoritalia, Giuseppe Liberatore, ha rimarcato la necessità di lavorare per favorire l’aggregazione delle denominazioni, sottolineando poi che, «nonostante il contesto internazionale complesso, 110 milioni di bottiglie in più immesse sul mercato rispetto al 2019 indicano un segno di competitività delle nostre imprese anche in momenti difficili come questo».

Mentre la direttrice operativa di Valoritalia, Giuseppina Amodio, ha sottolineato come i dati evidenzino «un progressivo riallineamento tra offerta e domanda, in cui la forza delle denominazioni non si gioca più soltanto sul valore storico, ma sulla capacità di intercettare dinamiche di consumo sempre più orientate alla versatilità».

Giuseppe Liberatore, Direttore generale di Valoritalia, e Giuseppina Amodio, Direttrice operativa

L’indagine Nomisma: Italia-Canada a confronto

In un mercato globalizzato in continua evoluzione, il valore della certificazione nel vino non è più soltanto una questione normativa, ma un pilastro strategico per la competitività delle imprese e la fiducia dei consumatori. È quanto emerge dallo studio di Wine Monitor (Nomisma) per Valoritalia, che ha indagato con un duplice sguardo, da un lato sul mondo produttivo italiano, con un campione di 147 imprese vitivinicole, e dall'altro su oltre 2000 consumatori, evidenziando le differenze e le analogie tra gli intervistati italiani e canadesi.

Secondo l’indagine, presentata da Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma, il 47% delle aziende italiane esportatrici negli States dichiara di aver messo già in atto strategie per diversificare i mercati extra-Ue individuando, tra i paesi più promettenti, Canada, Regno Unito e Giappone. Il mercato canadese si conferma strategico, con importazioni di vino italiano per 442 milioni di euro e una netta preferenza per le etichette italiane da parte del 51% dei consumatori locali.

L’indagine confronta inoltre i comportamenti d’acquisto - attuali e futuri - di consumatori italiani e canadesi: in Italia il principale driver di scelta è il territorio e la denominazione d’origine, mentre in Canada il brand della cantina, unitamente al prezzo, assume maggiore importanza.

I trend futuri

Tra le tendenze emergenti per i prossimi tre anni, spiccano l’interesse per vini sparkling e a bassa gradazione alcolica, condiviso da oltre il 65% degli intervistati in entrambi i Paesi. I consumatori canadesi mostrano inoltre una maggiore attenzione verso rosé e mixology (74% contro 56% degli italiani), nonché una sensibilità superiore alle bottiglie in vetro leggero e sostenibili (78% vs 65%).

Certificazioni green avanti tutta

Pantini ha quindi sottolineato l’importanza crescente delle certificazioni green per consumatori e imprese: l’81% degli italiani e il 74% dei canadesi le considerano un driver cruciale per la scelta del vino. Il 42% delle aziende italiane ha già implementato iniziative di sostenibilità (con il 26% certificato secondo standard green) che rappresentano il principale trend di successo futuro, più rilevante del biologico. Al contrario, i vini dealcolati riscontrano minor favore nel mercato nazionale.

I numeri della certificazione (2024)

  • € 9,2 miliardi: valore del vino certificato.
  • 18,7 milioni di ettolitri prodotti.
  • 88.779 operatori coinvolti.
  • 50.994 campioni analizzati, con una percentuale di conformità del 97,7%.
Rapporto Valoritalia: crescono gli spumanti, rallentano i rossi, le Docg e le Igt - Ultima modifica: 2025-06-26T07:22:18+02:00 da Redazione

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome