Finalmente è arrivato l’importante riconoscimento Unesco. Un attestato che premia gli sforzi della Regione Veneto e del comitato promotore, atteso dalle realtà economiche locali, non soltanto quelle operanti nel comparto vitivinicolo.
Si tratta in effetti di un’importante opportunità, in termini di immagine e di capacità attrattiva nelle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, che impatta sulle potenzialità turistiche dei territori così come sulle attività produttive locali.
La risorsa "networking"
«Alla base del successo - dichiara Luca Zaia, presidente della Regione Veneto – c'è stato il
lavoro di squadra fatto da rappresentanti istituzionali, esperti, produttori e abitanti. Contributi necessari, ma che da soli probabilmente non sarebbero stati sufficienti per raggiungere l’obiettivo Unesco. Sembra essere questa la formula di un nuovo modello di partecipazione e di sviluppo che, a partire da Expo Milano 2015, valorizza le strategie di networking per cercare di scoprire la formula dell’effetto-traino».
E per considerare il riconoscimento Unesco un punto di partenza e non di arrivo.
Punto di arrivo o di partenza?
Un interrogativo già posto in occasione dell’inserimento dei paesaggi viticoli delle Langhe, Roero e Monferrato tra i patrimoni Unesco. Un nodo strategico, considerando che certamente non basta un riconoscimento territoriale per incoraggiare un processo virtuoso di valorizzazione e di promozione del turismo e delle attività produttive locali.
Una domanda ideale alla quale Gian Marco Centinaio, ministro delle Politiche agricole, alimentari forestali e del turismo, ha già fornito risposta: «Questo riconoscimento è un punto di partenza per il futuro – ha detto Centinaio – adesso la sfida che ci attende è quella della conservazione dei caratteri specifici e tradizionali di questo splendido territorio quale Patrimonio da trasmettere alle future generazioni, a beneficio dell'intera Umanità».
Una riflessione che come detto tira in ballo le potenzialità della squadra, già dimostrate efficaci in fase di riconoscimento, come prezioso strumento anche per il futuro: e che, in termini generali, richiama la rete di relazioni tra partner, segmenti produttivi e punti di osservazione differenti, tutti stakeholder e attori locali che possono contribuire alla creazione di idee, progetti, azioni di partenariato e di sviluppo.
E tornando al caso dei paesaggi viticoli delle Langhe, Roero e Monferrato, il riconoscimento Unesco fu di partenza e non di arrivo: dopo oltre un triennio dal riconoscimento, si è registrata – dichiarò nell’occasione Roberto Cerrato, Direttore – Site Manager del sito Unesco (abbonati ed accedi all’edicola digitale per leggere l’articolo su VVQ 2018/2) – una costante crescita sostenibile, valutata in circa +12-15% all’anno di turismo di qualità da tutto il mondo per circa 3 giorni di permanenza nei luoghi della produzione viticola.
Non solo valore ma valori
Il vigneto non produce solo vino ma anche valore simbolico. Un elemento fondamentale per generare l’effetto-traino che utilizza gli elementi identitari e una nuova modalità di racconto per definire nuovi spazi di valorizzazione, non soltanto sotto il profilo economico. In altri termini, la capacità attrattiva di luoghi viticoli e rurali rientra tra i fattori della produzione cosicché, insieme agli elementi territoriali, ambientali ed umani, è potenzialmente in grado di produrre effetti economici diretti, non solo a beneficio alle imprese vitivinicole ma dell’intero sistema sociale e produttivo locale.
Si tratta di un approccio caratterizzato da un nuovo modello che mette al centro la sfera culturale e che comprende attività, beni così come servizi atipici rispetto al classico paradigma: in questo sistema il vino ed i paesaggi viticoli, così come il patrimonio agroalimentare Made in Italy, sono in grado di contribuire in maniera sostanziale al livello di reputazione e ad una nuova immagine di luoghi e territori.
Non solo "medaglie"
E, al di là del paesaggio delle Langhe, Roero e Monferrato, sono diversi i casi che testimoniano la valenza culturale del patrimonio viticolo: ad esempio, sempre tra i patrimoni Unesco, la pratica agricola della vite ad alberello di Pantelleria ed i muretti realizzati a secco che in Valtellina, sul versante retico, ospitano 850 ettari di vigneto. Così come, su piani meno formali ma comunque importanti in termini di immagine e di reputazione, il riconoscimento del Lago di Garda, terra di Chiaretto, Bardolino e dei bianchi Lugana e Custoza, segnalato dalla rivista statunitense Wine Enthusiast tra le prime dieci destinazioni vinicole di interesse.
Quali effetti?
Le colline trevigiane contribuiscono in maniera sostanziale, sia in termini di volumi che di fatturato, alla produzione vitivinicola a denominazione di origine e, anche dal punto di vista socio-economico, il comparto sostiene numerose imprese e addetti del settore.
Nonostante anche l’attuale (e considerevole) ruolo economico del sistema Conegliano e Valdobbiadene, sarà importante considerare e modellare strumenti certamente strategici per proseguire sulla strada – avviata con il riconoscimento dell’Unesco – della promozione dei paesaggi viticoli e dello sviluppo locale.
Un progetto nel quale l’elemento culturale è centrale nel sistema che caratterizza il vino ed i luoghi d’origine, tra storia, borghi e valori identitari che tra l’altro sono elementi indispensabili per il riconoscimento stesso dei vini Dop e Igp, come è noto strettamente legati ai loro territori viticoli.
In questo ambito, anche il recente decreto ministeriale 12 marzo 2019 che disciplina le attività enoturistiche sarà certamente utile per tracciare ed individuare strumenti e opportunità di promozione e di reddito.