La ormai necessaria multifunzionalità per le aziende agricole di oggi richiede attività di filiera corta per la tutela e la riqualificazione territoriale, come la valorizzazione energetica dei residui di potatura e lavorazione della vite. In Italia la superficie dei vigneti attualmente in produzione è stimata a 632.000 ettari e le aziende sono 383.645 (stime Censimento Agri Istat, 2010). I residui delle potature e di altre operazioni sulla vite non rappresentano, per la maggior parte delle aziende interessate, una fonte di reddito ma costituiscono un problema e allo stesso tempo un costo di produzione. Fino a oggi lo smaltimento di tali residui prevedeva o la trinciatura in campo lungo gli interfilari e loro conseguente interramento oppure la combustione dei residui a bordo campo. Si evidenzia quindi la soluzione di utilizzare i residui della lavorazione delle viti ai fini energetici, anche perché il Dlgs 152/2006 (Codice ambientale) all’art. 185 non fa rientrare tra i rifiuti gli sfalci, potature e altro materiale agricolo destinati alla produzione di energia. Da uno studio condotto da Itabia (Italian Biomass Association) nell’ambito del Progetto Biomasse Enama emerge che la disponibilità potenziale dei residui annualmente ottenuti dalle potature dei vigneti va oltre il milione di tonnellate/anno in sostanza secca. Dal recupero di tali residui si potrebbero alimentare circa 200 centrali da 500 kW elettrici per una produzione annua di 0,8 TWh, in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico di 200.000 famiglie di 4 persone. Per via della polverizzazione aziendale si ritiene che non sia realisticamente possibile il recupero dell’intera produzione dei sarmenti per un successivo impiego energetico, ma se si pensasse di riuscire a valorizzarne in tal senso almeno il 50%, si riuscirebbe in ogni caso ad avere un ottimo risultato in termini di contenimento delle emissioni e anche di integrazione al reddito aziendale agricolo.