L’Irpinia faro della viticoltura regionale campana celebra due anniversari importanti. Il primo è il trentennale del Taurasi Docg e il secondo è il ventennale del Greco di Tufo e del Fiano di Avellino, altrettante denominazioni di Origine Controllata e Garantita.
Unità cercasi
Un percorso tortuoso e tutt’altro che definito, che soltanto adesso acquista consapevolezza rispetto alle reali potenzialità socio economiche e culturali, tutte da esprimere.
Mentre nelle aree interne della Campania sono le piccole aziende agricole e i proprietari di piccoli vigneti a farsi strada sui mercati internazionali, le grandi aziende consolidate ragionano della possibilità di dare vita alla denominazione Campania Doc.
Così da un lato si sottolinea la necessità di fare squadra e acquisire un peso specifico, dall’altra si costruisce la qualità e la specificità del prodotto, che vuole emergere e non unificarsi. Nel trentennale del Taurasi Docg infatti, la parola d’ordine è “unità”. Una prerogativa più volte minata in questo percorso di costruzione del Consorzio di Tutela, e che negli anni non ha consentito di investire con una certa sicurezza sull’indotto, sulla narrazione del prodotto, sul terroir.
La chance dell’enoturismo
Per questo il vice presidente della Commissione Agricoltura in Regione Campania Maurizio Petracca oggi chiede il “salto di qualità” e sottolinea la imminente approvazione della legge regionale sull’enoturismo, tesa a valorizzare quell’universo di saperi, paesaggi, e know how legati alle distese dei vigneti che tappezzano le colline irpine nei suoi tre areali di pregio.
L’impronta del territorio
Al Taurasi viene riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita il 27 marzo del 1993. Definito dagli esperti come uno dei più prestigiosi vini rossi del Sud Italia deriva dall’aglianico di Taurasi ed è coltivato nel cuore della provincia di Avellino. Come indica il disciplinare, viene prodotto sui rilievi montani e collinari che abbracciano 17 comuni.
Il suo nome deriva dall’antico villaggio denominato “Taurasia”, una delle città-campagna fondate dagli irpini, celebre per i suoi terreni ricchi e vocati alla coltivazione della vite “Ellenica”. La peculiarità di questo vino risiede nella capacità dei vinificatori di esaltare caratteristiche che si sviluppano sulla scorta di escursioni termiche e proprietà organolettiche del terreno, argilloso-calcareo cui spesso si aggiungono elementi vulcanici, a volte minerali. A 30 anni dal riconoscimento, oggi l’Irpinia annovera la presenza di 350 cantine. Circa una decina sono di grandi dimensioni, mentre la stragrande maggioranza è connotata da piccoli appezzamenti di terra e da un lavoro puramente artigianale.
Gli obiettivi del consorzio
«Il Taurasi ha subito una discesa negli ultimi anni: parliamo di un vino importante, da invecchiamento, opulento, e che non è alla portata di tutti» spiega la presidente del Consorzio di Tutela dei Vini Irpini Teresa Bruno alla vigilia del Vinitaly. «I nostri vini sono tutti eccellenti, ma il Taurasi non è ancora riuscito ad affermarsi sui mercati e ad incontrare la giusta collocazione perché manca la giusta conoscenza di cos’è il Taurasi». «Obiettivo del Consorzio è proprio questo: intercettare gli interlocutori giusti, quelli pronti a recepire il valore di questo vino, a che sanno apprezzarlo. In questo momento i nostri riferimenti sono gli Stati Uniti e il nord Europa. Senza contare che la nostra narrazione si concentra sì sulla qualità, ma anche sul territorio in cui viene prodotto, e delle aziende che lo producono».
Nove piccole realtà al Vinitaly
Il Taurasi al momento non rientra tra quei vini «più accettati al gusto, che non hanno una importante tannicità e non devono per forza trovare abbinamenti», per questo non riesce ad affermarsi rispetto alla vinificazione prodotta sul territorio. «Per i bianchi invece si apre una interessante finestra di mercato, a livello nazionale e internazionale, in quanto il nostro Fiano e il nostro Greco essendo vini longevi da invecchiamento, trovano spazi differenti. La conoscenza del Taurasi invece deve essere consolidata, e anche se è stato già presentato al grande pubblico, ritengo che sia arrivato il momento di lavorare diversamente» annuncia la presidente. «Al Vinitaly il Consorzio parteciperà con un suo stand e darà ospitalità a 9 micro cantine che avranno uno spazio espositivo. Una opportunità inedita per quante non riescono a emergere e a compiere passi in avanti rispetto alla promozione su larga scala. Personalmente ritengo che sono proprio le piccole aziende agricole a dover emergere, in quanto rappresentano l’anima del territorio e su cui regge l’impalcatura della parte emozionale, che è propria del vinificatore. Sono i produttori più piccoli che devono condividere la ribalta internazionale, e sentirsi partecipi e protagonisti del brand Irpinia che viene promosso dal Consorzio. Non solo per affermare la qualità, ma anche per dare lustro a quanti lavorano duramente in condizioni di marginalità» conclude.
Le celebrazioni al Castello
«Puntiamo sulla qualità non sulla quantità» puntualizza Giovanni Chieffo, presidente del Gal Irpinia tra i promotori delle celebrazioni appena inaugurate al castello Marchionale di Taurasi. Proprio nell’ambito di incontri, approfondimenti, masterclass e degustazioni con banchi d’assaggio, aperti per raccontare al meglio il territorio irpino e la storia dell’aglianico divenuto Taurasi DOCG, gli addetti ai lavori registrano il grande impatto che ha avuto la produzione vinicola negli ultimi 30 anni con l’assegnazione del marchio. «La produzione vinicola oggi occupa una fetta importante del Pil della provincia di Avellino: ha creato occupazione, anche nelle gestioni a carattere familiare, e ha costruito un indotto prima inesistente» spiega Chieffo.
Altro aspetto oggetto di riflessione è stato il cambiamento culturale che la produzione vinicola ha comportato. «Negli anni ’80 il vino si consumava nelle osterie e nelle cantine e si trattava di una bevanda relegata ad ambienti chiusi. Adesso il nostro vino è entrato nelle abitudini del consumo quotidiano e viene preferito negli aperitivi. Possiamo affermare che il vino ha creato una rivoluzione, socio economica e culturale, ma questo 30esimo compleanno per noi deve essere l’anno zero, per aprire una riorganizzazione delle cantine e una promozione adeguata. I terreni assegnati alla viticoltura non sono molti, ma puntiamo tutto sulla qualità. Per questo l’invito e l’augurio è quello di unire le energie ed evitare dispersioni se vogliamo costruire un vero brand da esportare nel mondo» conclude.