Meno alcol e vitigni resistenti, prende corpo la riforma del vino europeo

Selezioni di varietà resistenti presso le screenhouse dei Vivai Cooperativi Rauscedo
Joao Onofre (Commissione Ue) apre agli ibridi anche nelle Doc ma non a quelli ottenibili con Genome editing. Sdoganata anche la dealcolazione per aprire nuovi mercati. Minimi aggiustamenti al meccanismo delle autorizzazioni d’impianto

Apertura ai vitigni resistenti anche nelle Doc, chiusura a genome editing e Nbt. È la posizione manifestata a Firenze da Joao Onofre Antes Goncalves, capo della Direzione Generale per l’Agricoltura Wine Spirits and Horticultural product della Commissione Europea. Il 28 gennaio presso la sede dei Georgofili il Forum Vitivinicolo nazionale organizzato da CIA-Agricoltori Italiani e dall’Accademia intendeva fare il punto sull’innovazione varietale, le nuove tecnologie di miglioramento genetico e le posizioni delle istituzioni (leggi qui per maggiori dettagli).

Il quadro che ne risulta è quello di un grande cambiamento in atto, uno dei tanti che la viticoltura ha affrontato nei secoli, ma con il freno a mano tirato riguardo all’innovazione delle biotecnologie di precisione (Crispr/Cas9 e cisgenesi).

Ibridi nelle doc (ma l’Italia non vuole)

Joao Onofre Antes Goncalves ( sinistra) assieme a Giorgio Dell'Orefice, moderatore dell'incontro ai Georgofili

Parlando delle proposte che la Commissione Europea metterà nei prossimi mesi sul piatto della nuova PAC e Ocm unica, Onofre ha infatti manifestato la possibilità, condivisa da parte degli Stati membri, di una maggiore libertà per l’uso degli ibridi anche nei vini a Denominazione di Origine (proposta di modifica al Reg 1308/2013 alla quale l’Italia insieme a Portogallo, Francia e Ungheria si sta opponendo), ma la stessa opportunità non viene data alle News Breeding Techniques.

«Il principale obiettivo – ha detto - della Commissione Europea nella PAC è di permettere l’utilizzazione degli ibridi ottenuti con i metodi tradizionali di miglioramento genetico anche nelle Doc, che rappresentano la produzione di punta dell’Unione europea. Nonostante ancora ci siano tante resistenze all’introduzione di queste varietà, la Commissione deve dare la possibilità agli Stati membri, alle DO e alla fine al singolo produttore di farlo».

Nbt? È «manipolazione genetica»

Riguardo alle tecniche accomunate agli ogm da parte di una recente sentenza della Corte Europa di Giustizia Onofre ha invocato invece un principio di inopportunità politica. «l passo successivo, quello di accettare le tecnologie di manipolazione genetica, secondo noi sarebbe politicamente irrealistico e non facilmente accettabile da parte dei consumatori, sia quelli europei sia quelli dei paesi terzi».

Alcol, anche no

Altra apertura manifestata da Onofre in un’intervista rilasciata a Giorgio Dell’Orefice de Il Sole 24 Ore è quella relativa ai vini dealcolati. Una tecnica che, attraverso procedimenti come l’osmosi inversa, porta a vini con minore contenuto alcolico se non del tutto alcol free.

«L’obiettivo è creare – ha riferito Onofre a Il Sole 24 Ore – nuovi segmenti di offerta che possano incontrare i gusti dei consumatori, in particolare giovani e al tempo stesso migliorare la reputazione del prodotto vino, troppo spesso equiparato addirittura ai superalcolici nei mercati del Nord Europa. Non vogliamo sostituire il vino come lo conosciamo da secoli con bevande senz’alcol, ma creare una nuova fetta di mercato».

“Contentino” sul plafond nazionale

Altri interventi, come quelli richiesti dal nostro Paese sul sistema delle autorizzazioni d’impianto, saranno affrontati con maggiore cautela. «Squadra che vince non si cambia: la riforma dell’Ocm del 2008 è stata un successo. Abbiamo cancellato aiuti improduttivi come quelli alla distillazione e agli arricchimenti, per puntare su ualità ed export, con le misure delle ristrutturazioni dei vigneti e la promozione del vino all’estero. Il risultato è stato che il fatturato internazionale del vino europeo è passato dai 2 miliardi di euro del 2008 ai 12 del 2018».

Un piccolo correttivo dovrebbe comunque essere concesso. Nel sistema delle autorizzazioni all’impianto, infatti, ogni anno i Paesi membri possono mettere a bando un plafond di nuove autorizzazioni pari all’1% dell’estensione del vigneto nazionale (plafond). Una regola che in Italia consente di distribuire a chi ne fa richiesta circa 6mila ettari all’anno di nuove licenze. Una dotazione di molto inferiore alle richieste, che ha anche innescato fenomeni come l’affitto sulla carta per trasferire quote verso denominazioni con maggiore mercato (Pinot Grigio e Prosecco). «Non vogliamo mettere in discussione ora questo meccanismo, che è provvisorio, ma introdurremo il correttivo di considerare come base di calcolo la superficie del 2015, primo anno di applicazione della misura, in modo da non tenere conto del calo di superfici registrato successivamente per abbandono o altro». Un contentino che non permette di coprire le richieste dei produttori veneti e friulani.

Meno alcol e vitigni resistenti, prende corpo la riforma del vino europeo - Ultima modifica: 2019-02-14T00:14:04+01:00 da Lorenzo Tosi

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