A San Michele all’Adige in Trentino l’8 e il 9 novembre la terza edizione della rassegna dedicata ai vitigni resistenti. Soddisfazione per il più alto numero fino ad ora raggiunto di cantine partecipanti e di vini in degustazione.
Il terzo appuntamento con la viticoltura resistente compie tre anni: un'edizione che ha coinvolto più di 60 cantine tra tutte le regioni del nostro Paese autorizzate a questo tipo di produzione e 110 vini in degustazione che presentano almeno il 95% di uve da Piwi (PilzWiderstandsfähig). Numeri importanti per la rassegna che, come per le edizioni precedenti, ha registrato la presenza di trenta commissari: enologi, enotecnici, sommelier, ricercatori, docenti universitari, giornalisti e blogger, hanno affiancato gli studenti del corso enotecnico di San Michele e valutato i vini per le categorie rossi, bianchi, bianchi a macerazione prolungata, metodo classico e charmat, frizzanti e vini con residuo zuccherino. I lavori della commissione sono stati aperti dal Direttore Generale della Fondazione Edmund Mach Mario Del Grosso Destreri con il dirigente scolastico Prof. Manuel Penasa e i referenti organizzativi Marco Stefanini e Andrea Panichi del Centro Istruzione e Formazione.
Così Andrea Panichi: «Dalla prima alla terza edizione notiamo che le aziende stanno iniziando a trattare le stesse uve in modo diverso, con una cura maggiore. Le uve Piwi, che hanno caratteristiche differenti rispetto agli altri vitigni, hanno questa esigenza: dopo la prima edizione abbiamo sempre fornito feedback alle cantine con l’obiettivo di contribuire alla definizione di protocolli di vinificazione più idonei per queste uve».
Una rassegna che non vuole solo rappresentare una valutazione o una classifica tra le diverse produzioni, ma che ha una funzione culturale importante. Sempre Panichi: «Reperire dati in ambito di ricerca relativi ai sentori individuati dai commissari degustatori è fondamentale per la Fondazione. In questi vini ci sono sempre meno difetti, e sempre più si individuano caratteristiche ed espressioni positive di grande piacevolezza. Il nostro compito non è solo trasferire conoscenza, come scuola, per formare i nostri studenti: questa rassegna assolve a un compito importantissimo, ovvero “fare” cultura attraverso i commissari, che sono professionisti già esperti: questi momenti di approfondimento forniscono loro esperienza sul campo, che potrà essere correttamente divulgata all’esterno».
La degustazione dei vini è stata realizzata con il supporto di una scheda d’assaggio che ha recepito i parametri OIV, raccogliendo informazioni sensoriali a livello visivo, olfattivo e gusto-olfattivo, necessarie per definire e valutare la qualità espressa, le identità specifiche e gli stili di vinificazione. La portata dell’evento sottolinea ancora una volta quanto la Fondazione Mach stia investendo e valorizzando questo tipo di viticoltura sia dal lato scientifico sia da quello della comunicazione: i cambiamenti climatici, gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale, il rispetto delle zone non trattate in prossimità dei centri abitati, e l’ultima vendemmia con gli effetti della peronospora, sembrano favorire scelte di apertura maggiore verso i Piwi. Come noto si tratta di vitigni nati da incroci e reincroci messi a punto in decenni di ricerche e sperimentazioni scientifiche tra varietà di Vitis Vinifera e altri generi di Vitis portatori di resistenze alle malattie fungine, principalmente peronospora e oidio: benché le resistenze a livello culturale e psicologico ne rallentino lo sviluppo su larga scala, non si tratta di OGM, in quanto gli incroci sono ottenuti per impollinazione e selezione dei semi e delle piante. Vengono spesso definiti super-bio per le caratteristiche di naturalità per certi versi superiori agli stessi vitigni coltivati in regime biologico.
Oggi i maggiori produttori di varietà Piwi sono Svizzera, Germania, Italia, Austria e Francia. In Italia le regioni per cui è ammessa la coltivazione sono invece Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Lazio e Piemonte. La procedura di autorizzazione alla coltivazione è stata avviata anche per Campania e Puglia.
Attualmente 36 varietà Piwi sono iscritte al Registro Nazionale delle Viti, ma si sono aggiunte quattro nuove selezioni provenienti dalla ricerca presso la Fondazione Mach in collaborazione al Consorzio Civit (Consorzio Innovazione Vite del Trentino): si tratta dei vitigni Termantis, Nermantis, Charvir e Valnosia. Di recente tramite il progetto VEVIR queste varietà sono risultate ottimali per la coltivazione in Trentino accanto a Solaris, Souvignier gris, Bronner, Palma, Johanniter e Pinot Regina.
Per conoscere i vincitori della rassegna 2023 si dovrà attendere il 1° dicembre, dove è prevista la cerimonia di premiazione nell’ambito di un seminario scientifico a cui interverranno due tra i più illustri esperti mondiali del settore: il prof. Reinhard Töpfer, direttore del Julius Kühn Institut (JKI) di Geilweilerhof, e il prof. Philippe Darriet, professore di enologia all’Università di Bordeaux e direttore dell’Institut des Sciences de la Vigne et du Vin (ISVV) di Bordeaux.