Un traffico di 25.000 bottiglie che transitano ogni giorno nei mercati di destinazione di Regno Unito, USA e Australia e che portano, secondo quanto riportato da The Telegraph nel luglio 2014, a un giro di vendite per 5 milioni di Sterline ogni mese. Un utile raddoppiato nell’ultimo anno, grazie ad un investimento al consumo dei clienti (i cosiddetti Angel) di 25 milioni di Sterline, superiore del 50% rispetto al 2013. A leggere i numeri di Naked Wines, il retailer online inglese che preoccupa colossi come Virgin Wines o Tesco, si pensa prima ad Amazon che al mondo delle Startup. Ma la sua storia, cominciata solo nel 2008…
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(Approfondimenti a cura dell’Autore)
Potrebbe funzionare in Italia?
Alcuni aspetti di Naked Wines sono tipicamente inglesi. La partecipazione diretta della struttura di vendita nel Paese di produzione fa venire in mente il metodo consolidato nei secoli scorsi che vedeva i businessman inglesi andare ad investire nei Paesi del Mediterraneo come a Jerez per la produzione dello Sherry o a Marsala in Sicilia. Gli Angel e i loro vantaggi esclusivi di beni e contatti, possono essere letti come una versione in rete dei club londinesi. Sicuramente quindi la componente culturale ha un suo peso nel successo di questa nuova forma di vendita, la cui idea si basa su aspetti che tuttavia fino a sei anni fa nessuno era andato a sfruttare commercialmente e in modo così completo. Sei anni nei quali sono cambiate molte cose, il crowdfunding o l’uso dei Social Media anche da parte dei produttori di vino ad esempio si sono diffusi in modo virale, tanto che alcune esperienze simili stanno cominciando a fare capolino anche da noi. Alcune differenze sono sostanziali (non solo nei numeri e nelle dimensioni), in quanto il rapporto tra produttori e consumatori, come anche la scelta dei vini, devono necessariamente risultare più adatti ad una sensibilità mediterranea, dove ad esempio vengono generalmente apprezzate di più le storie legate al marchio, all’azienda o alla famiglia, piuttosto che al singolo enologo. Un caso significativo e di successo che possiamo citare è Vinix, la startup ideata da Filippo Ronco, che genera all’interno di un Social Network specialistico dei gruppi d’acquisto nei quali gli stessi utenti fanno da capocordata e coinvolgono gli altri acquirenti. Oppure possiamo citare le enoteche online come DoYouWine o Tannico, che unisce all’enoteca la partecipazione ad un club. E infine una delle ultime nate, The Winefathers, una startup di Udine nella quale i sostenitori finanziano i progetti dei produttori (piantare un nuovo vigneto o salvare una varietà locale), diventando membri (addirittura parenti adottivi, cugini, zii, fratelli o padri a seconda delle somme investite) di una famiglia di piccoli produttori.