Luca Giavi “Che il vigneto Italia stia scivolando a valle è un dato di fatto, che questo abbia luogo in ambienti inediti è tutto da dimostrare! Per quanto riguarda il Prosecco Doc, la maggior parte dei vigneti di Glera atti alla produzione dell’omonima denominazione insistono in territori destinati alla viticoltura fin dal secolo scorso. Ciò, pertanto, non toglie pathos alla narrazione di una denominazione che vede nel legame tra prodotto e territorio un binomio inscindibile ancorché espresso, al pari di altre celeberrime denominazioni francesi, in una regione piuttosto ampia. La qualità, da questo punto di vista, non è garantita dall’eroicità dei vigneti: anche in questo caso la Francia ne è un esempio evidente. Quello che determina un vino di qualità – che trova nel territorio e negli elementi che lo caratterizzano (terreno e clima in primis) i presupposti essenziali – sono un’attenzione e una cura che si esprime dal vigneto alla bottiglia. La creazione di denominazioni di dimensioni europee, un tempo invidiate ai cugini d’oltralpe, è divenuta oggi motivo di discussione nei salotti buoni dove italiani benpensanti, tra una lamentela sulla svendita dell’agroalimentare Made in Italy e l’altra, credono ancora nel piccolo è bello. Oggi, il nostro sistema vitivinicolo e più in generale quello agroalimentare hanno bisogno di abbandonare i campanili e guardare a un sistema dove la Cinquecento (Fiat), la Levante (Maserati) e la F12 (Ferrari) non competono tra di loro e dove l’una non è necessariamente meglio dell’altra ma esse sono essenzialmente diverse. Ed è nella diversità che sta la ricchezza del nostro Paese, che una volta tanto dovrebbe capire che la qualità non risiede nel prezzo, in una sigla o in un aggettivo e che far divertire non vuol dire non essere seri!”.
Luca Giavi, direttore del Consorzio di tutela della Doc Prosecco
Commento a Editoriale VVQ 1, Gennaio 2017