Si è svolto questa mattina on-line lo “storico” (50a edizione) focus di Regione del Veneto e Veneto Agricoltura sulle previsioni vendemmiali in Veneto, nel Nord Est, nelle principali regioni vitivinicole italiane, in Francia e Spagna.
Quest'anno l'Italia è davvero spaccata in due: da un lato, il Nord e parte del Centro, in particolare Toscana e Lazio, dove le piogge sono state sufficienti; dall'altro, il Sud, dove la crisi idrica è ormai conclamata. Questa situazione rappresenta una sfida seria per l'agricoltura italiana, perché se non affrontiamo adeguatamente questo problema, rischiamo di perdere gran parte della produzione agricola, soprattutto nel Meridione.”
Queste le prime parole di Nicola Dell'Acqua, Direttore di Veneto Agricoltura, che ha aperto il secondo appuntamento della cinquantesima edizione del Trittico vitivinicolo, organizzato da Regione del Veneto e Veneto Agricoltura con AVEPA, ARPAV, CREA-VE e UVIVE, dedicato alle previsioni della vendemmia in Veneto, nel restante Nord Est, nelle principali regioni vitivinicole italiane (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Sicilia), nonché in Francia e Spagna.
Necessaria maggiore pianificazione
“Dobbiamo partire da alcune considerazioni importanti: l'annata del 2022 è stata segnata da una siccità eccezionale, mentre nel 2023 abbiamo avuto una situazione opposta, con precipitazioni abbondanti. Nel mio ruolo di commissario nazionale, sto cercando di sviluppare previsioni stagionali che ci aiutino a pianificare meglio le annate agrarie. Anche le problematiche fitosanitarie hanno creato difficoltà, continuando a mettere sotto pressione il settore. Voglio ringraziare i numerosi enti che ci supportano costantemente, le altre regioni italiane, che hanno fornito dati preziosi e i tecnici esteri, come quelli di Francia e Spagna, che non mancano mai a questo importante momento. Naturalmente, un grande riconoscimento va ai rappresentanti delle cantine, che non ci vedono come fastidiosi burocrati, ma collaborano attivamente con noi, fornendoci dati fondamentali. Per concludere, voglio salutare l'assessore all’Agricoltura della Regione del Veneto Federico Caner, che quest'anno ha voluto supervisionare personalmente tutti i dati e discutere insieme a noi per capire quali fossero gli spunti più rilevanti da affrontare”.
Al Sud mancano infrastrutture irrigue
I dati previsionali quanti-qualitativi della vendemmia 2024 sono stati presentati questa mattina online agli operatori vitivinicoli.
“Sono davvero curioso di vedere come evolverà la situazione - ha esordito Riccardo Velasco, Direttore del CREA di Conegliano – vista la netta divisione meteorologica: da un lato, nel Centro-Nord abbiamo avuto un eccesso di piogge, che ha portato con sé il rischio di attacchi fungini, fortunatamente gestiti abbastanza bene grazie alla prevenzione. Tuttavia, il Sud Italia pagherà inevitabilmente il prezzo della forte siccità, con gravi perdite di produzione. Dal punto di vista qualitativo e quantitativo, ho la sensazione che la situazione sia migliorata rispetto allo scorso anno, ma siamo anche consapevoli del grande surplus presente in molte cantine, che potrebbe creare qualche problema per quanto riguarda i pagamenti delle uve, dato che i magazzini non si sono ancora svuotati del tutto. Guardando al 2024, mi aspetto una buona qualità delle uve, soprattutto nel Centro Italia, dove le piogge sono state abbondanti ma non eccessive. Il Nord, come sempre, se la caverà bene, mentre mi dispiace molto per le regioni del Sud, dove la mancanza di infrastrutture irrigue ha aggravato la situazione. Spero che, col tempo, queste aree imparino a creare invasi e a organizzarsi meglio per prevenire simili difficoltà in futuro.”
Al Nord le rese tengono
Diversamente dalle regioni del Sud Italia, dove alte temperature, scarsità di precipitazioni e lunghi periodi siccitosi hanno causato problemi di stress idrico alle colture, i fattori comuni che hanno caratterizzato praticamente ovunque, almeno nel Nord Italia, l’annata vitivinicola in corso sono stati le frequenti precipitazioni primaverili, che hanno favorito un maggior sviluppo di malattie fungine, in particolare peronospora e mal dell’esca, e le alte temperature estive dei mesi di luglio e agosto, con più o meno lunghi periodi di carenza idrica a seconda dei diversi areali produttivi, per un’annata che, come quella del 2023, viene considerata da più parti come “difficile” nella gestione del vigneto in campo, soprattutto per l’aumento di interventi necessari per contrastare le malattie fungine.
Focus sul Veneto
Tuttavia, laddove queste problematiche sono state affrontate con professionalità ed efficacia, le rese produttive non dovrebbero subire particolari variazioni e rimanere stabili o aumentare leggermente; al contrario, per gli impianti più giovani, non irrigati o condotti con metodo biologico, si prevedono riduzioni delle quantità raccolte anche consistenti. La qualità delle uve dovrebbe mantenersi su livelli buoni-ottimi, ma non eccellenti. Sono questi i principali elementi sottolineati da Patrick Marcuzzo del Crea VE di Conegliano nel suo intervento, per poi entrare nel dettaglio dei dati raccolti da un panel di tecnici e agronomi delle più importanti cantine e produttori del Veneto. “Nelle aziende che applicano la difesa integrata, i danni causati dalla peronospora sono stati nell’ordine del -5% di perdita quantitativa, mentre nelle aziende che applicano il metodo di coltivazione biologica tali perdite sono state superiori, per lo più comprese tra il -15/20%. Oltre alla maggior presenze di Peronospora e Oidio, superiore al 2023 anche l’incidenza di altre fitopatie come il Mal dell’esca, mentre la Botrite e la Flavescenza Dorata hanno avuto una diffusione meno significativa, ma ciò non toglie che non si debba continuare ad attuare tutte le indicazioni previste dagli uffici della Regione Veneto per il loro contrasto. La grandine ha colpito in maniera decisamente meno rilevante i diversi areali produttivi, con perdite della produzione inferiori al -5% per la maggior parte dei territori regionali”, ha affermato Marcuzzo.
Nel complesso, oltre a questi aspetti, in considerazione anche di un maggiore ingrossamento degli acini, nonostante una minor percentuale di allegagione, ci si attende una sostanziale stabilità o un leggero aumento di qualche punto percentuale delle rese produttive per la maggior parte delle varietà e delle province venete. E di conseguenza, considerando anche l’entrata in produzione di nuove superfici vitate, la produzione complessiva di uva raccolta in Veneto dovrebbe attestarsi tra 13,3 e 14,2 milioni di quintali, una variazione compresa tra +/-5% rispetto al 2023.
Il semaforo verde per la vendemmia è già avvenuto a partire dalla scorsa settimana, con un anticipo di 3-5 giorni rispetto alle consuete date per le cultivar più precoci (Pinot e Chardonnay per basi spumante), i cui grappoli sono già caduti o stanno cadendo in questi giorni nei cesti. Seguirà la vendemmia di tutte le altre varietà: la Glera (Prosecco) dovrebbe partire dal 10 settembre, Merlot dal 12, Corvina dal 18, Garganega dal 25, solo per citare alcuni tra i principali vitigni veneti.
Previsioni vendemmiali per il Triveneto
Vediamo, in estrema sintesi, quali sono le previsioni vendemmiali nel Triveneto, ricordando che il Report analitico è disponibile al seguente link, unitamente alle slide presentate nel corso dell’incontro e ai video riguardante la situazione pre-vendemmiale nelle principali regioni vitivinicole italiane, in Francia e Spagna.
Nella provincia di Belluno la produzione viene prevista sostanzialmente in linea con quella dello scorso anno (+2/3%), salvo nelle zone colpite da grandinate. A Padova e Rovigo invece le previsioni sono più contrastanti a seconda della varietà: ci si attende una produzione superiore del +5/10% rispetto al 2023 per Glera, Pinot e Chardonnay, un calo produttivo per Moscato e Raboso, mentre dovrebbe essere stabile il Merlot. Nella provincia di Treviso ci si attende un incremento della produzione di Glera (+20%) per l’entrata in produzione dei nuovi impianti giovani e invece una riduzione dei quantitativi dei vitigni a bacca rossa (0/-5%), più elevati per le varietà non Doc/Docg, e soprattutto per altre varietà di vitigni a bacca bianca (-15%).
A Venezia, condizioni climatiche più favorevoli rispetto al 2023, l’adozione di pratiche agronomiche migliorative fanno prevedere un aumento produttivo di circa il +3/+5% per le principali varietà e in misura più accentuata per la varietà Glera (+10%) in virtù in particolare dell’entrata in produzione di nuovi vigneti; stabile invece i quantitativi di Chardonnay.
Una maggior presenza di stress termici, eccessi idrici e stress funzionali porta a stimare riduzioni produttive nell’ordine del -10/15% per le principali varietà in provincia di Vicenza, sia per uve a bacca bianca (Glera, Garganega e Vespaiola) che nera (Merlot e Cabernet), mentre per le uve di Pinot Grigio è previsto un calo dei quantitativi più rilevante (-20/25%). Gli sbalzi termici di fine aprile hanno compromesso la produzione in molti vigneti di fondovalle e in diversi areali di pianura della provincia di Verona; le piogge primaverili e le problematiche fitosanitarie hanno inciso negativamente in misura maggiore per le varietà di uve a bacca bianca, per le quali si prevedono cali produttivi nell’ordine del -10/20%, mentre per le uve a bacca rossa le attese sono per una sostanziale stabilità delle rese di produzione.
Nel Nord Est, nelle due provincie autonome di Trento e Bolzano, ci si attende una minor produzione di circa il -10/15%, da un lato per le condizioni meteorologiche più sfavorevoli rispetto al 2023, una minor allegagione e un minor numero di acini e grappoli presenti, situazione solo in parte compensata dall’entrata in produzione di nuovi vigneti. Questi aspetti hanno invece inciso poco o per nulla sui risultati previsti nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dove anzi, in virtù di minori eventi grandigeni rispetto al 2023, la produzione è attesa in crescita del +10% in via cautelativa, nonostante la presenza di problematiche fitosanitarie (peronospora).