La tecnica di defogliazione precoce del vigneto, a differenza della defogliazione classica, manuale o meccanica, condotta tipicamente tra l’allegagione e l’invaiatura, può avere effetti diretti molto interessanti sulla qualità dell’uva e del vino. A parlarne durante una delle giornate dimostrative della Piattaforma Vite Basf presso la tenuta Montecatone di Imola (BO) di Umberto Cesari è stato Stefano Poni, professore dell’Istituto di Frutti-Viticoltura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza.
Diversi sono i vantaggi, elencati da Poni, ottenibili grazie alla defogliazione classica: dal miglioramento del microclima a livello dei grappoli all’azione preventiva contro le crittogame, dalla maggiore efficacia degli anticrittogamici fino alla migliore distribuzione dei rapporti luce/ombra; la qualità dell’uva, inoltre, risulta superiore, le perdite con la raccolta meccanica sono più limitate e i tempi del diradamento e della vendemmia manuale vengono notevolmente ridotti. Dagli studi portati avanti da Poni e dal suo gruppo di lavoro, è emerso che la produzione in vigneto può essere efficacemente controllata, oltre che tramite la potatura invernale, il diradamento dei germogli o dei grappoli e il diradamento chimico o meccanico di fiori o acini, anche con la defogliazione precoce. Tre le modalità per attuare questa tecnica: manualmente oppure in modo meccanico, con l’utilizzo, ad esempio, di macchine a getto di pressione. Poni si è soffermato anche sull’impiego di anti-traspiranti. Questi ultimi, tra cui il pinolene (estratto della resina di pino), sono composti di origine naturale che, una volta irrorati sulle foglie, evaporano e formano una sottile pellicola trasparente che provoca la chiusura degli stomi, bloccando la fotosintesi per circa 40-45 giorni.
Molteplici sono i benefici che essi possono apportare e garantire al viticoltore: di facile applicazione, non causano danni diretti ai grappoli e assicurano la massima flessibilità, potendo variare la concentrazione e l’area del bersaglio; se ne conosce la persistenza dell’effetto (circa 40 giorni) e si hanno prove di capacità di pieno recupero delle foglie; la fotosintesi si riduce, ma il microclima dei grappoli non è modificato, a differenza di quanto accade con la defogliazione tradizionale, e quindi risultano molto utili in quelle aree in cui è necessaria una certa protezione dei grappoli; infine sono composti mentalmente molto ben accettati dai viticoltori, un fattore che, nel settore, non è secondario. A conclusione del suo intervento, Poni ha descritto i risultati di uno studio che ha messo a confronto in modo diretto la defogliazione precoce e il diradamento classico dei grappoli di viti di Sangiovese. Dalla comparazione è emerso come la defogliazione precoce permetta l’ottenimento di rese maggiori, oltre a un interessante aumento dell’acidità titolabile dell’uva.