Dimmi che vino fai
e non saprò ancora chi sei.
Cartesio, il filosofo del cogito ergo sum, padre del razionalismo e pilastro del pensiero occidentale, fatica finora a entrare in cantina. L’enologia non è infatti una scienza esatta.
Anche quei pochi coraggiosi vigneron che non vinificano per seguire uno standard o una moda, ma per realizzare un preciso progetto produttivo devono fare i conti con l’inesplicabile enigma di vini che spesso risultano diversi rispetto al “piano”.
Talvolta migliori, per qualche insondabile motivo. Tanto da rafforzare la suggestione che il vino non sia opera dell’uomo, ma terreno dello “spirito” ed espressione del territorio o della “natura”.
Editoriale del numero 1/2021 di VVQ
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I rapporti di causa-effetto
Sarà vero? Forse, ma solo in parte: senza una precisa consapevolezza dei rapporti di causa-effetto sarebbe difficile produrre tutti gli anni i vini iconici che caratterizzano la produzione nazionale. E nuovi strumenti che consentissero di capire questo rapporto, aiuterebbero a inventarne di nuovi.
- Evidenza,
- analisi,
- sintesi,
- controllo.
Dei 4 precetti che sono alla base del metodo cartesiano quello più critico in cantina è infatti l’ultimo.
Un brodo primordiale
Il vino è come un brodo primordiale: una matrice liquida in cui nuotano decine di migliaia di diversi composti chimici organici e inorganici, molti ancora sconosciuti. La maggior parte di questi composti ha un ruolo decisivo sulla qualità del prodotto e la loro presenza dipende da numerosissimi fattori in vigneto e in cantina. Una complessità difficile da dominare.
L’enologia di precisione, un neologismo ricorrente sulle pagine di questa rivista, è così per ora in realtà solo un eufemismo, ma qualcosa sta cambiando.
Come una pesca a strascico
Cartesio può entrare in cantina grazie alla metabolomica, la più olistica delle scienze omiche. L’abbinamento di tecnologie evolute di laboratorio come gascromatografia e spettrometria di massa può infatti consentire lo studio sistematico di tutte le impronte chimiche.
Ovvero, in alcune condizioni (su alcuni “fondali”), realizzare qualcosa di molto simile ad una “pesca a strascico” che individua, in un preciso momento, tutti i preziosi ingredienti che compongono il nostro “brodo primordiale”, compresi quelli ignoti.
Una marea di informazioni che possono essere interpretate da strumenti digitali di calcolo e che possono arricchire Big Data condivisi.
In difesa dell'origine
Finora impiegati soprattutto a scopo “difensivo”: alcuni marker metabolici possono infatti definire con esattezza la carta d’identità di un vitigno, di un vino o addirittura di una denominazione, proteggendola da truffe e illeciti.
E in favore dell'originalità
Ora si passa all’attacco: dalla protezione dello status quo alla definizione di nuovi orizzonti enologici.
Alcuni esempi:
- una recente sperimentazione di Fondazione Mach, Università di Udine e di Trento e Hochscule Geisenheim University (Metabolite profiling of wines made from disease‑tolerant varieties, Silvia Ruocco et al, European Food Research and Technology) ha caratterizzato chimicamente i vini ottenuti da alcune varietà resistenti alle malattie fungine. Dimostrando che quelli che erano considerati i principali problemi di queste varietà in realtà non lo sono, e aprendo la possibilità di valorizzare le caratteristiche di questi vitigni anche per la produzione di vini di alta qualità.
- Una ricerca finanziata dal Mipaaf e condotta dai ricercatori del Crea-VE di Conegliano ha indagato sulle condizioni e le tecniche agronomiche in grado di esaltare la presenza nelle uve di composti ad elevato interesse salutistico come resveratrolo e altri stilbeni.
- Una collaborazione tra il gruppo di ricerca dell’Oenolab dell’Università di Bolzano e la cantina Franz Haas sta consentendo di battere al tappeto i vini giovani e a lunga maturazione, i mosti e le uve di Pinot Nero e Bianco che compongono i diversi vini della cantina.
Un’analisi che permette di collegare le migliori proprietà organolettiche alle caratteristiche dei cru o delle pratiche di cantina utilizzate. Una ricerca peculiare che applica per la prima volta la metabolomica a produzioni aziendali e non sperimentali e che può consentire al produttore di capire i parametri di vigneto e di cantina su cui fare leva per arrivare a produrre il suo vino ideale. E poter così affermare: Cogito ergo vinifico.