Interrogarsi sulle sfide del futuro della sicurezza alimentare è un passaggio obbligato di questi tempi, in cui si intrecciano problemi e opportunità legati ai cambiamenti climatici e fenomeni come il caporalato, che continuano ad affliggere il nostro Paese. Sostenibilità ambientale, economica e sociale diventano le coordinate di una matrice a tante entrate, troppe, al punto tale da diventare un labirinto in cui è difficile orientarsi. A questo si aggiungono le guerre in Medioriente e in Ucraina, dove perimetri economici impattano su quelli sociali, sulla popolazione civile e, inevitabilmente, sull’agricoltura.
Ecco quindi che gli esperti si interrogano all’interno di Agrifood Summit, non solo per rimettere al centro la Politica Agricola Comune 2023-2027 dell’Unione Europea, ma per capire come istituzioni, associazioni di categoria e imprenditori possano, in un contesto complesso, individuare dei percorsi nuovi per valorizzare anche il Made in Italy, mettendo meglio a frutto le innovazioni e sfruttando correttamente la competitività dei mercati. Un Made in Italy sano, rispettoso, onesto e buono per chi lavora e chi lo degusta. Obiettivo è la crescita anche dei lavoratori - in termini di tutela e formazione - e dell’ambiente.
L'apertura dei lavori
I saluti e l’apertura sono di Fabio Tamburini, Direttore de Il Sole 24 ore: «Non possiamo non sottolineare l’importanza della situazione idrica: il Paese è spaccato a metà, al Nord tanta acqua, forse troppa acqua, e al Sud siccità. Insieme hanno un punto in comune: la necessità di interventi che sono importanti per coniugare la troppa acqua e la siccità, cercare di compensare con l'intervento umano scelte della natura: siamo indietro a Nord nella gestione delle acque che ci sono in abbondanza e siamo indietro al Sud negli interventi necessari per la siccità». Altro tema importante di cui si parla sempre di più: «Si tratta dell'energia: anche qui c'è la necessità di puntare sulle rinnovabili, che sono il futuro dell'approvvigionamento di energia, senza dimenticare la necessità di tutelare l'agricoltura in ogni sua forma. Sono tutti punti che meritano riflessioni adeguate».
I momenti salienti: il caporalato
Nel corso del Summit non sono mancati interventi importanti, come quelli di Cristiano Fini, Presidente CIA-Agricoltori Italiani, Gianluca Lelli, Capo Area Economico Coldiretti, e Giacomo Vigna, Dirigente Agroindustria - Ministero delle Imprese e del Made in Italy. In termini di sostenibilità sociale si è parlato della piaga del caporalato, che la drammatica vicenda di Satman Singh nell’Agro Pontino ha riportato tristemente alla cronaca. Il caporalato non può mai essere una via percorribile per la manodopera in agricoltura, né una risposta al fabbisogno di capitale umano.
Così il Presidente Fini: «Questo è un tema che va affrontato e va affrontato a 360 gradi. Quello che è avvenuto a Latina ha a che vedere con il caporalato, ma credo vada ben oltre: stiamo parlando di una vicenda disumana. Credo che il capitale umano e i nostri collaboratori nei campi siano un bene prezioso: il tema del caporalato sicuramente è un problema che in agricoltura abbiamo cercato di affrontare anche negli anni scorsi, lavorando sulla formazione e sulla individuazione degli episodi. Probabilmente tutto ciò non basta: occorrono maggiori controlli, ma ai maggiori controlli non devono corrispondere maggiori oneri amministrativi, perché le aziende agricole sono già impattate da tante incombenze amministrative con un costo di lavoro piuttosto elevato. Non dobbiamo intervenire su quelle aziende che lavorano nella legalità, ma dobbiamo intervenire sulle altre, quelle che lavorano nell'illegalità, cercando di individuarle e di raggiungerle anche attraverso mezzi informatici. Incrociandolo i dati con l'Agenzia delle Entrate e con l'Inps, riusciamo a capire e a vedere se ci sono aziende che hanno molte meno soluzioni rispetto a quelle di cui necessitano. Abbiamo quindi il dovere di intervenire in maniera più puntuale, senza allargare ulteriormente la forbice tra chi lavora nella legalità e chi nell'illegalità: solo così potremo favorire lo sviluppo delle aziende agricole, con prezzi adeguati dei nostri prodotti, meno vessazioni e sostenendo il settore agricolo».
L'intervento del Ministro Lollobrigida
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste è intervenuto in modo puntale sul tema del caporalato: ha sottolineato quanto la vicenda di Latina sia solo la punta di un iceberg, di un problema molto più ampio: lo dimostrano i numeri anche dei ghetti sparsi per il Paese, così come le ultime indagini, che sono state anche intensificate. Si parla di Decreto Flussi: molti di questi lavoratori entrano regolarmente con contratti che però sono a tempo determinato. Quando termina il contratto non viene rinnovato e si entra in un limbo che facilita poi il sottobosco terribile e criminale del caporalato. Il Ministro: «Il Decreto Flussi non è più su base annuale, difficile come applicazione, ma su base triennale. Questo sgrava anche in termini organizzativi l'impresa, perché dà una prospettiva più ampia per organizzare la forza lavoro, creando condizioni migliori, affiancate da un rapporto multilaterale o bilaterale con alcune nazioni, con le quali stiamo sviluppando degli accordi che permettano di formare anche nei Paesi di provenienza i lavoratori che intendono, chiamati da imprese, arrivare in Italia e ottenere la cittadinanza».
Il Ministro ha proseguito sottolineando che la lotta al caporalato va implementata anche nella fase repressiva, con controlli sempre più rigidi: nel Decreto Agricoltura sono state portate in questi giorni «alcune norme che mettono in condizione di individuare sacche di irregolarità. Basta per esempio incrociare alcuni dati sulla produzione, sul fatturato di un'azienda e sulla forza lavoro che in termini oggettivi serve per arrivare al quantitativo di prodotto che viene poi messo sul mercato e verificare se c'è una congruità tra i due dati. C'è un aumento del numero degli ispettori, molto rilevante, per effettuare i controlli. La cosa che ci tengo a dire sul caporalato e sottolineare in maniera molto serena è che chi sfrutta la forza lavoro fa un danno agli agricoltori e agli imprenditori agricoli per bene, che invece rispettano i diritti e i lavoratori dei loro operai agricoli».
Spunti di innovazione
Il convegno è proseguito con una trattazione delle prospettive tecnologiche, l’intelligenza artificiale, l’agricoltura rigenerativa e le potenzialità del Vertical Farming, che hanno offerto spunti di analisi sulle prospettive tecnologiche e sostenibili del settore. Uno spazio importante è stato dato all’agroenergia, con Pier Lorenzo Dell’Orco, Amministratore Delegato di Italgas Reti, Valentina Lasorella, ricercatrice del Crea Politiche e Bioeconomia, e Rolando Roberto, Vicepresidente di Italia Solare e coordinatore del gruppo di lavoro sull'agrivoltaico: si è parlato di biogas e di biometano, e di soluzioni innovative per far fronte alla crisi energetica.
Il vino e la sostenibilità
Il focus sul vino ha messo al centro la viticoltura come esempio di sostenibilità: un business model ma anche una serie di comportamenti e di scelte virtuose che possono rendere concrete ed efficaci pratiche sostenibili.
Lorena Troccoli, Real Estate Manager di Ruffino e partner del progetto LIFE VitiCaSe, Rebecca Valent, enologa di Borgo Stajnbech, e Riccardo Velasco, Vicepresidente di Piwi Italia e Direttore del Centro di Ricerca in Viticoltura ed Enologia del CREA, hanno fornito indicazioni importanti sulla sostenibilità in questo campo: essere sostenibili si può, sia dal punto di vista ambientale sia da quello sociale.
I vitigni resistenti e le Tea, “as is” e “to be”: chiarezza, esperienza e potenzialità. Riccardo Velasco: «Non che esistono piante immuni perché l'immunità non esiste, però i vitigni Piwi sono molto resistenti ai funghi patogeni». E ribadisce che la prima via per la sostenibilità nella viticoltura è quella della resistenza delle piante: se si parte da un materiale resistente c'è meno necessità di intervento umano, con un risparmio notevole dal punto di vista energetico e ambientale. Si inquina meno e l'azienda vitivinicola ovviamente ne trae beneficio da tanti punti di vista, non ultimo per l'ambiente circostante e le persone che vivono nei pressi dei vigneti e che sono sempre più sensibili ai trattamenti, inevitabili, soprattutto in questi periodi di cambiamenti climatici.
Rebecca Valent, una cantina in Veneto, proprietà della famiglia, ed enologa. Da loro sostenibilità passa attraverso la certificazione Sqnpi: «La nostra cantina segue la strada della sostenibilità da quando si chiamava ancora rispetto per l'ambiente. Quindi la certificazione a cui aderiamo non è più solo rivolta al vigneto ma anche alla cantina, con una attenzione particolare al consumo di acqua e al consumo di carburanti. Il disciplinare di produzione Sqnpi prevede i trattamenti fitosanitari non a calendario ma in base alle previsioni meteo, all'andamento climatico». L’azienda non dispone ancora di varietà resistenti «perché non sono previsti nel disciplinare di produzione delle Doc e delle Docg. Non avendo varietà resistenti, cerchiamo di intervenire il più possibile con pratiche agronomiche, quindi ad esempio quest'anno, annata in cui ha piovuto tantissimo, abbiamo cercato di togliere tutta la vegetazione che non serviva per far passare più aria tra i vigneti e fare meno trattamenti possibili».
Lorena Troccoli, Ruffino e la sostenibilità: «Ruffino Cares, un progetto legato alla Social Responsibility, è poi diventato la strategia di Ruffino, fondata su quattro pilastri: sostenibilità ambientale, educazione al consumo responsabile, che è un aspetto fondamentale di tutte le nostre politiche, il giving back, cioè l'attenzione a tutte le comunità locali nelle quali operiamo, la Diversità e l’Inclusione, con una serie di iniziative volte a sostenere e a premiare l'associazionismo locale e le figure più deboli, in ottica di diversità di background e di pensiero». La certificazione sulla parità di genere che dal 2023 Ruffino ha ottenuto ne è piena testimonianza: per il Gruppo le tenute sono biologiche o in conversione, e beneficiano dell'applicazione di tecniche di viticoltura di precisione con importanti applicazioni come la fertilizzazione e la concimazione. «E non da ultimo», prosegue Troccoli, «mi piace citare un progetto a cui abbiamo aderito: è il progetto europeo LIFE VitiCaSe, che ha delle caratteristiche uniche perché si concentra su pratiche agricole di gestione del suolo volte ad aumentare la capacità dell'ecosistema vitivinicolo di stoccare e trattenere il carbonio atmosferico, riducendo le emissioni di carbonio e contribuendo alla mitigazione dei cambiamenti climatici. E tutto questo anche in un'ottica di una pratica di viticoltura rigenerativa. La rigenerazione ha uno degli aspetti focali fondamentali nell'attenzione e nella cura del suolo».