Incredulità per gli immotivati attacchi

Il Consorzio del Bardolino replica alle affermazioni della FIVI

Tommasi: “I vignaioli dichiarano già meno di 115 quintali e in consiglio le cantine sociali sono tutt’altro che egemoni”

Stupore e incredulità: sono questi i sentimenti del Consorzio di tutela del Bardolino dopo la lettura del comunicato con il quale la Federazione italiana dei vignaioli indipendenti (Fivi) prende posizione contro la decisione di abbassare da 130 a 115 quintali per ettaro la quantità della uve idonee a ottenere vini della Doc Bardolino nella prossima vendemmia. “Francamente – dice il presidente del Consorzio del Bardolino, Giorgio Tommasi (foto) – non riusciamo a capire i motivi delle considerazioni espresse dalla Fivi. Stando all’elenco dei soci che compare nel sito della federazione, i vignaioli del Bardolino aderenti alla Fivi sono sette, e cinque di questi dichiarano sui siti aziendali le loro rese per ettaro riferite al Bardolino, indicandole da un minimo di 86 e un massimo di 112 quintali. Non volendo neppure lontanamente credere che le notizie che compaiono sulle loro pagine web non siano veritiere, appare del tutto incomprensibile come possano definire lesiva dei loro interessi la scelta di abbassare le rese a 115 quintali, considerato che, essendo per loro stessa dichiarazione già al di sotto di questo valore, non sono minimamente toccati dalla decisione del Consorzio”. L’intervento della Fivi sembra mirato anche a rivendicare una maggior rappresentatività dei vignaioli all’interno dei consorzi di tutela italiani. “L’aspirazione dei piccoli produttori a trovare espressione nei consorzi è legittima – dice il presidente Tommasi – ma nel caso del Bardolino la Fivi ha decisamente sbagliato obiettivo, sollevando inspiegabili dubbi su un consorzio che proprio per i più piccoli ha fatto molto in questi ultimi cinque anni, arrivando a raddoppiare il prezzo delle uve, pur in un contesto economico molto difficile. Si tratta di risultati eccezionali, che è stato possibile conseguire proprio perché nel consiglio del consorzio siedono tutte le componenti della filiera, dalle più piccole alle più grandi, e non può essere altrimenti, visto che sono circa settanta le aziende di ogni dimensione che producono e vendono con loro etichetta il Bardolino nel nostro territorio. Più di metà dei consiglieri sono vignaioli che coltivano vigneti, vinificano direttamente la loro uva e commercializzano in proprio il vino che ne traggono, due di loro possiedono appena sei ettari di vigna. Quanto alla Fivi, non risulta che come associazione abbia avanzato alcuna candidatura al recente rinnovo del consiglio consortile: forse era il caso di farlo. Non che questo intacchi il significato delle idee che esprimono - prosegue Tommasi -, ma rammento che i sette colleghi aderenti alla Fivi rappresentano l’1,02% del totale dei nostri vigneti e l’1,25% del Bardolino imbottigliato: non ritengono forse che sia democratico ascoltare anche chi rappresenta il restante 99%, soprattutto quando le decisioni, come in questo caso, trovano il consenso pressoché unanime, salvo un unico astenuto, di tutte le diverse ed articolate anime rappresentate in consiglio? Nel caso del Bardolino è poi totalmente inaccettabile, perché del tutto falsa, l’affermazione della Fivi secondo la quale in seno al consiglio i delegati delle cantine sociali esercitino una posizione egemone e monopolista: pur essendo rilevanti come dimensione, le tre cooperative del Bardolino esprimono, insieme, solo cinque consiglieri su quindici. Ma a prescindere da questo, forse le centinaia di soci delle cantine sociali non coltivano vigneti, non vinificano uva attraverso la loro cooperativa e non commercializzano vino?” “Ovviamente – conclude il presidente del Consorzio del Bardolino - tutti i suggerimenti sono preziosi per una più efficace gestione della denominazione, però occorre tener giusto conto delle opinioni di tutti, perché tutti hanno fornito un contributo significativo alla recente rinascita del Bardolino, anche a costo di grandi sacrifici. La determinazione di abbassare la quantità di uva ammessa alla doc ne è un ulteriore esempio, visto che sono soprattutto le cooperative e le aziende di maggior dimensione, e non i piccoli produttori che dichiarano pubblicamente di essere sotto i 115 quintali per ettaro, a essere chiamate a ridimensionare il loro gettito nell’interesse di tutta la denominazione del Bardolino”.

Il Consorzio del Bardolino replica alle affermazioni della FIVI - Ultima modifica: 2013-07-02T07:16:49+02:00 da Redazione

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