Vitigni resistenti nelle Doc, è opportuno un chiarimento

Miglioramento genetico della vite: impollinazione per l'ottenimento di una varietà resistente alle malattie fungine (foto F.Mach)
La legge annuale europea offre l’occasione per adeguare il Testo Unico del vino alla nuova Pac

Il Reg. Ue 2021/2017 (regolamento di base della nuova Pac) ha esteso anche ai vini Dop la possibilità, già esistente per gli Igp, di utilizzare varietà ottenute “da incroci tra Vitis vinifera e altre specie del genere Vitis”.

Si apre così la possibilità di modificare i disciplinari di produzione consentendo di utilizzare vitigni resistenti alle malattie fungine, un’opportunità per far fronte alle sfide derivanti dagli obiettivi di sostenibilità e dal cambiamento climatico.

Anteprima VVQ 1/2023

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Un nodo da sciogliere

Si pone, però, una questione di compatibilità tra la novità normativa e l’art. 33 comma 6 del Testo Unico del Vino (legge 238/2016), che dispone tuttora che “l’uso delle Do non è consentito per i vini ottenuti sia totalmente sia parzialmente da vitigni che derivino da ibridi interspecifici…”.

È da chiedersi, allora, se la nuova disciplina europea sia già applicabile oppure se sia necessario attendere che il legislatore italiano modifichi tale comma.

Per rispondere occorre premettere che la Politica europea comune (Pac) costituisce oggetto di competenza concorrente tra l’Unione e gli Stati Membri.

Per cui se l’Unione Europea interviene in una determinata materia sulla quale ha competenza, il legislatore nazionale ha il preciso compito di apportare tutte le “necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie” (Corte Costituzionale, sent. n. 389/1989).

Assumendo, dunque, che il Testo Unico sia oggi in contrasto con la normativa europea, il legislatore nazionale avrebbe il preciso dovere di porre rimedio a tale incompatibilità, abrogando esplicitamente la norma interna. Cosa accade, però, se il legislatore nazionale non provvede?

Poiché la norma in esame è stata adottata con la forma di regolamento non è necessario alcun recepimento interno e i diritti che ne derivano sono tutelabili non solo dinnanzi all’autorità giurisdizionale, ma anche dinanzi all’autorità amministrativa competente. Occorre tuttavia ricordare che, nello specifico settore enologico, trova applicazione l’art. 83, par. 2, del Reg Ue n. 1308/2013 (Ocm unica) che consente agli Stati Membri di “prevedere norme più restrittive per i vini prodotti sul loro territorio … al fine di rafforzare la preservazione delle caratteristiche essenziali dei vini dop o igp”.

Una norma obsoleta?

Ed è proprio qui il cuore del problema: potrebbe, infatti, dubitarsi che, nonostante la nuova disciplina europea, il Testo Unico continui ad applicarsi così com’è perché espressione della legittima volontà dello Stato nazionale di prevedere norme più restrittive per la protezione dei vini a denominazione d’origine.

L’art. 33, comma 6, però, è così formulato perché replica quanto prevedeva la normativa europea all’epoca della sua entrata in vigore e non perché vi fosse una volontà più restrittiva del legislatore italiano. Visto che la normativa europea è cambiata, dovrebbe quindi concludersi che la modifica operi direttamente anche in Italia, senza che sia necessaria alcuna esplicita abrogazione.

L’occasione della “legge europea”

Si deve riconoscere, però, che tale conclusione è frutto di un’interpretazione complessa e che, pertanto, la mancanza di un intervento legislativo idoneo a fugare ogni dubbio possa determinare una situazione di stallo. Lo strumento per ottenere un veloce e doveroso chiarimento può essere quindi quello di inserirlo nel disegno di legge annuale europea previsto dall’art. 29 della legge 234/2012, appositamente destinato all’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Ue.

È quindi auspicabile che la necessità di utilizzare questo strumento normativo venga recepita al più presto dai ministri competenti (e cioè il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro degli Affari Europei, di concerto con gli altri ministeri interessati, nel nostro caso il Masaf).

(Sintesi da Terra e Vita 2/2023)

Stefano Dindo


Stefano Dindo

L'autore è avvocato in Verona, socio dello studio Dindo, Zorzi e Associati. E’ attivo oltre che nel settore del diritto commerciale in quello agroalimentare e vitivinicolo.
Già presidente della Commissione di diritto agroalimentare e membro del consiglio di presidenza dell’Union Internationale des Avocats, è attualmente Presidente dell’Unione Giuristi della Vite e del Vino – UGIVI e membro del consiglio direttivo dell’Association Internationale des Juristes du Droit de la Vigne et du Vin – AIDV, nonché Membro Onorario della International Young Lawyers Association – AIJA.

Vitigni resistenti nelle Doc, è opportuno un chiarimento - Ultima modifica: 2023-01-11T14:01:26+01:00 da Lorenzo Tosi

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