Innalzare la qualità percepita del vino

Gabriele Gorelli MW
Oggi il brand Italia deve investire in una direzione che gli consenta di essere percepito in maniera più alta e legittimante. L’italianità come valore intangibile ma fondamentale della nostra produzione

“Oggi termina un ciclo: finisce il trentennio post-metanolo”. È quanto dichiarato in una recente intervista dal Ceo di Cavit Enrico Zanoni. Cosa significa? Che è nuovamente cambiato il concetto di stesso di qualità che il vino italiano deve esprimere.

Non è più una semplice qualità di processo. Non solo una qualità in grado di garantire salubrità. Non più qualità intesa come omogeneità di profilo sensoriale e ‘livello’ all’interno di una denominazione.

Oggi, dal vino italiano ci si aspetta una qualità di marca.

Un concetto che include tutti quelli precedentemente menzionati e ci porta in un nuovo campo, sempre più rilevante: quello della percezione.

Le neuroscienze hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni, riuscendo a dimostrare scientificamente alcuni dei più importanti meccanismi alla base dell’essere umano.

Sappiamo di non essere, come si credeva, ‘macchine pensanti che si emozionano’ ma l’esatto inverso: esseri emotivi che pensano.

Cosa significa oggi per il mondo del vino? Che bisogna, prima di tutto dal lato produzione, staccarsi da una ricerca di mera ‘sensazione’ – perlopiù organolettica – e focalizzarsi sulla qualità della percezione.

Quello della qualità percepita è un ambito molto profondo e a tratti istintivo, in grado di attivare emozionalmente i soggetti portandoli a essere attratti e persuasi in maniera sublimata rispetto a quanto una semplice sensazione avrebbe potuto fare.

Percepire qualità significa essere più coinvolti, consapevoli e convinti delle scelte che facciamo, in quanto ci sentiamo vicini a livello valoriale a specifici prodotti e marche.

È dimostrato che – a parità di sensazioni – situazioni, colori, nomi e linguaggio influenzano in maniera cruciale la nostra percezione.

Avere un’alta percezione significa non doversi riparare dietro la leva del prezzo sui mercati o riuscire a ‘sfondare’ nella maggior parte delle circostanze per i valori che riusciamo a esprimere a supporto della qualità nel calice. Non solo, la bella notizia è che questo meccanismo è valido esclusivamente per prodotti che siano già di ottimo livello organolettico. Insomma, non si può incrementare la percezione di un qualcosa che non sia già ‘buono’.

Pensiamo, soprattutto nel Belpaese, quanto l’enoturismo possa essere determinante per aumentare la percezione dei nostri vini. L’esperienzialità è alla base del ricordo e del valore attribuito dall’individuo a una specifica attività. Più questa sarà unica e coinvolgente, più saremo stati in grado di convertire semplici visitatori in ‘ambasciatori naturali’ del vino italiano.

Oggi il brand Italia deve investire in una direzione che gli consenta di essere percepito in maniera più alta e legittimante. È qui che il nostro peculiare e identitario stile di vita ci viene incontro: l’italianità come valore intangibile ma fondamentale della nostra produzione.

Come spesso succede, gli antichi greci avevano già codificato in una parola – inesistente in altre lingue – questo concetto di sempre più grande attualità.

Kalokagathia è l’unione tra il buono e il bello, in cui una caratteristica è non solo complementare ma scambievolmente fattoriale per l’altra.

A livello tecnico oggi sappiamo di non essere secondi a nessuno, dobbiamo essere noi i primi a crederci, non dimenticando che i processi di evoluzione percettiva sono inevitabilmente lunghi. Proprio per questa ragione è cruciale intraprendere questo viaggio uniti e convinti, verso un mondo del vino di domani che smetta di impartire sterili nozioni e cominci a fare vera cultura.

Editoriale di VVQ n. 4/2024

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Innalzare la qualità percepita del vino - Ultima modifica: 2024-06-04T22:34:18+02:00 da Redazione

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