Un esempio virtuoso di ricerca applicata abbinata alla divulgazione

Gruppo Tecnico Masi: 25 anni di ricerca e sperimentazione

Una realtà voluta da Sandro Boscaini

La storia della famiglia Boscaini in Valpolicella comincia nel XVIII secolo con l'acquisto di una piccola valle, il Vaio dei Masi, dalla quale l'azienda prende il nome a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso.
Oggi Masi gestisce 960 ettari vitati nelle Venezie (Veneto, Friuli e Trentino), dei quali la maggior parte di proprietà e altri in partnership con alcune aziende storiche come la trentina Bossi Fedrigotti o la vicina Serego Aligheri, di proprietà dei discendenti di Dante. Nel veronese, tutti nelle zone classiche, gli ettari di vigneto sono 520.
Masi è un'azienda profondamente legata al territorio veronese e delle Venezie, del quale ha saputo valorizzare le caratteristiche e le peculiarità, innovando lo stile e i metodi senza mai rinunciare ai suoi valori più antichi e tradizionali. Una capacità che le è valsa il riconoscimento del ruolo di leader e di traino per tutta la denominazione, nella valorizzazione del più nobile tra i vini veronesi, l'Amarone.

Un punto di riferimento a livello mondiale

Da sinistra: Lanfranco Paronetto, Andrea Dal Cin e Anita Boscaini.

La capacità di innovare e di utilizzare la ricerca scientifica come fonte di conoscenza per raggiungere i propri obiettivi produttivi si concretizza negli anni Ottanta con la nascita del Gruppo Tecnico Masi, un team multidisciplinare che nel tempo si è saputo arricchire di nuove professionalità e che ha fatto dell'azienda il punto di riferimento riconosciuto a livello mondiale per la ricerca sull'Amarone e sulle tecniche di appassimento e di vinificazione dei vini da uve appassite.
Sono tre i rappresentanti del Gruppo Tecnico Masi, coordinato da Raffaele Boscaini, che incontriamo nella sede storica di Gargagnago di Valpolicella (VR): Lanfranco Paronetto, chiamato venticinque anni fa da Sandro Boscaini a dare vita al Gruppo, Andrea Dal Cin, coordinatore enologico di Masi Agricola, e Anita Boscaini, biotecnologa entrata nell'azienda di famiglia da due anni dopo un dottorato di ricerca e trait d'union tra il Gruppo e le Università e le altre Istituzioni scientifiche.
A essi si unisce Cristina Valenza, responsabile per le relazioni esterne, che ci spiega come il patrimonio di scienza e conoscenza del Gruppo Tecnico creino un valore aggiunto anche per marketing e comunicazione, raggiungendo e coinvolgendo il cliente finale.

Divulgazione e comunicazione

Tutte le ricerche, le scoperte e le innovazioni sviluppate dal Gruppo Tecnico Masi sono destinate ad essere divulgate e utilizzate anche nel marketing e nella comunicazione.
I Seminari Tecnici Masi sono la soluzione per divulgare la ricerca del Gruppo. Quest’anno, in occasione di Vinitaly 2013, essi hanno celebrato il loro primo quarto di secolo di vita con una pubblicazione (Atti di venticinque anni: i seminari del Gruppo tecnico Masi a Vinitaly, 1989-2013).
I seminari ‒ spiega Cristina Valenza ‒ hanno un taglio tecnico ma gli argomenti vengono affrontati con un linguaggio divulgativo, privo di tecnicismi, tale da poter avvicinare tutti. In genere registriamo presenze sia di produttori, sia di importatori o distributori, sia di giornalisti”.
Agli atti dei seminari e alla divulgazione tecnica, con il crescere delle collaborazioni con le Università, si è andata poi sovrapponendo una produzione di pubblicazioni di livello scientifico”, aggiunge Anita Boscaini.
I risultati della ricerca non vengono trattenuti in azienda in quanto Masi ritiene più importante che le ricerche vengano utilizzate per fare sistema e far crescere un territorio, in una logica che ha portato Masi stessa a farsi promotrice della nascita dell'Associazione delle Famiglie dell'Amarone d'Arte, che riunisce le aziende storiche e i massimi esperti nelle tecnologie di appassimento.
Divulgare la ricerca ‒ spiega Lanfranco Paronetto citando Sandro Boscaini ‒ è come per un cuoco mostrare la propria cucina dopo una cena: qualcosa potrebbe essere fuori posto ma è un modo per far vedere come si lavora e per essere trasparenti”.

L'Amarone: territorio, tradizione e attualità

La cantina sperimentale del Gruppo Tecnico Masi.

Ma come è cambiato l'Amarone negli anni grazie anche alle innovazioni introdotte dal Gruppo Tecnico?
L'obiettivo principale dell'attività del Gruppo Tecnico Masi, e delle ricerche svolte in collaborazione con Università e Centri Sperimentali italiani e stranieri, è sempre stato quello di valorizzare, conservandoli ed attualizzandoli, uve e metodi delle Venezie”, spiega Andrea Dal Cin. “È in questa logica ‒ prosegue ‒ che l'Amarone e le sue tecniche di produzione sono cambiati negli anni. Siamo passati dalla vinificazione con i raspi degli anni Sessanta e Settanta all'introduzione molto spinta di nuove tecnologie e biotecnologie che ha caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta, fino al lavoro che oggi si fa di recupero di alcune tecniche del passato, che possiamo adesso reinterpretare con nuove conoscenze, utilizzando più tecnologie di tipo fisico piuttosto che chimico, impiegando meno solforosa, abbandonando la barrique e recuperando il fusto veronese, più grande e più adatto ad un'evoluzione ossidativa lenta come quella richiesta dall'Amarone”.
La ricerca sulle tecniche di vinificazione e di appassimento si svolge nei fruttai e nella cantina sperimentale della sede di Gargagnago, dove si trovano anche le cantine di affinamento dell'Amarone.
Qui, su scala di microvinificazione in fusti da 75 litri, si realizzano diverse prove sperimentali, come quelle sulle attitudini enologiche delle uve delle varietà minori delle Venezie o quelle di selezione dei lieviti. Su scala industriale, invece, con vinificatori dotati di diversi sistemi di estrazione, vengono realizzate le prove di vinificazione delle uve fresche e appassite, per identificare le tecniche migliori per ogni tipologia di vino. È in seguito a queste prove sperimentali che è stato progettato, per esempio, un serbatoio per il delestage delle uve rosse fresche che permette di allontanare i vinaccioli nelle prime fasi della macerazione.
Tutte le prove sperimentali vengono archiviate nelle migliori condizioni di conservazione e sono oggetto di valutazione organolettica, nell'attrezzata sala di degustazione, da parte del panel costituito dagli stessi membri del gruppo tecnico e dai partner scientifici coinvolti nei diversi progetti.

La seconda vita nel genoma della Corvina

Punta di diamante della ricerca di approfondimento dei processi e dei fenomeni che avvengono nell'uva sono gli studi di genetica, realizzati negli ultimi anni in collaborazione con Mario Pezzotti e Massimo Delledonne (gli stessi ricercatori che si sono occupati di plasticità del trascrittoma della vite e adattamento ai mutamenti climatici, articolo a pagina 25 di VQ n. 4/2013, Luglio) ‒ Dipartimento di Biotecnologie e Centro di Genomica Funzionale Vegetale dell'Università di Verona ‒ e con Serge Delrot dell'Institut des Sciences de la Vigne et du Vin de Bordeaux d’Aquitaine. In questi progetti, dopo il sequenziamento del genoma della Corvina, i ricercatori hanno indagato la parte del genoma coinvolta nel metabolismo dell'uva in appassimento.
L'uva messa ad appassire non va progressivamente a spegnere le sue attività metaboliche fino a morire ma al contrario, mentre inattiva i geni coinvolti nei processi della maturazione, ne attiva altri legati ad un nuovo metabolismo, in risposta alle condizioni di stress dovute al distacco dalla pianta e alla disidratazione. L'appassimento è caratterizzato da un riarrangiamento del trascrittoma, cioè dell'attività dei geni che si attivano e che si disattivano, paragonabile per entità a quello che avviene nei processi di maturazione. Mentre l'induzione ad attivare questi geni dell'appassimento è uguale nelle diverse cultivar, soprattutto nel primo periodo di conservazione, l'intensità con cui questi geni si esprimono è diversa da cultivar a cultivar e particolarmente elevata nella Corvina e in altre varietà che si disidratano lentamente.
L'appassimento non è quindi un mero processo di disidratazione ma porta all'attivazione di geni responsabili della sintesi di metaboliti secondari responsabili delle caratteristiche qualitative delle uve e dei vini da appassimento, la cui intensità di espressione è maggiore nelle varietà considerate più adatte all'appassimento, come la Corvina.

 

[box title= "Come nasce il Gruppo Tecnico Masi" color= "#c00"]
Ce lo racconta Lanfranco Paronetto, nome noto dell'enologia e delle biotecnologie enologiche italiane. “L'idea del Gruppo Tecnico venne a Sandro Boscaini, che mi chiamò alla fine degli anni Ottanta per creare qualcosa che permettesse all'azienda e ai suoi prodotti di progredire attraverso l'acquisizione di nuove conoscenze”. Da allora il gruppo cresce e si arricchisce di nuove competenze. “In un primo periodo ‒ prosegue Paronetto ‒ l'obiettivo è stato essenzialmente rivolto al miglioramento dei prodotti e dei processi aziendali poi, soprattutto negli ultimi quindici anni, sono aumentate le collaborazioni con le Università e con esse il valore scientifico e il grado di approfondimento delle conoscenze prodotte”.[/box]

 

[box title= "Il valore di una banca dati in espansione" color= "#c00"]
Le conoscenze prodotte dalle nostre sperimentazioni non sempre sono immediatamente applicabili nella produzione ma ‒ sottolinea Andrea Dal Cin ‒ rappresentano un patrimonio culturale, una banca dati che ci rende pronti a rispondere a molte esigenze o richieste che potranno arrivare dal mercato nel futuro e che hanno portato i nostri clienti a riconoscere in Masi un riferimento in grado di reagire con la ricerca ai nuovi stimoli e ai cambiamenti”.[/box]

 

[box title= "AppaXXImento, la ricerca nel XXI secolo" color= "#c00"]
Facendo ricerca da più di cinquant'anni ‒ spiega Cristina Valenza ‒ soprattutto sulle tecniche di appassimento, Masi si è guadagnata il riconoscimento a livello mondiale di azienda con la massima expertise nella produzione di vini da uve appassite. Con un tale riconoscimento non c'è alcun rischio di essere copiati. E proprio per sottolineare il contenuto scientifico e tecnico di questi vini, è stato creato il marchio AppaXXImento, che caratterizza tutti i vini Masi ottenuti da uve appassite, richiamando ad una tecnica tradizionale attualizzata al XXI secolo, come indicano i caratteri centrali del marchio, grazie proprio al valore della ricerca”.[/box]

 

[box title= "Evoluzione dell'Amarone nel tempo" color= "#c00"]
Come sono cambiati l'Amarone e le tecniche di produzione negli anni grazie alle innovazioni introdotte dall'attività del Gruppo Tecnico Masi? Lo riassumiamo nella tabella qui a fianco.[/box]

Articolo a firma di Alessandra Biondi Bartolini - Consulente R&S - Pescia (PT)

Approfondimenti a cura dell'Autore

PER APPROFONDIRE

Appassimento naturale sotto controllo

Le uve destinate alla produzione dell'Amarone sono soggette all'andamento climatico sia durante il periodo di maturazione sulla pianta, sia nel corso della fase di appassimento. Durante questo periodo, nell'acino non avvengono soltanto fenomeni di concentrazione anche ma altri processi più complessi legati al metabolismo dell'acino e a quello della Botritys cinerea nella sua forma larvata (muffa nobile), che portano alla formazione di metaboliti importanti nella definizione del profilo gustativo ed olfattivo dei vini. Nelle annate più umide non ci sono le condizioni affinché la Botritys si sviluppi in forma nobile e la perdita di umidità dell'acino segua una cinetica regolare fino al calo atteso del 30-35% in peso. Questo porta ad una difficile gestione della qualità delle uve, che Masi ha risolto con la messa a punto del sistema di appassimento naturale super-assistito NASA.
A partire dalla fine degli anni Ottanta ‒ spiega Andrea Dal Cin ‒ abbiamo creato una banca dati degli andamenti climatici delle annate migliori. Con questo modello abbiamo alimentato il sistema che controlla la ventilazione e il condizionamento dei nostri appassimenti: quando le condizioni esterne, misurate con sensori di umidità e temperatura, coincidono con gli andamenti tipo, il sistema NASA regola l'apertura delle finestre dei locali e l'appassimento avviene in modo naturale. Quando invece le condizioni non sono ideali sono gli impianti di ventilazione e/o raffreddamento interni che riportano i parametri dell'ambiente a coincidere con quelli del modello”.
Recentemente la ricerca sulle tecniche di appassimento ha coinvolto il Dipartimento di Ingegneria Agraria dell'Università di Milano con un progetto sui materiali e le forme più adatti ai plateau per l'appassimento delle uve, in alternativa alle tradizionali arelle in bambù. Lo studio sta prendendo in considerazione materiali diversi come la plastica, diversi polimeri, il legno o anche il cartone. A ciò si aggiungerà uno studio di cinetica dei fluidi per valutare i passaggio dell'aria nei nuovi contenitori.

Un lievito per l'Amarone

Anche nel campo delle biotecnologie enologiche sono stati sviluppati progetti destinati a migliorare e caratterizzare sempre più specificamente e in modo controllato l'Amarone Masi.
La collaborazione con Sandra Torriani del Dipartimento di Biotecnologie dell'Università di Verona ha portato alla selezione e alla caratterizzazione di un ceppo autoctono di Saccharmyces cerevisiae, isolato da uve appassite e adatto alla fermentazione dell'Amarone. Nelle prove è stato isolato e testato anche un ceppo di Candida Zemplinina, un lievito non-Saccharomyces ritenuto importante nella riproduzione della biodiversità presente nelle fermentazioni spontanee, soprattutto nelle prime fasi della fermentazione. “Nelle prove svolte abbiamo verificato che uno dei ceppi di Saccharomyces selezionati ‒ spiega Anita Boscaini ‒ presenta caratteri fermentativi e aromatici molto interessanti, per cui in futuro verrà prodotto in forma secca da un partner industriale che abbiamo già identificato e sarà utilizzato in azienda in modo esclusivo come starter di tutte le fermentazioni dell'Amarone e delle uve appassite”.
Un altro progetto di ricerca sull'ecologia della Botrytis cinerea nel corso dell'appassimento, condotto anche in questo caso con l'Università di Verona, ha dimostrato la stretta relazione tra le condizioni di appassimento e lo sviluppo di muffa nobile, con differenze sulla capacità della muffa di influenzare le caratteristiche dell'uva nelle diverse varietà dell'uvaggio dell'Amarone, e ha portato alla costituzione di una ceppoteca di Botritys adatta a futuri nuovi utilizzi biotecnologici in condizioni controllate.

Uve autoctone minori delle Venezie

Il Gruppo Tecnico Masi ‒ in collaborazione con Attilio Scienza e Lucio Brancadoro dell'Università di Milano e i Vivai Cooperativi Rauscedo ‒ ha da alcuni anni avviato un progetto di recupero e valorizzazione dei vitigni minori autoctoni delle Venezie, raccolti nel Campo Sperimentale Dinamico di conservazione e confronto di varietà e cloni di uve autoctone delle Venezie, in un terreno delle tenute Serego Alighieri a Gargagnago. Le varietà presenti nel vigneto sono quarantotto e comprendono uve più e meno note e diffuse in Veneto, in Trentino e in Friuli Venezia Giulia. Tra queste l'Oseleta, una varietà a bacca rossa, ha dato risultati incoraggianti e rappresenta una vera e propria riscoperta, che ha trovato compimento nell'Osar (Oseleta al 100%), nel Toar (dove l'Oseleta è in uvaggio con la Corvina) e nell’ultimo nato degli Amaroni di Masi, la Riserva di Costasera, dove l’Oseleta si aggiunge all’uvaggio classico veronese costituito da Corvina, Rondinella e Molinara.

Gruppo Tecnico Masi: 25 anni di ricerca e sperimentazione - Ultima modifica: 2013-07-14T14:41:49+02:00 da Redazione

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