L’arte di catalizzare

Aspergillus niger, fungo utilizzato per la produzione di enzimi enoloici
Capaci di velocizzare reazioni biochimiche fondamentali nel processo di vinificazione, gli enzimi sono strumenti indispensabili in un mondo in cui il tempo è più che mai prezioso

Gli enzimi sono etero-proteine che svolgono il ruolo di catalizzatori, ovvero accelerano le reazioni chimiche. Nell’uva sono solitamente scarsi nel succo e abbondanti nelle parti solide. Nella filiera enologica sono impiegati come catalizzatori biologici, in grado di velocizzare reazioni biochimiche che avvengono durante il processo di vinificazione. Queste reazioni avverrebbero comunque, ma decisamente più lentamente, rendendo il processo di produzione del vino meno efficiente ed esponendo il prodotto al rischio di alterazioni, chimiche o microbiologiche.

Vecchi e nuovi ruoli per gli enzimi enologici

Oggi gli enzimi enologici trovano impiego non più solo nella chiarifica dei mosti, applicazione originaria per questa classe di composti, ma anche nelle fasi prefermentative, come macerazione e flottazione, e in quelle post-fermentative, per ottimizzare l’estrazione aromatica e del colore, la stabilizzazione, l’affinamento e la filtrazione. L’offerta è ampia: diversi formulati di enzimi pectolitici e beta-glucanasi per soddisfare le specifiche esigenze di ogni vinificazione, in bianco, in rosso o in rosato.

Per essere di buona qualità, i preparati enzimatici dovrebbero evitare reazioni indesiderate dovute alla presenza di enzimi diversi da quelli per i quali il prodotto è stato acquistato. Ad esempio, un’elevata purezza e selettività dovrà garantire l’efficienza di pectinasi e beta-glucanasi, annullando l’attività cinnamil-esterasica, che porta alla formazione dei precursori dei fenoli volatili, e antocianasica, che può causare la degradazione degli antociani.

L’impiego di preparati enzimatici può ottimizzare diverse fasi di vinificazione. In primo luogo la chiarifica, dove l’uso di enzimi consente di ridurre il tempo di sfecciatura, così come la quantità di fecce, facilitando l’inoculo dei lieviti e la rimozione dei flocculi. Nella vinificazione in bianco l’impiego di enzimi durante le fasi prefermentative facilita le operazioni di pressatura e chiarifica, ottenendo maggiore resa di un mosto meno torbido, dunque di maggiore qualità, più ricco in precursori aromatici. Gli enzimi enologici giocano un ruolo importante anche nella vinificazione in rosso, per ottimizzare l’estrazione di polifenoli, antociani e tannini. In post-fermentazione l’utilizzo di enzimi enologici consente una migliore separazione delle fecce grossolane, ottimizzando dunque l’affinamento sulle fecce fini e, infine, ottimizza il processo di filtrazione.

Le possibili origini

In un’ottica di filiera produttiva, sarebbe ideale impiegare enzimi di origine uvica. Purtroppo, l'azione degli enzimi idrolitici che provengono dalla vite è spesso limitata a causa del basso pH del mosto che ne riduce significativamente l’efficacia, considerando anche la breve durata dei trattamenti prefermentativi. L’uso di preparati ottenuti a partire da diverse specie fungine - Aspergillus, Rhizopus e Trichoderma in particolare - è dunque autorizzato in numerosi Paesi fin dalla pigiatura, per aumentare l'estrazione del succo, e sul vino finito, per migliorarne la filtrabilità. I medesimi preparati enzimatici rispondono poi alle esigenze degli enologi in tutte le possibili applicazioni degli enzimi. Si possono utilizzare allo scopo di migliorare l'estrazione del colore nella vinificazione in rosso o la qualità dei mosti, intesa come limpidezza, attitudine alla fermentazione e purezza aromatica, nella vinificazione in bianco.

Cosa è ammesso e cosa no

L’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (Oiv) autorizza l’impiego di miscele di preparati enzimatici, derivati da differenti ceppi fungini, qualora si cercassero sinergie tra varie attività enzimatiche quali pectinasi, cellulasi ed emicellulasi. I preparati enzimatici di impiego enologico possono contenere dunque uno o più principi attivi, oltre a coadiuvanti, diluenti, conservanti, antiossidanti e altre sostanze compatibili con le pratiche enologiche autorizzate dall’Oiv e conformi alle normative locali.

Le fonti degli enzimi non devono essere microrganismi patogeni, capaci di produrre molecole tossiche per l’uomo o per i microrganismi di interesse enologico e geneticamente stabili. Il preparato enzimatico deve poi essere purificato da ogni residuo di lavorazione quale, ad esempio, il brodo di coltura nel quale i microrganismi sono stati moltiplicati. Sono, invece, ammessi conservanti quali il cloruro di potassio che è aggiunto al concentrato enzimatico liquido o solido durante la produzione al fine di impedire lo sviluppo di microrganismi durante le diverse operazioni di formulazione del prodotto.

Il futuro degli enzimi enologici

Gli enzimi enologici trovano già numerose applicazioni, come abbiamo visto, ma vi sono studi in atto anche per adattare questi importanti strumenti tecnici alle ultime tendenze in fatto di trattamenti fisici dell’uva. L’interazione tra pratiche enologiche ed enzimi sarà certamente uno dei maggiori campi di sviluppo nei prossimi anni, visto anche che questi composti sono già autorizzati dall’Oiv, facilitando dunque la loro applicazione.

Ad esempio, recenti studi si sono focalizzati sull’osservazione degli effetti ottenuti dalla combinazione di ultrasuoni ad alta potenza ed enzimi pectolitici durante la macerazione, con l’obiettivo di verificare se questa azione combinata, applicata al momento della pigiatura, avesse un effetto sinergico sul contenuto di polisaccaridi nei vini rossi, rispetto ai vini rossi realizzati con le tecniche applicate separatamente. Il trattamento con ultrasuoni ha mostrato un effetto maggiore rispetto agli enzimi enologici quando utilizzati da soli, soprattutto quando sono state lavorate le uve più mature. Un'altra conclusione che è ne è stata tratta è che il trattamento combinato, indipendentemente dall'ordine di aggiunta degli enzimi, non ha migliorato il rilascio di polisaccaridi dell'uva nel vino.

Sintesi di articolo tratto da VVQ 5/2024 - Leggi l'articolo completo

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L’arte di catalizzare - Ultima modifica: 2024-07-04T21:36:41+02:00 da Redazione

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