“Il clima estremo impatta dove la viticoltura non è di casa”

Ad affermarlo è Angiolino Maule, presidente di VinNatur. Adattabilità, intelligenza e continua formazione le chiavi per affrontare al meglio le sempre più frequenti situazioni di emergenza

Secondo Angiolino Maule, Presidente di VinNatur – Associazione Viticoltori Naturali, sono le zone vocate alla viticoltura quelle che possono reggere meglio il cambiamento climatico. I fenomeni meteorologici sempre più estremi non aiutano i vignaioli a lavorare in serenità e proprio per questo bisognerà abituarsi ad affrontare queste situazioni con intelligenza e con la consapevolezza che tali estremizzazioni hanno un impatto negativo minore nelle zone storiche per la viticoltura, dove l’adattamento dei vitigni autoctoni è più radicato. Al contrario, la coltivazione della vite “importata” in zone meno vocate sta soffrendo maggiormente.

L'importanza delle zone vocate alla viticoltura

“I vignaioli e le diverse Doc dovrebbero cominciare ad adeguarsi a questa nuova normalità – spiega Maule. – Questa situazione implica sfide significative ma anche opportunità, che richiedono un ragionamento profondo e un rinnovato approccio da parte dei produttori. Bisogna comunque distinguere realtà come la Sicilia, dove assistiamo a una siccità mai vista, o l’Alsazia, dove oggi è consentito piantare Chenin blanc e Vermentino nella denominazione, e regioni come il Veneto, dove ormai ci sono troppi vigneti in pianura e sempre meno in collina”.

La riflessione nasce dal fatto che, tracciando una panoramica delle differenti situazioni lungo la Penisola, esse appaiono molto diverse. A nord-ovest la piovosità dei mesi primaverili – pari a 1500 mm, un valore doppio rispetto alla media – ha messo alla prova i vignaioli associati, con consistenti perdite dovute alla peronospora, mentre al centro-sud le temperature elevate e la siccità stanno influenzando in modo pesante la raccolta delle uve già iniziata. A livello qualitativo bisognerà attendere la fine delle fermentazioni, mentre le produzioni medie sono generalmente nella norma.

Tecnica colturale, non stregoneria

L’Associazione VinNatur da diversi anni affianca i viticoltori soci con un supporto continuo tramite convegni, corsi di formazione dedicati a tecniche produttive e di gestione del vigneto, collaborazioni con agronomi ed entomologi che operano per "risvegliare" il vigneto e indurre in esso un equilibrio ottimale. Tra queste è attivo il monitoraggio della biodiversità dell’ecosistema vigneto, che comprende anche l’osservazione della salute dei suoli, insieme a Vitenova Vine Wellness, società di consulenza agronomica friulana.

Fare viticoltura naturale non significa affidarsi alla stregoneria – prosegue Maule – ma al contrario utilizzare la scienza e tutte le conoscenze che abbiamo per lavorare al meglio le nostre vigne, innalzandone la salubrità e di conseguenza la resistenza alle situazioni di stress, evitando così di fare ricorso alla chimica”.

La centralità del suolo

Il monitoraggio ha messo in evidenza le importanti ripercussioni dell’annata precedente, la 2023, proprio sulla biodiversità dei suoli. Il maggior compattamento dovuto alle frequenti piogge e ai numerosi passaggi dei trattori ha contribuito a un’asfissia generale e a un conseguente calo della vita microbica. Il controllo e la corretta gestione del terreno da parte dei vignaioli associati, rispettandone gli equilibri e l’ecosistema senza forzature tecnologiche, hanno potuto anche in questo caso fare la differenza, garantendo un suolo vivo e sano.

“Il clima estremo impatta dove la viticoltura non è di casa” - Ultima modifica: 2024-08-28T18:20:52+02:00 da Redazione

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