
Nel cuore della Valtellina, tra affreschi rinascimentali e silenzi carichi di storia, Palazzo Besta a Teglio (SO) apre le sue porte a un’esperienza che coinvolge anima, corpo e memoria: è stata inaugurata sabato 31 maggio, la mostra “Valtellina. Il senso del vino”, un viaggio inedito, sensoriale e profondamente emozionale alla scoperta del vino come espressione viva del territorio, della comunità e della cultura.
Il progetto, promosso dalla Direzione Regionale Musei Lombardia del Ministero della Cultura, è nato da un’idea di Sara Missaglia e Giusi di Gangi, con la direzione artistica di Silvia Anna Biagi, direttrice di Palazzo Besta, e la curatela scientifica affidata alla stessa Missaglia, giornalista, sommelier e wine educator.

Un racconto che parla a tutti
La mostra è un invito ad ascoltare, toccare, annusare, immergersi. Un’esperienza pensata per tutti: bambini e adulti, amanti del vino e astemi, normodotati e persone con disabilità. In un mondo spesso diviso da linguaggi settoriali, il vino si racconta attraverso i sensi, che sono democratici, inclusivi, universali e etici. Nessuna distinzione: il mondo del vino si presenta in chiave decifrabile, diretta, autentiuca e senza filtri, per arrivare a tutti.
Non serve conoscere il vino per comprendere il suo significato in questa mostra: il visitatore è guidato da sensazioni e suggestioni che superano le parole e parlano direttamente al cuore attraverso il territorio e lo spirito identitario della comunità in cui nasce. Come sottolinea Sara Missaglia: «Il Senso del Vino è un viaggio dell’anima e dei sensi. Ho immaginato un percorso in cui il vino si svela attraverso il tatto, l’olfatto, la vista, e diventa racconto, emozione, presenza viva. È come camminare tra i filari della memoria, dove ogni profumo è un ricordo, ogni colore una suggestione, ogni consistenza una prova del legame con il territorio».
Profumi da annusare, consistenze da toccare
Accanto ai profumi, un percorso tattile accompagna il visitatore alla scoperta della materia. Si può accarezzare la seta, sfiorare il velluto, affondare le dita nella sabbia, sentire tra le mani gli aghi di pino. Ogni materiale suggerisce una diversa percezione del vino e del suo ambiente: la leggerezza del tessuto, la ruvidità della terra, il pungente respiro del bosco. È un modo per conoscere che non passa attraverso la vista o per la parola, ma per la pelle, per il contatto.
La voce profonda della terra

Una sezione suggestiva della mostra è dedicata al sottosuolo valtellinese, curata dalla Fondazione Fojanini con Sonia Mancini e Ivano Foianini, presidente dell’Istituto di Mineralogia Valtellinese. In questo spazio, il visitatore scopre il ruolo fondamentale del terreno nella viticoltura alpina: rocce, minerali e suoli raccontano un paesaggio che parla attraverso le radici. Tra i pezzi più toccanti, alcune viti di Nebbiolo espiantate con le radici ancora integre: un’immagine potente del legame profondo tra pianta e terra, tra uomo e paesaggio. Una connessione che si fa palpabile, materica, viva.
Il legno che dà voce al vino
Il vino dialoga anche con il legno, e la mostra lo racconta attraverso installazioni evocative con le barrique che permettono di comprendere l’evoluzione sensoriale che il vino attraversa nel suo incontro con il legno. Qui il visitatore può percepire il colore del legno, veedere e toccare i cristalli di acido tartarico, ascoltare le vibrazioni, osservare l’effetto che il tempo imprime al liquido. Un gesto antico e moderno allo stesso tempo, che unisce la pazienza dell’uomo alla potenza evolutiva del vino.
Dentro il paesaggio, dentro la vite
Nel cuore della mostra, un video immersivo trasporta i visitatori tra le viti e i terrazzamenti della Valtellina. Le immagini scorrono all’interno delle volte del palazzo: è come camminare tra i filari, sentire il vento sul viso, guardare la montagna dall’altezza di una foglia. Un’esperienza totalizzante, che permette di abitare il paesaggio senza confini tra arte, natura e memoria.
Una mostra per generare cultura
«Si tratta - spiega Silvia Anna Biagi, direttrice di Palazzo Besta - di un progetto pensato specificatamente per gli spazi del palazzo, che fa rivivere l’antico legame dei Besta con la produzione vitivinicola valtellinese, testimoniata anche dai motti e graffiti inneggianti il vino presenti nelle cantine di Palazzo Besta».
Un legame che non si limita al passato, ma si apre al futuro. Il progetto, infatti, si rivolge anche alle nuove generazioni, con percorsi educativi che promuovono il bere responsabile e la conoscenza consapevole.
«Un'iniziativa sapientemente costruita - aggiunge Rosario Maria Anzalone, direttore della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia - espressione del forte radicamento territoriale di Palazzo Besta. Un viaggio suggestivo attraverso un sapere antico: motore di traffici commerciali, elemento di aggregazione sociale, metafora religiosa».
Un’esperienza da sentire
La mostra è resa possibile grazie alla compartecipazione del Consorzio Media Valtellina, del BIM, del Comune di Teglio, della Fondazione Fojanini, con il contributo della Fondazione Pro Valtellina ETS e il sostegno delle Cantine Nera Vini, Caven Vini e dell’Enoteca Le Rocce Poggiridenti.
In un mondo che corre e dimentica, “Valtellina. Il senso del vino” è un ritorno all’essenza, una chiamata gentile a riscoprire il contatto, l’attesa, il radicamento. È un invito a sentire il vino con tutti i sensi.