Quali misure potrebbero essere di utilità per far fronte alle criticità attuali del settore secondo il mondo della cooperazione vitivinicola? Luca Rigotti, viticoltore di Mezzocorona è Presidente del Gruppo Mezzacorona e del Settore vino di Confcooperative, e in chiave europea è Presidente del gruppo vino del Copa-Cogeca. A lui abbiamo posto alcune domande sulle proposte della cooperazione europea per affrontare la crisi del settore. Rigotti ha partecipato recentemente al meeting di Bucarest del Copa Cogeca, proprio nelle settimane in cui si sta definendo il profilo della nuova Commissione Europea.
Quali sono le vostre della cooperazione vitivinicola, alla luce delle difficoltà che investono il settore?
Come cooperazione agricola europea, che rappresenta la maggior parte della produzione vitivinicola del continente, da tempo abbiamo avviato una riflessione approfondita per individuare delle misure da adottare per il futuro del vino. In questo senso dico subito che non ci può essere una sola risposta ma un mix di interventi che possano stimolare una ripresa del settore. Per questo prima è stata fatta un’analisi molto approfondita del contesto economico e sociale in cui il vino si trova a interagire, anche con l’aiuto di vari esperti. Questi anni sono stati molto difficili a livello globale, prima con il Covid e poi con l’esplosione di guerre e conflitti ovunque, che ancora oggi proseguono e che hanno innescato una spirale di abnorme aumento dei costi. Insieme a tali dinamiche, ci sono stati anche cambiamenti importanti nei gusti e nelle tendenze dei consumatori che abbiamo attentamente valutato e considerato, con una progressiva riduzione dei consumi di vini rossi a vantaggio soprattutto delle bollicine con una sostanziale tenuta dei vini bianchi. Queste analisi hanno indotto a una riflessione su come gestire al meglio il potenziale produttivo, in uno dei momenti più difficili per il mercato del vino europeo e globale, che come detto vede nella cooperazione vitivinicola europea il suo pilastro. Da questo percorso di studio sono nate delle proposte e ribadisco che la nostra indicazione è quella di attuare un mix di proposte operative. A livello italiano, abbiamo colto positivamente l’invito del Masaf e del ministro Francesco Lollobrigida per cercare di trovare dei percorsi virtuosi comuni, pur nella diversità delle sensibilità e delle diverse visioni presenti nel settore, in funzione di elaborare una posizione unitaria e coerente, in vista del secondo incontro in sede europea del Gruppo di alto livello. Innanzitutto, come cooperazione vitivinicola siamo favorevoli a un espianto temporaneo dei vigneti e ad un prolungamento della durata delle autorizzazioni al reimpianto. L’estirpo è una misura estrema in specifici contesti locali particolarmente difficili ma non va generalizzato, anche perché le situazioni produttive in Europa sono diverse da Paese a Paese; ad esempio, Spagna e Francia hanno chiesto l’estirpo, perché oggettivamente il problema della giacenza di vini rossi, specie in alcune zone di quegli Stati, è particolarmente rilevante, ma l’estirpo dei vigneti è una misura estrema, di emergenza per territori in sofferenza e, ribadisco, temporanea.
Quali le vostre proposte operative?
Siamo convinti invece che a lungo termine la ripresa del settore sia legata a misure ad hoc studiate per gestire i cambiamenti del mercato e dei gusti dei consumatori che stiamo attualmente vivendo. Bisogna concedere ai produttori il tempo necessario per riprendersi da un momento difficile e fare le scelte giuste per il loro futuro, tenendo conto delle opportunità di mercato. Sarebbe pertanto di grande beneficio per i viticoltori un adeguamento del sistema delle autorizzazioni al reimpianto: proponiamo di estendere la validità delle autorizzazioni al reimpianto da 3 a 8 anni, perché questa misura favorirebbe un periodo di riposo più lungo del terreno, così si garantirebbero dei benefici ecologico-ambientali al vigneto e sarebbe pertanto consentito ai viticoltori di avere più tempo per valutare al meglio le evoluzioni del mercato e reimpiantare le varietà giuste al momento giusto. Queste autorizzazioni sono già nel portafoglio del produttore e, pertanto, non influirebbero sul potenziale viticolo nazionale».
Quali iniziative ulteriori proponete per dare risposte efficaci al settore?
In questi anni ha funzionato molto bene tramite l’Ocm vino la promozione sui mercati extraeuropei, con l’obiettivo di rafforzare la presenza dei vini del Continente in tutto il mondo e anche il vino italiano ne ha tratto grandi benefici, ma c'è ancora molto lavoro da fare in questo ambito. Il vino è una porta d'accesso per i prodotti europei in molti mercati internazionali. Ci sono ancora Paesi che sono sottodimensionati come potenzialità di vendita del vino, penso al Sudamerica, all’Africa e all’India, che dobbiamo presidiare in futuro. Un passaggio importante sarebbe quello della promozione sul mercato interno, legato alla promozione europea delle Indicazioni Geografiche: abbiamo oltre 1.600 denominazioni protette di vino a livello europeo, un patrimonio eccezionale e da valorizzare di più. Un aiuto al dinamismo del mercato del vino potrebbe arrivare quindi dalla estensione al mercato interno di importanti campagne promozionali per fare conoscere e far riapprezzare di più il vino nell’Europa di oggi.
Quali le sfide più importanti che attendono i produttori?
Ci sono sfide impegnative, legate al valore della sostenibilità, con risultati importanti da parte dei nostri viticoltori da fare conoscere sempre di più ai consumatori, alla crescita dei vini low-alcohol e dealcolati, che deve essere incentivata con più determinazione da parte del settore. E ancora va rivisto alla base il discorso assicurazioni, considerato il tema dei cambiamenti climatici così dirompente, dato che sono ancora pochi i viticoltori che si assicurano con costi sempre più elevati. E’ necessario per questo fare un ragionamento approfondito su questo tema. Un’altra richiesta alla Ue è quella che lo Stato membro possa trattenere le dotazioni finanziarie dedicate al settore che non sono state impiegate, per poter costituire dei fondi di crisi a disposizione dello Stato membro a vantaggio del settore stesso.