La filiera agricola e agroalimentare italiana ha ancora enormi potenzialità da esprimere. Grazie alla grande qualità dei suoi prodotti, infatti, non ha nessuna paura della globalizzazione, ma ha bisogno di una politica moderna che sappia difenderla e promuoverla nei modi più adeguati. È la richiesta che arriva da tre operatori del settore agroalimentare ospiti del terzo incontro dell'edizione 2013 di Economia sotto l'ombrellone (foto), sabato 17 agosto, a Lignano Pineta: Claudio Bressanutti, direttore di Coldiretti Pordenone; Cristian Specogna, contitolare delle tenute vitivinicole Specogna e Toblar; Marco Tam, presidente di Greenway agricola, che ha costruito e gestisce la centrale a biogas di Bertiolo (Ud). Il prodotto agricolo e agroalimentare italiano, infatti, come spiegato dai tre relatori, è molto richiesto all'estero, ma soffre della concorrenza sleale di prodotti che imitano quelli italiani. Basti dire che il valore dei prodotti italian sounding o del dumping agroalimentare, venduti sui mercati esteri, ma non di origine italiana, è pari a 60 miliardi di euro annui, a fronte di un'esportazione complessiva di prodotti agroalimentari realmente italiani che ammonta a 20 miliardi annui. Si tratta di un enorme danno, non solo economico, ma anche di immagine, perché le produzioni agroalimentari italiane rispettano norme e discipline molto più stringenti di quelle seguite da chi all'estero le imita. Oltre alla politica di difesa, che deve partire in primis dalle norme sull'etichettatura di provenienza, e a quella di promozione dei prodotti italiani, che deve avere metodi e competenze adeguati, utili a creare identità territoriali riconosciute nel mondo e non disperdersi in mille rivoli, serve - secondo i relatori -anche un maggior controllo della filiera, che vada dal campo ai banchi dei supermercati. La quasi totale mancanza di catene di distribuzione in mani italiane e la crescente acquisizioni di aziende agroalimentari italiane da parte di grandi player stranieri sono, in questo senso, molto preoccupanti e fanno prevedere un futuro in cui l'Italia rischia di non avere più il controllo sul proprio settore agroalimentare. Per Specogna, imprenditore di soli 26 anni, "l'avvicinamento dei giovani all'agricoltura nasce sia da un bisogno di concretezza avvertita dopo anni di economia basata principalmente sulla speculazione finanziaria, sia dalla difficoltà nel trovare lavoro in altri settori; da qui la disponibilità anche ai lavori stagionali che fino a pochi anni fa erano terreno di conquista per la manodopera straniera. Sono comunque convinto – ha aggiunto – che nonostante le difficoltà poste da una burocrazia opprimente e dalle lentezze del sistema Italia, i giovani in futuro potranno trovare grandi soddisfazioni nell'agricoltura e aiutare l'Italia a recuperare un paesaggio rurale dignitoso e che si stava perdendo". Non poteva mancare nel dibattito il versante agriturismo con le sue derivazioni, cicloturismo, ippoturismo e turismo eno-gastronomico. I tre ospiti si sono detti concordi sul fatto che lo sviluppo turistico rappresenti un'enorme opportunità per il mondo agricolo e per l'Italia in generale, vista anche la difesa dell'ambiente che tali attività comportano. Comune, però, anche il rilievo sulla necessità di una strategia più attenta e di una programmazione maggiore nel coltivare le varie forme di turismo legate alla riscoperta del territorio rurale. Il turismo enogastronomico, ad esempio, attira in tutta Italia circa 4,5 milioni di turisti per un indotto di circa 5 miliardi di euro; numeri importanti, ma che sono nettamente inferiori ai sei milioni di turisti attratti dalla sola Napa Valley (California). E per liberare queste potenzialità ancora inespresse sono più che mai necessari un coordinamento generale, in collegamento anche con le località turistiche tradizionali, e politiche adeguate.
Il falso made in Italy sui mercati esteri vale 60 miliardi di euro
Agroalimentare, allarme concorrenza sleale
Se ne è parlato a Lignano Pineta