Continua la deregulation per i sistemi di chiusura

Tappo a fungo, gabbietta, manca la lamina: un'opzione che diventa possibile
Meno materiali, meno rifiuti da gestire. L'obiettivo della sostenibilità ha innescato in Europa un processo di cambiamento partito dai tappi e arrivato alla lamina per i vini spumanti. Ma rimane il nodo packaging per i vini in recipienti di volume inferiore a 2 litri

Il Reg. (UE) 2023/1606 ha introdotto importanti novità di natura regolamentare: oltre al tema caldo dell’elenco degli ingredienti e delle informazioni nutrizionali in etichetta, il regolamento delegato ha fatto cadere l’obbligo della capsula, c.d. lamina, per i vini spumanti.

Come già accadde per i tappi, deregolamentati da un decennio anche per i vini Docg e Doc, anche per la capsula si tratta di una decisione rimessa alla scelta di ciascun imbottigliatore, che – oltre alle reali necessità tecniche – sempre più spesso tiene conto degli orientamenti commerciali e delle novità di mercato. Un approccio sempre più personalizzato, che deve tuttavia tenere conto di differenti fattori di valutazione.

Sintesi da VVQ 7/2023

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Cosa cambia?

Prima dell’emanazione del nuovo regolamento europeo, il Reg. delegato (UE) 2019/33 (articolo 57, paragrafo 1) precisava che i vini spumanti, i vini spumanti di qualità e i vini spumanti di qualità del tipo aromatico commercializzati o esportati in bottiglie di vetro di volume nominale superiore a 0,2 litri dovevano essere munite di un tappo a forma di fungo trattenuto da un fermaglio, protetto da una capsula e rivestito da una lamina che, oltre al tappo, andasse a “vestire”, interamente o parzialmente, il collo della bottiglia.

Proprio su quest’ultimo punto, il Reg. (UE) 2023/1606 ha aggiunto un ulteriore paragrafo che lascia agli imbottigliatori la possibilità di non utilizzare la lamina di rivestimento.

Il Considerando 18 del regolamento chiarisce infatti che gli operatori possono fare a meno della lamina per motivi essenzialmente operativi, quali risparmi sui costi, la prevenzione dei rifiuti o lo sviluppo commerciale, a condizione che – si precisa nelle premesse – sia garantito che l’apertura o la manipolazione involontarie del fermaglio non comportino rischi per la sicurezza del prodotto. Una novità che allinea la disciplina degli spumanti ai vini fermi, quest’ultimi non assoggettati a nessun obbligo di utilizzo della capsula.


La sfida è poter adeguare e personalizzare i criteri e le variabili di confezionamento alle priorità del mercato e dei consumatori, considerando anche le necessità e le opportunità commerciali delle imprese vitivinicole


Lo spazio di manovra

Spetta agli Stati membri – come indicato nella nuova formulazione dell’articolo 58, paragrafo 1 – decidere se mantenere lo spazio di flessibilità indicato dal Reg. (UE) 2023/1606, rendere obbligatorio l’impiego della lamina oppure, in alternativa, riservarla ai prodotti vitivinicoli Dop e Igp mediante l’inserimento, all’interno del disciplinare di produzione, di condizioni più rigorose.

L’ultimo baluardo normativo rimane quindi il disciplinare di produzione, strumento che potrebbe consentire ai produttori di mantenere, a livello di filiera Dop o Igp, la lamina nell’abbigliamento degli spumanti. Perché decidere di mantenere la lamina? Per dare evidenza dell’integrità del sistema di chiusura, ma anche per mantenere nei vini spumanti identità e riconoscibilità, tenendo conto che spesso la lamina riporta in primo piano il marchio dell’impresa e/o il nome commerciale del prodotto.

Il fattore ambientale

Come indicato dal legislatore, l’eliminazione della lamina di alluminio attorno al collo della bottiglia – oltre a rappresentare un risparmio per le imprese – consentirebbe di ridurre la quantità di rifiuti con un effetto ambientale che appare coerente con le politiche europee.

In effetti il Green Deal europeo traccia una strada chiara, con l’obiettivo di una drastica riduzione delle emissioni di carbonio e, come traguardo, la neutralità climatica entro il 2050. In questo contesto, nonostante la criticità maggiore sul fronte degli imballaggi dei prodotti vitivinicoli sia l’utilizzo delle bottiglie di vetro, ottenute da un processo che richiede elevati consumi energetici, anche l’eliminazione della lamina di alluminio può comunque contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione.


Gli operatori possono fare a meno della lamina per motivi essenzialmente operativi, quali risparmi sui costi, la prevenzione dei rifiuti o lo sviluppo commerciale, a condizione che sia garantito che l’apertura o la manipolazione involontarie del fermaglio non comportino rischi per la sicurezza del prodotto


Quali precedenti?

Una questione che in passato, a fronte di una liberalizzazione dei materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti, ha riguardato anche i tappi in sughero e la possibilità di poter utilizzare i materiali c.d. alternativi anche per i vini Doc e – se sprovvisti di indicazioni aggiuntive come vigna, sottozona e altre menzioni geografiche e tradizionali previste dai disciplinari di produzione – anche Docg.

Ma rimanendo sulla capsula, a seguito di una modifica della legge 12 dicembre 2016, n. 238, c.d. Testo unico del vino, non è più obbligatorio indicare sul sistema di chiusura il nome, la ragione sociale o il marchio registrato o, in alternativa, il numero di codice identificativo attribuito dal Dipartimento Icqrf. Precedenti che confermano, accanto all’importanza delle valutazioni tecniche rispetto alla shelf-life del prodotto, il ruolo determinante della domanda di mercato nella scelta del sistema di chiusura e un maggiore grado di libertà che consente all’imbottigliatore di scegliere soluzioni più flessibili ed economiche.


Manca l’ultimo miglio per il packaging

La viticoltura sostenibile – afferma la guida dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv) – contempla i materiali alternativi. Per i contenitori, oltre al vetro, anche la plastica, la carta ricoperta di plastica o di metallo, tutti materiali riciclabili che dovrebbero essere di volume limitato e, alla fine della loro vita, recuperati e riutilizzati.

Un orientamento non solo sostenibile ma anche diffuso e apprezzato sul mercato che, specie all’estero, valorizza i materiali alternativi, come bag-in-box, contenitori plastici e lattine.

Manca tuttavia l’ultimo miglio, considerando il limite, riferito alla capacità dei contenitori, indicato nel DM 13 agosto 2012, che disciplina l’etichettatura e la presentazione dei vini.

Il DM – che sarà sostituito dal decreto attuativo del Testo unico del vino – ammette infatti, per i vini Dop in recipienti di capacità < 6 litri, il confezionamento in bottiglie e in altri recipienti tradizionali di vetro, ceramica, porcellana e legno, senza alcun vincolo colorimetrico.

Lo sbarramento sta invece nel confezionamento dei vini Doc, per i quali è consentito utilizzare contenitori di altri materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti ma limitatamente a quelli confezionati in recipienti di capacità compresa tra 2 e 6 litri: una formulazione che quindi esclude i volumi nominali al di sotto dei 2 litri che rappresentano il segmento più importante e significativo dei vini posti in commercio.

Secondo l’Oiv, la quota < 2 litri rappresenta oltre la metà dei volumi scambiati a livello mondiale e quasi il 70% del valore dell’export. Non c’è dubbio che la possibilità di una maggiore apertura, senza limitazioni in termini di volume nominale dei contenitori, potrà rappresentare un’opportunità commerciale, in particolar modo per i mercati esteri, e uno strumento in grado di mantenere competitività e contatti commerciali.

Sintesi da VVQ 7/2023

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Continua la deregulation per i sistemi di chiusura - Ultima modifica: 2023-10-24T11:18:51+02:00 da K4

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