Reboro, un vino nuovo dall’animo antico

I sei produttori della Valle dei Laghi impegnati nella valorizzazione del Reboro
A Santa Massenza (Tn) un partecipato evento mette in luce i segreti dell’appassimento applicato al prezioso vitigno messo a punto 70 anni fa da Rebo Rigotti. Un impegno di valorizzazione che oggi unisce sei vignaioli della Valle dei Laghi

Nato dalla volontà di valorizzare il Rebo, i viticoltori del dell’Associazione Vino Santo doc del Trentino hanno dato vita una decina d’anni fa al Reboro.

Il Rebo è un vitigno veramente locale, perchè frutto di un incrocio realizzato oltre 70 anni orsono da Rebo Rigotti, genetista e agronomo nato a Padergnone (proprio nella valle dei Laghi) e per anni presidente dell’Istituto agrario di San Michele all’Adige.

Il callo per gli appassimenti

Un vitigno identificato dalla serie d'incroci "Merlot x Teroldego" iscritto e riconosciuto all'interno del Catalogo Nazionale delle Varietà di uva da vino come vitigno destinato alla vinificazione solo nel 1978, quindi dopo la morte del suo ideatore.

Un’orgogliosa storia trentina in cui trova le sue radici un vino di alto lignaggio, frutto di un appassimento dell’uva fino al tardo novembre sfruttando, come avviene per il Vino Santo, l’Ora del Garda.

Questo vino, è stato celebrato con una serie di eventi con la quinta edizione di: Reboro, Territorio & passione.

L’impegno dei produttori

Un prodotto unico che si sta dimostrando una carta vincente per il piccolo gruppo dei 6 viticoltori della Valle dei Laghi.

Sono solo 18-20 mila le bottiglie prodotte ogni anno, mentre i prezzi alla cantina superano i 30 euro a bottiglia. Il successo è legato all’alta qualità del prodotto, che si può confrontare tranquillamente con prodotti consolidati come l’Amarone. L’evento è stato organizzato dall’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino doc, in collaborazione con Garda Dolomiti e la Strada del Vino e dei Sapori del Trentino.

L’impronta di un vino di alto lignaggio

Molto interessante il convegno scientifico sul tema: “Qualità e certificazioni. Il vino tra disciplinari e produttori”.

Nel suo intervento d Fulvio Mattivi dell’Università di Trento ha evidenziato come un grande vino come il Reboro si possa confrontare con i migliori vini a breve appassimento. E quanto sia importante che i produttori, essendo in pochi, ci mettano la faccia come garanzia della qualità del prodotto. «Il Reboro -ha proseguito - ha un ottimo potenziale da tutti i punti di vista perché parte da un’ottima uva, e si presta a grandi invecchiamenti che lo fanno diventare un vino con una forte impronta di riconoscibilità».

«Va dato atto a Rebo Rigotti - ha concluso il professore - dell’ottimo prodotto che ci ha messo a disposizione».

Valorizzare il ruolo de l’Ora

Gianpaolo Girardi, esperto di marketing, si è chiesto quali siano le potenzialità di questo vino. «È la comunicazione – sottolineato - che fa la differenza: la comunicazione non si improvvisa, ma va pianificata sul lungo periodo». Magari partendo dal nome prezioso del vitigno «ma è importante che sia strettamente legata alla zona di produzione». È perciò molto importante, per Girardi, che i sei produttori si siano dotati di un disciplinare di produzione. «Avete la fortuna - ha affermato rivolto ai produttori - di trovarvi in una zona caratterizzata da un vento il cui nome è noto ed evocativo e che entra direttamente, con il suo influsso, nel processo di produzione: una caratteristica che va evidenziata».

Il ruolo più importante è però quello dei produttori, perché il Reboro nasce grazie all’impegno di  grandi vignaioli. Questo vino nasce infatti sia da stimoli individuali, come quelli di Marco Pisoni, che collettivi che hanno portato ad un approccio originale, ma al tempo stesso frutto di tradizione.  L’appassimento del Reboro è solo pià breve di quello dell’uva Nosiola che diventa Vino Santo doc Trentino. Si tratta perciò di “Un nuovo vino dall’animo antico”.

A concluso l’evento la master class guidata da Alessandro Torcoli con 6 vini Reboro e 2 Buttafuoco storici con la presenza anche dei vignaioli della Valle dei Laghi e di quelli del Buttafuoco Storico.


Le caratteristiche del Reboro

I grappoli vengono lasciati appassire fino a novembre inoltrato e dopo la vinificazione il vino viene lasciato maturare per tre anni in botti di rovere dando così l’avvio ad un processo di maturazione che porta ad un vino morbido ed elegante, ma nello stesso tempo scattante e dal grande potenziale di invecchiamento. Un vino, afferma l’enologo di lungo corso Luciano Groff, di colore porpora con riflessi dorati, mentre l’aspetto olfattivo sa di frutta matura, di amarena, abbinato alle note eteree dell’appassimento; il profumo è sempre mediato dall’invecchiamento in legno dove deve rimanere almeno per un anno.

Le caratteristiche del Buttafuoco Storico

Questo vino, è frutto del club del Buttafuoco Storico nato nel 1996 dall’unione di 11 giovani viticoltori. Oggi i produttori di Buttafuoco sono 17 ed il loro club ha lo scopo di tutelare e valorizzare questo vino di alto livello le cui regole di produzione sono più rigide di quelle della DOC Buttafuoco. Le uve provengono da una zona storica vocata e frutto di varietà autoctone del territorio. Oltre ad un affinamento di 12 mesi in botte di rovere e poi in bottiglia storica per almeno 6 mesi. Ne nasce un vino caldo e perfettamente equilibrato dai profumi di fiori freschi a cui si aggiungono note speziate e piacevoli di cioccolato, amaretto e vaniglia.

Reboro, un vino nuovo dall’animo antico - Ultima modifica: 2022-11-01T18:43:23+01:00 da Lorenzo Tosi

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