Qual è il ruolo dei portinnesti nell'adattamento del vigneto al cambiamento climatico? L'individuazione di portinnesti di più o meno recente selezione adatti alla viticoltura di oggi e di domani, fortemente condizionata da un contesto climatico molto diverso da quello del passato, è uno dei filoni di ricerca di cui si occupa il progetto di ricerca Resilvine, cofinanziato dall’operazione 1.2.01 “Gruppi Operativi PEI” del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Lombardia e che vede capofila l’Università di Milano.
Lo scorso 9 dicembre presso l'ERSAF Riccagioia (Torrazza Coste, PV) si è svolto uno dei due eventi conclusivi del progetto. Qui di seguito i sunti delle relazioni presentate e la registrazione dell'incontro, moderato da Costanza Fregoni, direttore responsabile di VVQ.
Portinnesti e qualità delle produzioni vitivinicole
Ancora oggi - ha sottolineato Lucio Brancadoro, Università di Milano - si tende a considerare il portinnesto semplicemente come un mezzo per combattere la fillossera o per adattare il vigneto a condizioni climatiche e di terreno limitanti, tralasciando l'effetto che esso ha sulla qualità delle produzioni vitivinicole. Invece la combinazione vitigno-portinnesto ha un ruolo di primaria importanza nel determinare la composizione delle uve e i parametri tecnologici del vino, come acidità e gradazione alcolica, ma anche caratteri più "fini" come contenuto in polifenoli ed estratto. Sono stati portati a esempio i risultati ottenuti con Sangiovese e Chardonnay innestati su portinnesti tradizionali e della serie M.
Winegraft: le aziende sostengono la ricerca
Con un contributo video, Marcello Lunelli - vice-presidente di Ferrari Lunelli e presidente di Winegraft, ha raccontato storia e finalità di questa realtà, che nasce nell’agosto del 2014 ad opera di un gruppo di primarie aziende vitivinicole di diverse regioni italiane - Ferrari, Zonin, Banfi Società Agricola, Armani Albino, Cantina Due Palme, Claudio Quarta Vignaiolo, Bertani Domains, Nettuno Castellare, Cantine Sette Soli - insieme a Fondazione di Venezia e Bioverde Trentino (azienda di supporto tecnico per la gestione del vigneto) con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo della innovativa ricerca portata avanti dall’Università di Milano, sotto il coordinamento del prof. Attilio Scienza, su una nuova generazione di portinnesti per la vite.
Con un capitale di circa mezzo milione di Euro e attraverso lo spin-off di IpadLab, società specializzata nel campo della fito-diagnostica leader a livello internazionale che avrà anche il compito di monitorare la sanità e la corrispondenza genetica delle barbatelle prodotte con questi portinnesti, Winegraft finanzia e rilancia il lavoro del gruppo di ricerca dell’Università di Milano che dagli anni ’80 sta lavorando sui nuovi portinnesti M. Si organizza, così, un innovativo sistema virtuoso di collaborazione tra università, aziende e mercato che permetterà alla ricerca di finanziarsi con i proventi derivanti dalla commercializzazione dei nuovi portainnesti affidata, in esclusiva mondiale, ai Vivai Cooperativi Rauscedo.
Portinnesti serie M: performance in vivaio, in campo e sul mercato
Oltre a descrivere le principali caratteristiche dei quattro portinnesti della serie M, nel suo intervento Davide Sordi, Vivai Cooperativi Rauscedo, ha illustrato i primi nove anni di esperienza di VCR con questi portinnesti, dal punto di vista vivaistico e commerciale. Nello specifico, ha approfondito il comportamento dei portinnesti M come impianti madre portinnesto e le relative rese in barbatellaio, sia su base annuale sia in confronto con portinnesti di largo utilizzo. Sono stati inoltre presentati i dati di distribuzione delle vendite degli ultimi nove anni e le previsioni di vendita delle prossime annate.
Combinazioni vitigno-portinnesto a confronto
La valutazione dell'influenza della combinazione d'innesto sulle performance vegeto-produttive e qualitative della vite in specifici ambienti rappresenta uno strumento fondamentale per supportare le decisioni dei viticoltori in fase di impianto. Da diversi anni, l'Università degli Studi di Milano conduce ricerche sistematiche in questo ambito, raccogliendo dati in vigneti sperimentali, all'interno dei quali lo stesso vitigno è stato innestato su diversi portinnesti. A raccontarlo è stato Davide Modina, del medesimo ateneo.
In Franciacorta i dati sono stati raccolti in quattro anni (2020 - 2024) in un vigneto ad Adro, su piante di Chardonnay innestate su 6 portinnesti diversi, sia tradizionali (1103P ed SO4), che di recente introduzione (M1, M2, M3 ed M4). I risultati evidenziano come il portinnesto abbia un'influenza statisticamente significativa su un'ampia gamma di parametri, sia qualitativi (zuccheri, acidità, pH), che vegeto-produttivi (produzione per pianta e legno di potatura). Non solo, differenze si trovano anche sul profilo aromatico e gustativo dei vini. Da questo punto di vista, particolarmente interessanti le performance di M4 in annate siccitose, capace di dare un vino con un profilo aromatico e gustativo (maggior struttura, sapidità ed acidità; intensità olfattiva superiore, aromi agrumati e di frutta bianca) che si distaccano nettamente dagli altri portinnesti.
In Piemonte invece, nel vigneto di La Morra (Cuneo) sono state analizzate le performance del vitigno Barbera innestato su 5 portinnesti (M1, M2, M3, M4 e K5BB) in un’annata particolarmente difficile per le condizioni metereologiche come la 2022, caratterizzata da alte temperature e scarse precipitazioni. In questo caso, alla vendemmia, si evidenziano differenze significative nei parametri vegeto-produttivi alla vendemmia, ma non in quelli della maturazione tecnologica. Tuttavia i portinnesti della serie M, e in particolare M4, sembrano garantire una migliore maturazione fenolica, associata a un maggiore contenuto di polifenoli e antociani nei vini. Differenze emergono anche nell’analisi sensoriale: M4 risulta il vino con una maggiore intensità di colore, più strutturato, con minore acidità percepita, e una superiore intensità olfattiva.
Nuovi portinnesti tolleranti agli stress abiotici: a che punto è la ricerca?
Come ha spiegato Davide Bianchi, Università di Milano, il portinnesto, strumento essenziale per la viticoltura moderna, è stato oggetto di miglioramento genetico fin dalla fine del XIX secolo per aumentare la tolleranza agli stress ambientali. Nel corso del XX secolo, l’attività di miglioramento genetico si è ridotta, portando oggi a contare su un numero ristretto di portinnesti disponibili, che presentano tra loro una ridotta diversità genetica.
Negli ultimi decenni, tuttavia, la crescente attenzione ai cambiamenti climatici ha riacceso l’interesse per l’innovazione nei portinnesti. Programmi di incrocio mirano ora a migliorare la tolleranza alla siccità e ad altri stress ambientali, portando al recente rilascio di nuovi genotipi, come M1, M2, M3, e M4. Tuttavia, ulteriori sforzi sono necessari per allargare la base genetica dei portinnesti e favorire l’adattamento alla grande variabilità degli ambienti di coltivazione della vite.
La selezione di nuovi portinnesti è un processo lungo e complesso che coinvolge la valutazione di numerosi caratteri desiderati, come la capacità di radicazione, la resistenza a stress abiotici e biotici, e l'affinità con i diversi vitigni. Il recente sviluppo di tecniche avanzate di phenotyping e la selezione assistita da marcatori genetici consentiranno di individuare precocemente i genotipi più promettenti e accelerare così i tempi richiesti per la costituzione dei futuri portinnesti.