Le aree di eccellenza vitivinicola in Italia (qui siamo in Trentino) si sono sviluppate in zone pedecollinari protette. Le aree di eccellenza vitivinicola in Italia hanno una prerogativa: quella di essersi sviluppate storicamente in zone pedecollinari protette, caratterizzate da disponibilità idriche, assenza di eccessi termici, esposizioni a sud, protezione dai venti di bora e tramontana, da est e da nord, minor pressione parassitaria.
Dal passato a oggi
Dunque, se in epoca romana le aree di maggior insediamento umano e di urbanizzazione coincisero con le zone di produzione di vini nominati dagli scrittori classici, quali Virgilio nelle Georgiche (29 a.C), Strabone nella Geografia (64 a.C), Catullo, Plinio ed altri, nei due millenni successivi ‒ nonostante il ribollire storico e il rimescolamento di culture ‒ la viticoltura ha mantenuto salde radici negli stessi territori della prima colonizzazione. Ciò risulta evidente per esempio per la provincia di Verona: confrontando le zone vitate del Medioevo con quelle del 2010, rilevate dal Censimento, si nota una sovrapponibilità sorprendente.
.L’orografia è l’altro elemento determinante il macro e microclima favorevole alla coltura. È evidente che per il Nord Italia il sistema montagnoso è protezione naturale dai venti freddi invernali, prevalentemente orientati da nord e da est. Lo stesso sistema alpino origina brezze quotidiane montagna-pianura, ventilazione che da un lato ostacola gli inoculi fungini e dall’altro origina escursione termiche giorno-notte favorevoli alla maturazione terpenica delle uve. Per le zone vitate dell’Italia centrale vale lo stesso schema, con la variante dell’area protetta dei principali vini di eccellenza: Toscana nord-sud-est-ovest, mentre per le Marche e l’Abruzzo i sistemi orografici sono di protezione a nord ed a ovest, essendo la parte orientale delle aree viticole calmierata dall’influenza marina. Speculare è il sistema laziale, a sua volta protetto a nord e a est.
Il patrimonio varietale identitario
La viticoltura, che fino agli anni Settanta del secolo scorso significava in Italia soprattutto sistema promiscuo (per 1.138.000 ettari, contro i 702.000 ettari specializzati), negli anni Ottanta si è decisamente spostata verso il sistema specializzato (1.098.000 ettari), per tornare oggi a 632.000 ettari, per lo più collocati nelle zone che hanno visto, per prime, svilupparsi la viticoltura. In queste stesse zone si sono insediati o selezionati vitigni adattati ai particolari meso e microclimi, che oggi si ritengono a ragione identitari dei singoli terroir. Così, la zona di Soave significa Garganega; Valpolicella e Bardolino significano Corvina, Corvinone e Rondinella; Valdobbiadene - Conegliano e Prosecco: Glera; Chianti, Brunello di Montalcino e Nobile significano Sangiovese… e così via. I mutati stili di vita non giustificano l’introduzione di vitigni alloctoni, essendosi dimostrati gli autoctoni ‒ oltre che rispondenti al medio ambiente e alle gastronomie locali ‒ estremamente plastici. Le cosiddette zonazioni, in pratica, fotografano l’esistente, frutto di secolari adattamenti, anche in considerazione del vincolo legato alla proprietà fondiaria. Gli stessi viticoltori ereditano di generazione in generazione le sfumature di ciascun territorio: le tecniche per meglio esprimere le proprie varietà e la conoscenza storica delle variabili climatiche.
Distretti, brand e vantaggi competitivi
A oggi, il nord Italia e la Toscana concentrano la quasi totalità delle produzioni a denominazione di origine (73%). Il mercato premia i brand legati ai valori di territorio. La costanza di qualità e quantità dei vini prodotti, espressione di terroir consolidati e stabili nelle differenti annate, si possono rilevare nei grafici riportati, ove Toscana e Piemonte, con produzioni di eccellenza, esprimono fatturati dei rispettivi sistemi vitivinicoli costantemente elevati nelle differenti annate. Questo grazie a produzioni viticole stabili e a sistemi enologici capitalizzati. Analogo comportamento riguarda le regioni Friuli, Lombardia e Trentino Alto Adige, parimenti espressioni di eccellenze vitivinicole. Grafico - Territori e vantaggio competitivo
L’innovazione nella gestione e nelle tecniche colturali
La viticoltura italiana è fortemente parcellizzata, con proprietà media di 1,60 ettari e raramente fonte primaria di reddito per l’azienda, quindi molta è a part-time. Il cambio generazionale obbliga la viticoltura a ricomporre i fattori produttivi, sostituendo i fattori umani essenzialmente con la meccanizzazione o utilizzando il contoterzismo. Il sistema vitivinicolo si avvale di consolidata struttura cooperativa di trasformazione e a volte di commercializzazione, riportando parte dei valori aggiunti ai viticoltori. È in atto un collegamento con il turismo enoico, ulteriore supporto e consolidamento dei distretti viticoli.
Alcuni parametri economici
Il sistema vitivinicolo italiano ha fatturato nel 2012 quasi 9 miliardi di Euro, di cui 4,5 miliardi di Euro grazie all’export. Il 53,9% del fatturato globale riguarda 107 società di capitali, siano esse private o cooperative, in cui l’indice di incidenza del reddito netto è pari al 5,6% sul fatturato e al 91,8% sul capitale investito, a conferma della notevole capitalizzazione del sistema, che esprime investimento di lungo periodo. Detto sistema agroindustriale è fortemente orientato all’export, in particolare nelle aree a Dop: Veneto per il 56,5%, Toscana per il 62,7% e Piemonte per il 53,8% sui volumi delle principali società vinicole, sistema agroindustriale perfettamente sovrapponibile alle aree di protezione. Per contro, sistemi orientati a produrre commodity, quali la Sicilia, hanno una componente export inferiore (24,4% sul venduto). I sistemi vitivinicoli virtuosi si riflettono nei valori fondiari. Nei distretti viticoli di nord Italia e Toscana essi sono superiori ai 100.000 Euro/Ha, a dimostrazione di brand e goodwill consolidati; per contro al centro i valori si situano attorno ai 50.000 Euro/Ha e al sud sono inferiori a 30.000 Euro/Ha (INEA, 2010).
Meno input, più output
L’analisi qui presentata consente di concludere che la storia, il succedersi delle generazioni e il consolidamento delle conoscenze hanno localizzato i vigneti in aree dove la loro coltivazione è adatta e, quindi, ad alto grado di sostenibilità, richiedendo minori input (minori apporti per la difesa, minor consumo di fitofarmaci, minori concimazioni, un bilancio idrico contenuto in termini energetici e minor inquinamento)e offrendo in cambio come output maggiori ricavi e valori di territorio. [box title= "Il distretto vitienologico" color= "#c00"] Il distretto industriale viene definito come “… un particolare raggruppamento di imprese specializzate in un complesso processo produttivo e strettamente legate al sistema delle relazioni sociali, istituzionali e ambientali instaurate, sedimentate e strutturate, nel tempo e nello spazio, tra gli attori presenti sul territorio e il territorio stesso” (Zucchetti S., 2002). Per quanto riguarda il settore vitienologico, il distretto comporta una plusvalenza economica grazie a valori commerciali e d’immagine consolidati nel tempo; ugualmente esso è visto come un sistema di tradizioni e di legame col territorio che assume valenza di marketing.[/box] [box title= "Cos'è il goodwill" color= "#c00"] Sta a significare l’immagine positiva di un’azienda costruita attraverso un lungo periodo di corretta gestione, caratterizzata da forniture di prodotti o servizi qualitativamente elevati ai propri clienti. Viene iscritto in stato patrimoniale tra le immobilizzazioni. Ad esempio nel bilancio della multinazionale Constellation Brands – settore vini, questa voce incide per il 31.5% sul valore patrimoniale.[/box] Articolo a firma di: Maurizio Boselli - Dip.to di Biotecnologie - Università di Verona Gianfranco Tempesta, Monica Fiorilo - Vivaio Enotria (Vedelago, TV) Approfondimenti a cura degli Autori PER APPROFONDIRE
L'excursus storico
La viticoltura ha accompagnato la storia dell’Umanità dai tempi remoti. Il monte Ararat ha visto il suo prodotto finale, il vino, nella libagione di Noè al termine di un’epoca certamente difficile. È l’evento che simboleggia l’avvenuta domesticazione della vite il cui processo di trasformazione dell’uva in vino accompagna le Civiltà e si ritrova nelle tracce archeologiche. Senza entrare in questi dettagli però si può affermare che la storia del vino ha accompagnato le vicissitudini della storia umana (Cavalli Sforza L., Cavalli Sforza F., 1993). Tappe fondamentali per l’evoluzione del mondo vitivinicolo così come lo conosciamo oggi, si collegano alla storia della Mezza Luna Fertile, dei Fenici e delle loro colonie cartaginesi, della Grecia e le sue colonie nella Magna Grecia, degli Etruschi, dei Latini e della Civiltà di Roma. Il vino è, dapprima, bevanda di un mondo rituale sorgente della magia degli Dei che più tardi si diffonde e “converte” attraverso le rotte commerciali del Mediterraneo mentre il sussurro asiatico della Mezza Luna Fertile, dove ha mosso i primi passi, si va attenuando. Roma, una delle civilizzazioni di maggior forza e condizionamento della storia, ostenta il titolo di maggior diffusore della vite e del vino in quanto gli accompagna nell’espansione dell’Impero allargando le proprie frontiera in tutte le direzioni della Rosa dei Venti. La sacralità che viene attribuita a questo elisir non si limita agli Dei quali, Fulfluns etrusco, Dioniso greco e il Bacco romano, ma continua l’eredità sacro-profana nella religione cristiana, con la simbologia rituale del vino sangue di Cristo, che si annida nell’inconscio collettivo e costituisce il motore di una nuova conquista universale nel suo nome. Nel Sacro Romano Impero sono le classi dominanti, nobili ed ecclesiasti, che brindano ai successi imperiali con trionfi di calici. I monaci, nuovi emissari di questa religione, non solo conservano i vitigni selezionandoli per il loro potenziale enologico ma sono fonte di ulteriore espansione del vino come simbolo divino nei rituali ecclesiastici. In un’Europa in rapida evoluzione, caratterizzata da sommovimenti di popoli e continue guerre, i monasteri diventano spazi neutrali, isole felici per la coltivazione di una pianta, quale la vite, che necessita di cure e attenzioni durante tutta la sua crescita. salvandola così dall’imbarbarimento delle popolazioni europee. La scoperta dell’America porta nel Nuovo Continente non solo “conquistadores” di territori ma un ben organizzato corpo ecclesiastico per l’indottrinamento degli abitanti del Nuovo Mondo, con sarmenti nel baule per ricreare in questi nuovi luoghi i propri rituali sacri legati anche al vino. I riformatori, quali Lutero, Calvino, Zuinglio e altri, danno un nuovo stigma al concetto del vino con la distruzione iconoclasta della sua sacralità trascinandolo in una concezione puramente mercantilistica non più un simbolo legato alla ritualità religiosa ma una concezione di bevanda che entra nei canali commerciali.
Bibliografia
Boselli M., Tempesta G., Fiorilo M., 2011. L’architettura del vigneto. L’arcano conservatore della storia del territorio. 34rd World Congress of Vine and Wine. Porto, Portogallo, 20-27 June. Cavalli Sforza L., Cavalli Sforza F., 1993. Chi siamo. La storia della diversità umana. Mondadori Ed., Milano. INEA, 2012. Esempi di valori fondiari e canoni di affitto 2010. Maroso G., Varanini G.M., 1984. Vite e vino nel Medioevo da fonti veronesi e venete. Ed. Centro di documentazione per la storia della Valpolicella, Verona. Tempesta G., Fiorilo M., Boselli M., 2008. Vitigni autoctoni e di antica coltivazione come marcatori della tipicità ed identità del territorio. 31° Congresso Mondiale della Vigna e del Vino, 15-20 giugno. Verona. Tempesta G., Fiorilo M., Begalli D., Boselli M., 2007. Sistema Vitivicolo italiano come modello evolutivo. XXXth World Congress of Vine and Wine. Budapest, 10-16 june. http://www.oiv2007.hu/documents/law_economics/317_sistema_vitivinicolo_italiano_come_ modello_evolutivo.pdf