“La minaccia di un aumento dei dazi all’import di vino europeo da parte della Cina rappresenta un pericolo assolutamente da scongiurare per i produttori italiani, tanto più se si considera che il confronto con altri concorrenti internazionali, su questo versante, è spesso impari” ”, dichiara Denis Pantini, Responsabile Area di Ricerca Agricoltura e Industria Alimentare di Nomisma. “Basti pensare al Cile, terzo esportatore di vino in Cina con una quota del 9,3% e che nel 2006 ha stretto un accordo di libero scambio che permette ai produttori cileni di esportare vino ad un dazio agevolato pari al 2,8% del valore e che si azzererà completamente nel 2015”, continua Pantini. Nella situazione venutasi a creare con la Cina, tra tutti i Paesi esportatori, chi ci rimette di più sono i francesi, leader indiscussi sul mercato cinese con una quota pari al 50% nell’import totale di vino (in valore). “Ma visti i ritmi di crescita dei consumi in questo mercato, è chiaro che anche per l’Italia potrebbero svanire opportunità importanti, soprattutto alla luce del calo che all’opposto sta interessando il consumo di vino nel nostro Paese, ormai sceso al di sotto dei 23 milioni di ettolitri, contro i 31 di quindici anni fa”, afferma Pantini. La Cina, con quasi 18 milioni di ettolitri, rappresenta oggi il quinto mercato al mondo per consumi di vino, dopo Francia, Stati Uniti, Italia e Germania. “Ma mentre noi e i francesi beviamo meno, i cinesi tra il 1997 e il 2012 hanno aumentato dell’87% i loro consumi, tanto che – per poterli soddisfare – hanno dovuto incrementare la produzione interna del 120% e le importazioni del 1.076% (passando da 335 mila ettolitri ad oltre 3,9 milioni, per un valore che nello stesso periodo di tempo è cresciuto del 4.943% arrivando a 1,23 miliardi di euro)”, afferma Pantini. Chi ha sfruttato di più questo trend di crescita sono stati appunto i francesi che, nel capire da tempo le opportunità di questo mercato, si sono insediati già dai primi anni ’80 nella Repubblica Popolare attraverso accordi di joint venture con produttori di bevande alcoliche locali. Al contrario, le imprese italiane hanno sempre privilegiato forme di internazionalizzazione più semplici (anche per via di dimensioni produttive – e risorse disponibili - più ridotte) affidandosi principalmente ad importatori ed esportatori. Risultato: mentre la Francia oggi pesa per quasi il 50% sulle importazioni cinesi di vino, l’Italia incide per appena il 6%, in calo rispetto all’8% detenuto cinque anni fa. E tuttavia l’onda lunga dei consumi continua nel mercato cinese: “I primi 4 mesi del 2013 evidenziano un’ulteriore crescita delle importazioni di vino, pari ad un +14% in valore e un +10% in quantità rispetto allo stesso quadrimestre del 2012. Un trend favorevole al vino italiano che mette a segno, su questo mercato, un +36% in valore a fronte di un -5% in quantità, segnale di un riposizionamento qualitativo delle nostre produzioni esportate in un paese dove il 53% dei consumi avviene nel canale Ho.re.ca (hotel, ristoranti, bar)”, ricorda Pantini.
Un rischio da evitare assolutamente
Vino italiano e dazi cinesi: l'opinione di Wine Monitor
Francia e Cile avvantaggiati rispetto all'Italia sul mercato cinese